Il comparto olivicolo siciliano, nonostante i problemi di carattere agronomico e gestionale che spesso affliggono gli impianti, ha come punto di forza il successo dell’olio d’oliva siculo nel mondo dovuto ai suoi tratti sensoriali peculiari. Ma la tipicità da sola non basta: occorre sostenibilità economica e questa può derivare solo dall’aumento della base produttiva, al fine di garantire una certa continuità d’offerta sui mercati principali. Le tendenze attuali nel mondo in campo olivicolo sono quelle di aumentare la densità, ma così facendo le cultivar disponibili per questa tipologia d’impianto si ridurrebbero a tre andando così a compromettere la tipicità degli oli siciliani, dovuta al grande patrimonio varietale dell’isola. Così l’Università di Palermo ha deciso di avviare degli studi per sviluppare dei modelli d’impianto che possano coniugare i vantaggi degli impianti tradizionali con quelli superintensivi in grado di fornire produzioni indubbiamente più abbondanti.
Le sperimentazioni avviate lasciano intravedere la possibilità di sviluppare impianti a parete altamente produttivi, efficienti, sostenibili e in grado di valorizzare la biodiversità locale, anche se rimane da verificare l’adattabilità delle cultivar impiegate nello studio a cantieri di raccolta impieganti macchine scavallatrici o comunque operanti in continuo lungo il filare.
A ogni modo il modello d’impianto sperimentato dall’Università di Palermo può essere definito come un “oliveto pedonale”, poiché a causa dell’altezza contenuta della pianta, si può avere una raccolta agevole anche con strumenti portati dall’uomo, cosa molto utile soprattutto in quelle zone dove la raccolta meccanica non è realizzabile facilmente.