Due le ipotesi allo studio e tra le proposte spunta anche il coinvolgimento di un ente pubblico
In Europa resterà un
sistema di gestione
delle superfici vitate.
È questa la conclusione a
cui è giunto il Gruppo di
alto livello istituito da Bruxelles
per valutare l'impatto
della liberalizzazione
che era prevista dalla riforma
dell'Ocm vino del
2008 e che, dietro le pressioni
di un fronte di paesi
produttori Ue (guidato da
Italia e Francia) Bruxelles
ha deciso di rimettere in
discussione (si veda «Agrisole
» n. 36/2012).
La Commissione infatti
non può limitarsi a prorogare
il vecchio sistema dei
diritti di impianto perché
la sua cancellazione - la
contestata liberalizzazione
dei diritti - era stato sancito
con una riforma dell'Ocm
vino del 2008 votata
a maggioranza dai paesi
membri. Pertanto l'ipotesi
di una proroga del vecchio
regime equivarrebbe a una
sconfessione di una precedente
riforma. Da qui l'esigenza
di individuare un
nuovo sistema che sostituisca
l'attuale replicandone
di fatto le caratteristiche e
gli effetti. Compito che è
stato affidato al Gruppo di
alto livello che, probabilmente
nell'ultima riunione
in calendario a Bruxelles a
novembre, effettuerà alcune
raccomandazioni sul
dossier-vigneti che poi la
Commissione Ue dovrà tradurre
in decisioni.
All'incontro di Palermo
hanno partecipato le delegazioni
degli Stati membri,
della Commissione europea
e dei rappresentanti
del mondo produttivo. Il dibattito
è stato preceduto da
una serie di presentazioni
relative ai diversi scenari
che si possono prospettare
a seguito del mantenimento
dell'attuale regime o di
una possibile liberalizzazione.
Le presentazioni sono
state effettuate dall'Arev,
dal Moisa, dall'Inea, dall'Inra,
dal Cirve, dal Dg
Agri.
Al termine delle illustrazioni
sono stati tenuti dei
gruppi di lavoro, animati
dalla Commissione, che
hanno trattato specifiche tematiche,
quali la competitività
e la ristrutturazione
del settore vino in Europa
e l'impatto sulla produzione.
Il principio di fondo
quindi è che sulla liberalizzazione
dei diritti di impianto
Bruxelles è pronta a
fare dietrofront. Un ripensamento
che però non può
essere realizzato con la mera
proroga del vecchio sistema
(come ha più volte
ricordato il Commissario
Ue all'Agricoltura, Dacian
Ciolos) ma che richiede invece
un meccanismo ex novo.
E proprio sulle caratteristiche
che dovrà avere il
nuovo strumento per garantire
la regìa comunitaria
delle superfici vitate, che
si è concentrato il dibattito
del Gruppo di alto livello
nella riunione di Palermo.
Due le ipotesi sul tavolo.
Una prima avanzata dalla
stessa Commissione e
una seconda invece «firmata
» da 11 paesi membri produttori
(Italia, Francia, Germania,
Austria, Portogallo,
Spagna, Grecia, Bulgaria,
Repubblica Ceca, Slovacchia
e Ungheria).
L'ipotesi avanzata dalla
Commissione Ue e illustrata
dal direttore della Dg
Agri, José Silva Rodriguez,
prevede un sistema
di gestione dei diritti differenziato
in base alle diverse
categorie di vino (Dop,
Igp oppure senza indicazione
geografica) e affidato alle
organizzazioni interprofessionali
con la responsabilità
complessiva affidata
dagli stessi paesi membri.
L'ipotesi di Bruxelles prevede
anche un'armonizzazione
di alcune regole in
vigore nei diversi paesi in
materia di produzione vitivinicola.
Per quanto riguarda invece
la proposta avanzata dai
paesi membri, questa verte
su un sistema di gestione
dei diritti di impianto unico
per tutte le categorie di
vino e prevede che la gestione
venga affidata a soggetti
diversi (secondo il
principio di sussidiarietà)
che possono essere tanto le
organizzazioni agricole
quanto lo stesso settore
pubblico.
Entrambe le proposte
prevedono poi la possibilità
che possano essere autorizzati
nuovi impianti. Decisione
che però andrà giustificata
in base a una nuova
domanda di mercato. Allo
stesso modo entrambe le
ipotesi sul tavolo fanno salva
la concessione di diritti
«de minimis» ai paesi che
ne facciano richiesta. Per
ottenere diritti «de minimis
» - lo ricordiamo - bisogna
avere una produzione
vitivinicola inferiore ai
25mila ettolitri.
sistema di gestione
delle superfici vitate.
È questa la conclusione a
cui è giunto il Gruppo di
alto livello istituito da Bruxelles
per valutare l'impatto
della liberalizzazione
che era prevista dalla riforma
dell'Ocm vino del
2008 e che, dietro le pressioni
di un fronte di paesi
produttori Ue (guidato da
Italia e Francia) Bruxelles
ha deciso di rimettere in
discussione (si veda «Agrisole
» n. 36/2012).
La Commissione infatti
non può limitarsi a prorogare
il vecchio sistema dei
diritti di impianto perché
la sua cancellazione - la
contestata liberalizzazione
dei diritti - era stato sancito
con una riforma dell'Ocm
vino del 2008 votata
a maggioranza dai paesi
membri. Pertanto l'ipotesi
di una proroga del vecchio
regime equivarrebbe a una
sconfessione di una precedente
riforma. Da qui l'esigenza
di individuare un
nuovo sistema che sostituisca
l'attuale replicandone
di fatto le caratteristiche e
gli effetti. Compito che è
stato affidato al Gruppo di
alto livello che, probabilmente
nell'ultima riunione
in calendario a Bruxelles a
novembre, effettuerà alcune
raccomandazioni sul
dossier-vigneti che poi la
Commissione Ue dovrà tradurre
in decisioni.
All'incontro di Palermo
hanno partecipato le delegazioni
degli Stati membri,
della Commissione europea
e dei rappresentanti
del mondo produttivo. Il dibattito
è stato preceduto da
una serie di presentazioni
relative ai diversi scenari
che si possono prospettare
a seguito del mantenimento
dell'attuale regime o di
una possibile liberalizzazione.
Le presentazioni sono
state effettuate dall'Arev,
dal Moisa, dall'Inea, dall'Inra,
dal Cirve, dal Dg
Agri.
Al termine delle illustrazioni
sono stati tenuti dei
gruppi di lavoro, animati
dalla Commissione, che
hanno trattato specifiche tematiche,
quali la competitività
e la ristrutturazione
del settore vino in Europa
e l'impatto sulla produzione.
Il principio di fondo
quindi è che sulla liberalizzazione
dei diritti di impianto
Bruxelles è pronta a
fare dietrofront. Un ripensamento
che però non può
essere realizzato con la mera
proroga del vecchio sistema
(come ha più volte
ricordato il Commissario
Ue all'Agricoltura, Dacian
Ciolos) ma che richiede invece
un meccanismo ex novo.
E proprio sulle caratteristiche
che dovrà avere il
nuovo strumento per garantire
la regìa comunitaria
delle superfici vitate, che
si è concentrato il dibattito
del Gruppo di alto livello
nella riunione di Palermo.
Due le ipotesi sul tavolo.
Una prima avanzata dalla
stessa Commissione e
una seconda invece «firmata
» da 11 paesi membri produttori
(Italia, Francia, Germania,
Austria, Portogallo,
Spagna, Grecia, Bulgaria,
Repubblica Ceca, Slovacchia
e Ungheria).
L'ipotesi avanzata dalla
Commissione Ue e illustrata
dal direttore della Dg
Agri, José Silva Rodriguez,
prevede un sistema
di gestione dei diritti differenziato
in base alle diverse
categorie di vino (Dop,
Igp oppure senza indicazione
geografica) e affidato alle
organizzazioni interprofessionali
con la responsabilità
complessiva affidata
dagli stessi paesi membri.
L'ipotesi di Bruxelles prevede
anche un'armonizzazione
di alcune regole in
vigore nei diversi paesi in
materia di produzione vitivinicola.
Per quanto riguarda invece
la proposta avanzata dai
paesi membri, questa verte
su un sistema di gestione
dei diritti di impianto unico
per tutte le categorie di
vino e prevede che la gestione
venga affidata a soggetti
diversi (secondo il
principio di sussidiarietà)
che possono essere tanto le
organizzazioni agricole
quanto lo stesso settore
pubblico.
Entrambe le proposte
prevedono poi la possibilità
che possano essere autorizzati
nuovi impianti. Decisione
che però andrà giustificata
in base a una nuova
domanda di mercato. Allo
stesso modo entrambe le
ipotesi sul tavolo fanno salva
la concessione di diritti
«de minimis» ai paesi che
ne facciano richiesta. Per
ottenere diritti «de minimis
» - lo ricordiamo - bisogna
avere una produzione
vitivinicola inferiore ai
25mila ettolitri.