Il mais, che negli ultimi anni ha costantemente interessato una superficie che si è assestata attorno a 1milione di ettari, viene principalmente coltivato nelle regioni dell’Italia settentrionale dove, tra Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia si concentra circa il 90% dei seminativi (fig. 1).
In tutte queste aree risultano generalizzate le infestazioni di graminacee annuali (Echinochloa crusgalli, Setaria spp.), mentre Digitaria sanguinalis, ad emergenza più tardiva, è generalmente più diffusa nei terreni a minore contenuto di argilla. Per quanto riguarda la presenza della graminacea perenne Sorghum halepense da rizoma, essa è maggiormente segnalata nelle aree dove è più diffusa la monosuccessione o dove in rotazione al mais sono poste altre colture a ciclo primaverile, come per esempio la soia. Fra le specie dicotiledoni, oltre alla presenza generalizzata di Amaranthus, Chenopodium, Solanum, Polygonum persicaria e lapathifolium ed altre tipiche infestanti macroterme, con l’anticipo delle semine già nel mese di marzo, molto frequenti risultano le infestazioni delle poligonacee ad emergenza più precoce, quali Polygonum aviculare e soprattutto la più invasiva Fallopia convolvulus. In particolar modo nelle zone a monosuccessione o a rotazione stretta con altre colture a semina primaverile, si sono diffuse le specie ruderali di sostituzione, quali Abutilon theophrasti, Bidens spp., Acalypha virginica, ecc.
Una corretta gestione degli inerbimenti del mais deve iniziare già dalle prime fasi di sviluppo della coltura limitando i deleteri fenomeni di concorrenza idrica e nutrizionale che esercitano le infestanti in questo periodo critico e che nella maggior parte dei casi determinano evidenti decrementi della rese di granella. Oltre agli effetti diretti sulla produzione, recenti studi hanno messo in relazione la presenza delle infestanti con il tenore in micotossine della granella, giungendo alla conclusione che per ridurre al minimo il rischio di contaminazione occorre mantenere le piante del mais in ottimali condizioni vegetative ed evitando di creare un microclima favorevole allo sviluppo dei patogeni responsabili, cosa che si può determinare anche con una razionale gestione degli inerbimenti.
Nella prossima campagna maidicola non vi sono da segnalare sostanziali novità per quanto concerne l’introduzione sul mercato di nuovi principi attivi o formulati innovativi e fortunatamente non risultano revoche o limitazioni d’impiego dei preparati attualmente utilizzabili.
GESTIONE DEI LETTI DI SEMINA
A seguito della sospensione del’impiego del glufosinate ammonio (Basta) fino al 30 settembre 2011, per la pulizia dei letti rimangono solo i numerosi formulati a base di glifosate (Roundup Bioflow, Touchdown, ec.), oltre al vecchio dipiridilico diquat (Reglone W), utile solo quando necessita una rapidissima azione disseccante di sole specie dicotiledoni. Partire su terreno esente da infestanti diventa fondamentale per non andare ad aumentare gli input chimici nelle successive fasi di sviluppo della coltura, potendo eliminare in questa fase, in particolare nelle semine meno precoci, la maggior parte delle emergenze delle specie poligonacee (Fallopia convolvulus e Polygonum aviculare in particolare).
INTERVENTI PREVENTIVI
Nella maggior parte dei terreni, escludendo quelli particolarmente ricchi di sostanza organica, la più razionale strategia di gestione degli inerbimenti del mais prevede l’esecuzione dei trattamenti erbicidi subito dopo la semina con prodotti ad azione residuale, la maggior parte dei quali sono utilizzabili anche con coltura già emersa, fino alle 2-3 foglie, purchè le infestanti siano nelle primissime fasi di crescita.
Il successo di questa tecnica, che interessa circa l’85% delle superfici a mais (fig. 2), è dovuto da una serie di fattori, quali:
- eliminazione degli effetti di competizione nelle più delicate fasi di primo sviluppo del mais;
- possibilità di impiego di più meno complesse miscele di erbicidi ad azione complementare efficaci sulla maggior parte delle infestanti graminacee e dicotiledoni, compreso l’invasivo Abutilon theophrasti;
- costi relativamente contenuti rispetto alle più efficaci soluzioni di post-emergenza.
Le applicazioni di pre-emergenza si valorizzano al massimo soprattutto grazie alla possibilità d’impiego della terbutilazina, derivato triazinico che assomma una serie di innumerevoli vantaggi quali:
- completa e costante attività su Polygonum aviculare, Fallopia convolvulus ed altre infestanti ad emergenza precoce (Mercurialis annua, Aclypha virginica, Bidens spp.), in particolare nelle semine precoci del mese di marzo;
- minore dipendenza da anomali andamenti pluviometrici nel periodo successivo ai trattamenti;
- sufficiente attività graminicida in relazione ad effetti sinergici quando utilizzata in miscela con alcuni altri principi attivi, quali mesotrione, sulcotrione, isossaflutolo, con la possibilità di limitare l’espansione dellegià presenti popolazioni di Echinochloa crus-galli resistenti alle solfoniluree graminicide (nicosulfuron, rimsulfuron, foramsulfuron).
Nella scelta delle numerossime combinazioni di trattamento che si possono utilizzare, nella generalità dei casi alla fondamentale terbutilazina si associa un principio attivo a prevalente azione gramincida (s-metolaclor, acetoclor, dimetenamide-P, petoxamide, flufenacet), con l’ulteriore addizione di isossaflutolo, mesotrone, sulcotrione o clomazone in previsione di infestazioni di Abutilon theophrasti (tabella 1). Nell’eventualità che non si voglia utilizzare la terbutilazina, la scelta diventa leggermente più limitata, con la necessità di ricorrere all’impiego di miscele più complesse e dove entrano in gioco anche altri principi attivi, quali pendimetalin ed aclonifen (tabella 2). In questo ultimo caso occorre essere consapevoli che, in relazione ai meccanismi d’azione degli erbicidi utilizzati, si è più esposti al rischio di parziali insuccessi a seguito di una limitata piovosità nel periodo immediatamente successivo ai trattamenti.
L’autore è del settore Ricerca & Sviluppo Terremerse Soc. Coop.