Perché non si può fare di tutti gli alberi un bosco

bosco
Una nota del Masaf precisa quali sono le aree libere da vincoli. Tartufaie artificiali, noccioleti, castagneti, colture da legno e aree Efa non sono sottoposti alle leggi sulla tutela del paesaggio

I riferimenti per la definizione giuridica di bosco a livello nazionale, per le materie di competenza dello Stato, sono indicati all’art. 3 comma 3 del D.Lgs. 34/2018 (Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali, Tuff): “sono definite bosco le superfici coperte da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale in qualsiasi stadio di sviluppo ed evoluzione, con estensione non inferiore ai 2.000 metri quadrati, larghezza media non inferiore a 20 metri e con copertura arborea forestale maggiore del 20 per cento”.

Le aree tutelate dallo Stato

Questa definizione di bosco è, ad esempio, quella da prendere in considerazione per individuare i territori coperti da boschi con riferimento alla tutela paesaggistica di cui all’art. 142, comma 1 lettera g) del D.Lgs. 42/2004 e s.m.i (cosiddetto “vincolo paesaggistico”) la cui competenza è esclusivamente statale. Analogamente, nel caso di procedimenti penali aventi come oggetto il bosco (ad esempio, relativamente agli incendi boschivi, v. L. 353/2000 e s.m.i.), la qualificazione giuridica non può che essere operata se non sulla base di criteri definitori uniformi a livello nazionale, quali quelli indicati nel soprariportato comma 3 dell’art. 3 del Tuff: ciò in quanto il bene tutelato penalmente non può che essere unico su tutto il territorio nazionale e l’applicazione della legge penale non può ammettere trattamenti differenziati da una Regione all’altra.

Alla luce di quanto evidenziato è importante definire i concetti e le categorie richiamati dalla normativa per le formazioni arboree di specie forestali escluse della definizione di bosco, e quindi, ad esempio, sottratte al vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, comma 1, lett. g) del D.lgs n. 42 del 2004. In tal senso, per le materie di competenza dello Stato, l’articolo 5, comma 1 del Tuff stabilisce che tali formazioni comprendono: “a) le formazioni di origine artificiale realizzate su terreni agricoli anche a seguito dell’adesione a misure agro-ambientali o nell’ambito degli interventi previsti dalla politica agricola comune dell’Unione europea; b) l'arboricoltura da legno, di cui all'articolo 3, comma 2, lettera n), le tartufaie coltivate di origine artificiale, i noccioleti e i castagneti da frutto in attualità di coltura o oggetto di ripristino colturale, nonché il bosco ceduo a rotazione rapida di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera k), del regolamento (Ue) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013”.

Al fine di evitare incertezze interpretative di questo comma, la Direzione generale dell’economia montana e delle foreste del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha recentemente emanato una nota (prot. 01416184 dell’8 marzo 2023) che precisa la caratterizzazione descrittiva a fini giuridici di tali formazioni arboree escluse dalla definizione di bosco, come qui di seguito riportato:

Arboricoltura da legno

Da intendersi come “la coltivazione di impianti arborei in terreni non boscati o soggetti ad ordinaria lavorazione agricola, finalizzata prevalentemente alla produzione di legno a uso industriale o energetico e che è liberamente reversibile al termine del ciclo colturale” (articolo 3, comma 2, lettera n) del Tuff);

Tartufaie coltivate di origine artificiale

Coltivazione di impianti artificiali in terreni agricoli in qualsiasi stadio di sviluppo, ovvero anche con presenza di rinnovazione naturale o avventizia finalizzata allo scopo produttivo dell’impianto, reversibili al termine del ciclo colturale, in cui sono messe a dimora piante micorrizate o idonee alla produzione di tartufo, con lo scopo di produrre tartufi attraverso l’adozione di specifiche tecniche colturali, comprese le tartufaie riconosciute ai sensi dell’art. 3, Legge 16.12.1985 n. 752 e smi;

Noccioleti in attualità di coltura

Da intendersi come gli impianti di Corylus avellana L., anche innestata su Corylus colurna L., che si intendono disposti con densità minima compresa tra 330 e 400 piante per ettaro, con sesto di impianto regolare o coerente con la morfologia dei luoghi dove sono radicati e soggetti a costanti cure colturali e periodiche lavorazioni di terreno;

Noccioleti oggetto di ripristino colturale

Da intendersi come quei noccioleti, costituiti da piante di Corylus avellana L., che hanno nel loro patrimonio genetico le caratteristiche di qualità delle nocciole (varietà identificabili, non selvatici), le potenzialità produttive e di adattamento all’ambiente che le tecniche colturali devono consentire di esprimere, assicurando un reddito continuativo; tali formazioni, a causa della sospensione delle cure colturali, presentano invasione spontanea di vegetazione arbustiva ed arborea ma possono essere recuperate alla produzione di nocciole, dietro presentazione di apposito progetto agronomico autorizzato dalla competente Regione o Provincia autonoma, come da disposizioni applicative che le stesse provvederanno ad emanare; fino all’avvio degli interventi autorizzati, le aree mantengono la qualificazione di bosco sussistendone i presupposti;

Castagneti da frutto in attualità di coltura

Da intendersi come i soprassuoli di Castanea sativa Mill. coltivati per la produzione di castagne e marroni, con densità da 30 a 200 piante innestate ad ettaro, soggetti a costanti pratiche colturali (ripuliture, potature e reintegro per innesto delle piante morte); sono da considerarsi castagneti da frutto in attualità di coltura anche gli impianti costituiti con specie e ibridi appartenenti al genere Castanea con densità superiore a 150 piante a ettaro allevate con moduli colturali intensivi (periodiche lavorazioni del terreno o inerbimento artificiale, potature annuali ed eventuale irrigazione);

Castagneti da frutto oggetto di ripristino colturale

Da intendersi come quei castagneti da frutto che, per la sospensione delle cure colturali, presentano una riduzione del numero di piante innestate e l’invasione spontanea di vegetazione arbustiva ed arborea, oppure cedui di castagno a bassa densità (inferiore a 500 ceppaie per ettaro) derivanti dal taglio di precedenti castagneti da frutto che si intende recuperare alla produzione di castagne e marroni, dietro presentazione di apposito progetto agronomico autorizzato dalla competente Regione o Provincia autonoma, come da disposizioni applicative che le stesse provvederanno ad emanare; fino all’avvio degli interventi autorizzati, le aree mantengono la qualificazione di bosco sussistendone i presupposti;

Boschi cedui a rotazione rapida

da intendersi come gli impianti di specie arboree gestiti a ceduo su terreno agricolo e, più specificamente, “le superfici coltivate a pioppi, salici, eucalipti, robinie, paulownia, ontani, olmi, platani, con densità di almeno 1100 piante ad ettaro, le cui ceppaie rimangono nel terreno dopo la ceduazione, con i nuovi polloni che si sviluppano nella stagione successiva e con un turno di taglio non superiore a otto anni.” (articolo 3, comma 1, lettera d, punto 2.2), del decreto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste 23 dicembre 2022, n. 660087);

Formazioni di origine artificiale realizzate su terreni agricoli

Piantagioni temporanee con specie forestali comunque denominate ma non configurabili come arboricoltura da legno, di origine artificiale, realizzate su terreni agricoli nell’ambito di interventi previsti dalla politica agricola comune Ue e da altri finanziamenti pubblici o per investimento privato, a meno che la destinazione a bosco sia specificatamente prevista dalle iniziative di finanziamento pubblico, da bandi o dagli atti di finanziamento pubblico o autorizzativi (di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a).

Perché non si può fare di tutti gli alberi un bosco - Ultima modifica: 2023-03-21T12:02:47+01:00 da Simone Martarello

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