All’inizio dell’anno lo scenario economico, ancora una volta, è dominato dalla grande incertezza che caratterizza le previsioni. La tanto attesa ripresa economica rimane modesta, gli indicatori economici degli altri paesi, per non parlare di quelli italiani, oscillano fra un avvio della crescita comunque di modeste proporzioni e il ritorno ai deludenti andamenti degli ultimi anni.
La crescita italiana per l’anno che si è appena chiuso secondo le prime stime è ferma a un incremento dello 0,8% realizzato nella parte terminale dell’anno e al termine di un periodo tormentato e incerto.
Alle consuete difficoltà della gestione dell’economia del Paese si sono sommati eventi come il disastroso terremoto in Italia Centrale e l’aggravarsi del fenomeno dell’immigrazione con tutte le conseguenze economiche e sociali che comporta.
La dinamica interna dei prezzi, addirittura negativa nell’ultimo trimestre dello 0,1%, mostra che la domanda interna non traina l’economia. Il dato in sé induce a riflessioni sulla politica economica del Paese e sulla sua ridotta efficacia ai fini della ripresa. Certamente, a causa delle anomalie italiane, il basso livello dei prezzi energetici incide più che altrove, ma è un dato di fatto anche il ristagno dei consumi che sembrano cedere il passo a una rinnovata propensione a non spendere i modesti incrementi di reddito registrati. La disoccupazione rimane elevata, attorno all’11,3%, e non sembra essere strutturalmente migliorata a seguito delle politiche del lavoro avviate nel 2016.
La situazione dell’economia nel mondo rimane a sua volta incerta, con gli Usa in ripresa più modesta del previsto e condizionata dallo shock e dalle incognite dell’elezione di Trump. È presto, mentre scriviamo, per formulare previsioni sull’atteggiamento del nuovo presidente nei riguardi dell’internazionalizzazione dei mercati, ma certamente vi è molta preoccupazione in proposito.
La Cina e tutta l’area asiatica presentano un rallentamento e ciò contribuisce a frenare la domanda di beni e i prezzi delle materie prime con il petrolio che rimane attorno ai 50 $/barile. Anche le principali materie prime agricole risultano ancorate a livelli molto bassi, inferiori a quelli degli anni precedenti l’inizio della crisi e in costante flessione, sia pure in un contesto di stabilità con un’offerta in crescita e una domanda poco più che stazionaria.
A loro volta i prezzi dell’agricoltura italiana seguono gli andamenti di quelli mondiali nelle principali categorie di prodotti. Ciò vale anche per il girasole che rimane lontano dai livelli dell’impennata del 2012, l’ultima per i prezzi agricoli, e si mantengono poco al di sotto di quelli dell’annata precedente sui 30 €/t, con una produzione in leggera ripresa come risultato di un lieve calo delle superfici e di un incremento delle rese.
La produzione
L’andamento produttivo del girasole nel 2016 è sostanzialmente allineato a quello degli anni recenti pur nel quadro di moderate oscillazioni da una campagna all’altra. La superficie nel 2016 si conferma poco al disotto della media dell’ultimo quinquennio nonostante un modesto calo (fig.1) che la conduce a 108mila ettari, con una flessione di circa 6mila pari al 5% rispetto al 2015. Il 2013 rimane, nel periodo recente, l’anno di maggiore produzione e il livello di superficie e la relativa produzione non vengono superati. La produzione realizzata è in leggero aumento e si porta a 266.700 tonnellate, al secondo posto nel quinquennio dopo il 2013 e con un incremento del 15,5% sul 2015.
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Coordinamento di Gianni Gnudi e Francesco Bartolozi
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