Cosa può fare un proprietario fondiario soggetto a procedura espropriativa?
Può accordarsi con l’ente espropriante, accettando passivamente l’indennità che gli viene offerta; la così detta “composizione bonaria” oppure può difendere attivamente la sua proprietà e la sua impresa e con la consulenza di un tecnico di fiducia, promuovere un arbitrato, con stima diretta dei danni d’esproprio.
Composizione bonaria: pochi spiccioli, impegni inderogabili - È un accordo fra l’ente espropriante e il proprietario soggetto ad esproprio. L’espropriante solitamente offre un indennizzo pari al valore venale del terreno espropriato, più un’inezia, del tutto trascurabile, pomposamente e impropriamente denominata “indennità di scorporo fondiario” e se l’espropriando accetterà, otterrà un sollecito pagamento.
Si tratta della soluzione che, in generale, soddisfa di più i proprietari meno preparati che non considerano con sufficiente attenzione che l’esproprio non è solo sinonimo di perdita di superficie fondiaria, ma anche spesso di sconvolgimento irreparabile della proprietà e dell’impresa. Quello che conta per loro è il pagamento immediato della superficie espropriata, senza aggravio di spese.
Le organizzazioni professionali agricole incoraggiano i propri iscritti ad aderire a questi accordi “bonari”. Sono accordi che, per la verità, di bonario non hanno nulla, essendo, invece, severi impegni inderogabili per gli espropriandi, basati su criteri d’indennizzo, molto discutibili sotto il profilo estimativo.
Protocolli d’intesa: risultati deludenti - Sono nati così i Protocolli d’intesa: accordi fra le società esproprianti e le organizzazioni professionali. Le prime desiderano espropriare di più e pagare di meno, evitando contenziosi legali con gli espropriandi, le seconde garantiscono il raggiungimento di tali obiettivi (ad es. i protocolli d’intesa Alta Velocità, Brebemi e Pedemontana).
Oggi i vertici delle organizzazioni agricole, auspicano che tutti i futuri espropri, per pubblica utilità, siano preceduti dalla sottoscrizione di nuovi Protocolli d’intesa, che vedano i sindacati agricoli unici ed esclusivi interlocutori delle società o degli enti esproprianti. In buona sostanza le organizzazioni agricole, storicamente divise, hanno realizzato questa “fusione fredda”.
Se si considera che nei prossimi anni in Italia si realizzeranno nuove infrastrutture viarie per miliardi di euro, è facile comprendere i concreti interessi futuri della materia. L’adesione corale di tutti i sindacati agricoli ai protocolli d’intesa, avrebbe dovuto garantire loro un potere contrattuale enorme, nei confronti delle società esproprianti, ma è veramente deludente e d’entità del tutto insignificante, quello che hanno ottenuto per i propri associati; ad es. nei protocolli Bre.Be.Mi e Pedemontana (valore venale del terreno espropriato più simbolica indennità di scorporo fondiario).
Indennizzi insoddisfacenti - Si tratta d’indennizzi economicamente insoddisfacienti, che non considerano mai i danni d’esproprio e che prevedono ed impongono, per giunta, la rinuncia incondizionata e gratuita ad ogni contenzioso legale con le società esproprianti. Perché questa rinuncia dovrebbe avvenire in cambio di niente? Siamo proprio sicuri che non valga nulla, che sia carta morta? Ma i contenziosi legali sono ciò che le società esproprianti temono di più, in assoluto!
Attivare contenziosi giudiziari - Un agricoltore soggetto a esproprio è indubbiamente nei guai, ma se solidarizza con una decina di colleghi, nelle sue stesse condizioni, nei guai può finirci la società espropriante. I contenziosi giudiziari sono temibili “spade di Damocle” che tolgono il sonno ai dirigenti di tali società, che non possono programmare e non possono sapere come andranno a finire; fondamentale principio di legalità nel nostro ordinamento giudiziario è, infatti, l’ assenza di certezza.
Perché i sindacati hanno regalato questa straordinaria chance alle società esproprianti, a totale discapito dei propri associati? Tutelano veramente i propri iscritti?
In conclusione, la scelta dell’accordo bonario non dev’essere fatta perché costa meno o perché il pagamento sarà tempestivo o perché consigliato dalle professionali, ma solo ed esclusivamente nei casi in cui i danni d’esproprio siano trascurabili, questo perché negli accordi bonari non vengono mai considerati, nè indennizzati.
Stima diretta dei danni - Un vero imprenditore agricolo, attento e preparato, non può subire passivamente l’esproprio e il degrado della sua proprietà e della sua impresa. Un grave scorporo fondiario può letteralmente sconvolgere l’equilibrio acquisito con il lavoro e i sacrifici d’intere generazioni, modificandone non solo la superficie produttiva e il relativo valore fondiario, ma anche il capitale agrario, le potenzialità di lavoro, i tempi di lavoro, la potenzialità di trasformazione aziendale dei prodotti, l’economicità e la razionalità degli investimenti fondiari ed agrari effettuati, cancellando, infine, in tutto o in parte, anche le chance di crescita futura; sono tutti aspetti che possono avere conseguenze devastanti sulla futura redditività d’impresa.
Rivolgersi a un consulente - Un’impresa agraria che non può crescere avrà, inoltre, maggiori difficoltà a mantenersi concorrenziale nel tempo e sarà facilmente soggetta anche a decadimento reddituale e a una più precoce emarginazione economica; diverrà “un’anatra zoppa”. L’indennizzo offerto per una composizione bonaria è ben poca cosa, a fronte della molteplicità dei danni che verrà a subire e decide di difendersi attivamente. Si rivolgerà a un consulente tecnico (agronomo) di comprovata esperienza professionale, con attivazione di un contenzioso tecnico-economico (Collegio tecnico arbitrale) che metta chiaramente in evidenza l’entità di tutti i danni correlati all’esproprio e allo scorporo fondiario. Questo per ottenere un indennizzo che rappresenti un serio ristoro, patrimoniale e finanziario, ai danni realmente sofferti.
Espropri terreni: accordi bonari, ma non troppo
Due strade: accettare l’indennità o promuovere un arbitrato