Le potenzialità della Capitanata nello sfruttamento delle biomasse agricole come fonti di energia rinnovabile sono enormi. Molto si è fatto ma ancora di più si può fare. Le strade giuste da percorrere le indica Massimo Monteleone, docente di Ecologia agraria presso il Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente (Safe) dell’Università di Foggia e coordinatore scientifico del progetto Europeo (7PQ) Star AgroEnergy.
«Il settore delle agroenergie, cioè l’impiego delle biomasse agricole per l’ottenimento di energia rinnovabile, sta vivendo un’interessante fase evolutiva.
Questa fase passa attraverso una serie di concezioni innovative che innestano il percorso bioenergetico nell’ambito di un processo più ampio e diversificato che prende il nome di bioeconomia e assume grande rilevanza strategica anche e soprattutto a livello europeo.
Infatti in tale quadro la produzione di energia è solo una delle componenti di processi produttivi fra loro integrati (sul modello della bioraffineria) che consentono un’utilizzazione completa ed efficiente delle biomasse e conducono all’ottenimento di un’ampia gamma di prodotti ad utilizzo industriale, alimentare, mangimistico, farmaceutico, ecc.».
Un’altra caratterizzazione forte che il settore sta assumendo è privilegiare le biomasse di scarto rispetto a quelle ottenute da colture dedicate.
«C’è disponibilità di volumi crescenti di residui, scarti e sottoprodotti, i quali, a misura che ne viene meglio disciplinato il destino e ne sono vietate le ordinarie vie di smaltimento in discarica, costituiscono una risorsa di grande interesse per due motivi: si riducono gli impatti conseguenti allo smaltimento ordinario, quindi i costi, e, contestualmente, si aumentano i vantaggi di un loro impiego produttivo, cioè i ricavi».
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