Nel corso del 2015 abbiamo assistito a una brusca frenata per lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile in ambito agricolo. Al forte sviluppo del periodo 2008-2011, ha fatto seguito il sistema di incentivazione regolato dal decreto 6 luglio 2012 che prevedeva un sistema di incentivi maggiormente orientato a premiare la qualità degli impianti, ma metteva a disposizione risorse per consentire l’apertura dei “registri Gse” solamente per tre annualità (2012, 2013 e 2014).
Nel 2015 quindi non ci sono state nuove procedure, dal momento che l’emanazione del nuovo decreto è arrivato a giugno scorso, a cui ha fatto seguito l’apertura del nuovo bando Gse che si chiuderà il 28 ottobre prossimo. Il nuovo decreto non risolve una serie di criticità che temiamo freneranno adesioni e investimenti: dal ristretto periodo di validità della norma (il decreto è valido fino alla fine dell’anno), al taglio degli incentivi in caso di cumulo degli aiuti che rischia di rendere del tutto vani gli sforzi fatti in sede di programmazione dei Psr.
In questo periodo, il calo di investimenti nel settore elettrico avrebbe dovuto essere, almeno in parte, compensato dalle opportunità offerte dallo sviluppo della produzione di biometano, in particolare di quello destinato all’immissione in consumo nel settore dei trasporti. Nel 2015, infatti, le norme di attuazione sono state definite dando agli investitori un “pacchetto” di regole sufficienti, anche se non ancora ottimali, a programmare le iniziative imprenditoriali.
In questo caso, però, abbiamo riscontrato una difficoltà nella realizzazione degli impianti dovuta alla maggiore complessità del sistema, che per le aziende agricole comporta sicuramente uno sforzo imprenditoriale di natura diversa rispetto al mainstream. Oltre a questo però si deve registrare uno scarso livello di fiducia da parte degli operatori potenzialmente interessati, “distratti” dal continuo rincorrere di voci e richieste per modifiche migliorative e maggiormente premianti delle norme in vigore. Il rischio è che, dopo aver previsto che un contingente della quota di obbligo di immissione in consumo fosse riservato ai biocarburanti avanzati, compreso il biometano ottenuto da materie prime non alimentari e/o di scarto, altri settore produttivi realizzino tutti gli impianti necessari a coprire la domanda di Cic avanzati.
Per evitare questi rischi e rilanciare gli investimenti in questa nuova sfida, abbiamo avviato, di concerto con i ministeri Ambiente e Sviluppo economico, il percorso di emanazione di un nuovo decreto biometano con lo scopo di programmare un periodo di accesso agli investimenti più ampio che arrivi e vada oltre il 2020 e di risolvere le criticità che hanno in precedenza reso “complicata” la realizzazione di impianti di biometano a partire da realtà agricole.
Stiamo quindi lavorando per poter emanare il nuovo decreto biometano entro la fine dell’anno.
Nei prossimi anni il sistema Italia è chiamato ad affrontare una duplice sfida strettamente connessa: rilanciare l’economia e allo stesso tempo ridurre i livelli di emissioni gassose. A livello concreto è necessario comprendere che per conseguire gli obiettivi “annunciati” non può essere tralasciato il contributo del settore agricolo, che però deve essere pienamente coinvolto come uno degli attori principali (se non il protagonista) della filiera produttiva. Per ottenere questo risultato le politiche devono partire da un modello di sviluppo basato su dimensione locale, potenzialità e vocazioni dei nostri territori che non possono essere snaturate.
Oggi quindi è strettamente necessario che siano immediatamente definite le politiche e gli strumenti di intervento almeno con riferimento al periodo 2017-2020 al fine di fornire agli operatori del settore un quadro normativo chiaro ed esaustivo che consenta di programmare gli investimenti anche per il settore agricolo.
di Giuseppe Castiglione
Sottosegretario di Stato alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali