La canapa coltura del passato? No, pianta del futuro. Cresce l'utilizzo di suoi prodotti, aumenta l'interesse per tutto ciò che le ruota attorno.
Ed è di questi giorni la notizia che un big del mercato mondiale delle bevande come la Coca Cola ha messo nel mirino la marijuana, tanto da pensare alla creazione di un nuovo soft drink a base di componenti della cannabis.
Accordo con Aurora Cannabis
A darne notizia è la stessa società che avrebbe stipulato già un accordo con la canadese Aurora Cannabis.
L'obiettivo del gruppo di Atlanta, alle prese con un costante calo delle vendite delle tradizionali bibite gassate a base di soda, è quello di lavorare a prodotti innovativi che aggancino il trend delle bevande legate al benessere.
Di qui il progetto di una bevanda salutista impiegando come ingrediente il cannabidiolo (Cbd). Si tratta di una sostanza non psicotropa della canapa che ha tra le sue proprietà effetti rilassanti, antiossidanti e antinfiammatori.
Il terreno sperimentale sarebbe dunque il Canada, dopo che una legge pochi mesi fa ha legalizzato l'uso della marijuana anche per scopi ricreativi. Questo in attesa che cambino le leggi federali anche negli Stati Uniti, dove sempre più stati hanno legalizzato negli ultimi anni l'uso della cannabis non solo per scopi medici.
Manca l'annuncio ufficiale, ma sia Coca Cola che Aurora Cannabis in due note separate hanno confermato il loro interesse nell'uso del cannabidiolo in infusi e bevande che possono aiutare a combattere patologie come stati infiammatori, crampi o dolori di diverso tipo.
Vendite triplicate
La mossa - sottolineano i media Usa - farebbe di Coca Cola il primo grande produttore di bevande non alcoliche a sbarcare nel mercato dei prodotti della cannabis. La vendita di questi ultimi nel mercato statunitense - secondo gli ultimi dati delle società specializzate, è prevista triplicare entro il 2020, per un valore di 16 miliardi di dollari, contro i 5,4 miliardi di dollari del 2015.
A livello mondiale si stima che tale mercato possa raggiungere un valore di oltre 200 miliardi di dollari nel giro di 15 anni