L’Italia che consuma ortofrutta è divisa in due: da un lato gli alto-acquirenti trainano il mercato dello sfuso con il 70,8% degli acquisti, dall’altro i 12 milioni di famiglie basso-acquirenti orientano principalmente le loro decisioni di acquisto verso i prodotti confezionati.
È questo il primo dato che emerge dalla ricerca Nielsen realizzata in collaborazione con Novamont, azienda leader nel settore delle bioplastiche e presentata a Marca 2019 nel corso del convegno ‘Vitamine nel carrello: trend dell’ortofrutta nel 2018 e nuove prospettive’.
Cala il consumo del prodotto sfuso
L’effetto del pagamento obbligatorio del sacchetto biodegradabile per gli acquisti di ortofrutta nei supermercati, sembra sia stato parzialmente riassorbito dai consumatori.
Anche se il 54% dei nostri connazionali dichiara ancora inaccettabile far pagare (anche poco) questi sacchetti e il 23% sostenga di aver cambiato canale d'acquisto rispetto a super e ipermercati da quando sono stati introdotti, il 48% ha oramai compreso l'importanza degli stessi per la salvaguardia dell'ambiente.
Il mercato dell’ortofrutta, infatti, secondo Nielsen, ha chiuso il 2018 con un giro d’affari di circa 10 miliardi di euro, in riduzione di 0,7 punti percentuali rispetto al 2017. Il segmento del confezionato, quello a peso imposto, ha registrato una crescita delle vendite pari al 4,6 per cento. Lo sfuso, quello a peso variabile, ha riportato invece un pesante meno 5,5 per cento.
La spesa media per nucleo familiare si è attestata a 315 euro, ripartita in circa 60 atti d’acquisto l’anno.
Le categorie degli acquirenti e le loro preferenze
Nielsen ha suddiviso l’universo delle famiglie d’Italia stimato in 24,2 milioni in totale, sulla base delle quantità acquistate di frutta e verdure presso i negozi della distribuzione organizzata. Vi sono, in particolare, 2,4 milioni di “alto acquirenti” definiti come i nuclei con almeno due componenti adulti che vivono soprattutto al Nord e al Centro); 12 milioni di “basso acquirenti” che sono le famiglie più giovani e single che vivono per lo più al Sud e 9,7 milioni di “medio acquirenti”.
La ricerca ha rilevato che i basso acquirenti sono i responsabili della riduzione delle vendite di ortofrutta sfusa: nel 2018, infatti, solo nel 40 per cento dei casi hanno acquistano prodotti a peso variabile. Gli alto acquirenti, al contrario, hanno concentrato nel mercato dello sfuso il 70,8 per cento dei loro acquisti, recependo quindi la normativa sui sacchetti biodegradabili nel migliore dei modi.
Le motivazioni della scelta
L’analisi ha evidenziato come la preferibilità e l’abitudinarietà all’acquisto del prodotto a peso variabile o a peso imposto siano tendenzialmente determinate dal riconoscimento di specifiche proprietà distintive come, per esempio, la freschezza del prodotto sfuso o l’igienicità e la comodità di quello confezionato. Partendo dal presupposto che la qualità percepita si attesta sul medesimo livello, la ricerca ha evidenziato che chi sceglie il peso variabile, lo fa per risparmiare e per contenere l’impatto ambientale, godendo di un maggior senso di libertà nel momento della scelta. Chi opta per il peso imposto, per contro, cerca praticità, comodità e rapidità nel momento dell’acquisto. Più del 64% del campione, inoltre, ha dichiarato di ritenere importante la crescente offerta di servizio nel comparto ortofrutticolo confezionato mentre più della metà degli intervistati sostiene di trovare sempre di più porzioni e formati che sanno rispondere a diverse esigenze.