Lo straniero compra un pezzo pregiato del lattiero caseario nazionale mettendo a rischio il made in Italy. Macchè, si tratta soltanto di un normale gesto di libero mercato, che non mette a rischio nulla, anzi consolida il settore. È fra questi due estremi che si è sviluppata la discussione sull’acquisizione, da parte del colosso francese Lactalis, dell’intero capitale di Nuova Castelli, l'80% del quale era detenuto dal fondo inglese Chartherhouse Capital Partner.
Nuova Castelli è uno tra i primi dieci operatori commerciali per il Parmigiano Reggiano, con una forte propensione all’export. La multinazionale francese negli anni si è già comprata i marchi nazionali Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori e controlla circa un terzo del mercato nazionale. Con questa acquisizione la presenza francese in Italia si estende ai prodotti nazionali dop.
Prandini: a rischio gli equilibri di mercato
Al primo dei due gruppi d’opinione appartiene il presidente Coldiretti Ettore Prandini: «Vigileremo su un blitz che potrebbe cambiare gli equilibri di mercato, mettere a rischio la competitività del sistema produttivo nazionale e aprire le porte alla delocalizzazione, come già purtroppo è avvenuto con la Parmalat. Si è trattato di una operazione lampo, che rischia di essere pagata dagli allevatori italiani; a questi infatti la Lactalis ha appena minacciato di ridurre unilateralmente il prezzo del latte alla stalla sottoscritto solo pochi mesi fa».
Ora, ha aggiunto, «si devono pretendere adeguate garanzie sulle produzioni, sulla tutela delle denominazioni dalle imitazioni, sulla difesa dei posti di lavoro e sull’eventuale abuso di posizioni dominanti sul mercato lattiero caseario. La tutela dei marchi storici è una necessità per l’agroalimentare nazionale».
Alla compagine di chi è preoccupato per il made in Italy appartiene ovviamente anche il ministro Gian Marco Centinaio, che però si era espresso sulla questione soltanto una settimana prima della conclusione dell’acquisizione: «Faremo di tutto per tutelare l'agroalimentare italiano dall'assalto delle multinazionali straniere. Il
Parmigiano Reggiano è uno dei prodotti più rappresentativi del made in Italy, un marchio storico che va difeso senza se e senza ma. Non possiamo permetterci che sempre più mani straniere controllino i prodotti italiani. La nostra storia va preservata. I nostri marchi storici devono rimanere dentro i nostri confini nazionali».
Negativo anche Luigi Scordamaglia di Filiera Italia: «Non aver trovato ai tempi di Parmalat un acquirente italiano è stato un’occasione persa per il nostro paese».
Scanavino: la produzione resta italiana
Nell’altro fronte, quello di chi non vede invece problemi in questa novità, troviamo Cia e Confagricoltura, oltre ovviamente a diretti interessati come il presidente del consorzio del Parmigiano e il numero uno di Lactalis Italia.
Il presidente Cia, Dino Scanavino, è esplicito: «L’acquisizione non minaccia la produzione italiana. La produzione del Parmigiano Reggiano, infatti, non è delocalizzabile perché regolata da un disciplinare riconosciuto a livello Ue, dunque resta italiana».
Nessuna preoccupazione «anche perché l’azienda era già di proprietà estera: la paura dell’invasione francese non è fondata». Scanavino addirittura augura «a Lactalis buon lavoro, auspicando che il gruppo possa continuare ad avere una collaborazione con i produttori italiani».
Giansanti: normale partecipazione a un mercato unico
A sua volta il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti sottolinea la necessità per noi italiani di rafforzare la nostra filiera per competere con i concorrenti stranieri. «Con l’accordo tra il colosso francese Lactalis e l’azienda Nuova Castelli cambia la proprietà ma questa rimane sempre straniera. La cosa ci sollecita ad aggregare meglio il nostro sistema per avere investitori italiani più competitivi».
Accordi come questo, evidenzia Giansanti, «rientrano nel normale processo di partecipazione a un mercato unico: già l’attuale proprietà era a capitale straniero e così rimane, pur cambiando bandiera. Insomma, il Parmigiano Reggiano non è in svendita per l’operazione Lactalis. Come fu con l’entrata del fondo inglese, ora è per Lactalis: dobbiamo dare maggiore forza aggregativa al nostro sistema attorno a progetti di filiera a lungo termine: lavoriamo in questa direzione, altrimenti continueremo a cedere il passo ad altri».
Intuibile poi il commento di Jean-Marc Bernier, general manager di Lactalis Italia, che in un’intervista al Corriere della Sera è stato tranchant: Lactalis un rischio per l’Italia? Piuttosto siamo un’opportunità. Il made in Italy, ha spiegato, non rischia: negli anni abbiamo investito, prodotto e raccolto latte in Italia senza mai delocalizzare; anzi abbiamo sviluppato fatturato ed export. Siamo un’opportunità anche per Nuova Castelli, che potrà contare sulla nostra solidità e avvalersi delle rete mondiale Lactalis per crescere.
Bertinelli: il territorio gioverà degli eventuali investimenti
Il presidente del consorzio del Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli, infine, dà rassicurazioni circa la provenienza e l’autenticità della Dop: «Il Parmigiano Reggiano è ottenuto in base a un disciplinare che stabilisce che il formaggio può essere prodotto solo nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna sinistra Reno e Mantova destra Po, utilizzando latte crudo prodotto esclusivamente in questo territorio. Si tratta di un latte particolare, le cui caratteristiche sono influenzate da fattori ambientali, soprattutto dai foraggi locali, che costituiscono il principale alimento delle bovine».
Dunque, continua Bertinelli, «la produzione è e resterà sempre circoscritta all’area di origine. Il modello della Dop è garanzia che il prodotto non è delocalizzabile, quindi gli eventuali investimenti avranno ricadute sulla filiera e nel territorio stesso».
C’è di più: «Da una parte, da italiani, vorremmo che il business rimanesse 100% italiano. Dall’altra l’acquisizione di Nuova Castelli da parte di Lactalis testimonia la buona salute della nostra filiera e l’attrattività economico-finanziaria che è in grado di esercitare a livello internazionale».