In Italia solo l’11% della pioggia che cade viene trattenuta da invasi, la cui carenza, con il cambiamento climatico sta diventando sempre più preoccupante. E non ci deve stupire se oggi la capacità d’invaso tende a essere più alta al sud mentre si abbassa via via che andiamo verso nord.
Al nord, infatti, fino a poco tempo fa, si era abituati ad avere le piogge al momento giusto e, di conseguenza, non era mai stata fatta una concreta politica degli invasi. Ora però le cose stanno cambiando e spesso la siccità tende a colpire più le aree settentrionali rispetto a quelle del sud.
Manca una strategia
«Nel nostro Paese manca una strategia di lungo periodo per la gestione dell’acqua – ha detto Francesco Vincenzi, presidente Anbi (associazione nazionale bonifiche, irrigazione e miglioramento fondiario) nel corso di una videoconferenza organizzata da Argav e Unaga (associazione dei giornalisti della stampa agroalimentare) - sicuramente perché fino ad ora non se ne sentiva più di tanto la necessità, ma con il cambiamento climatico le cose stanno precipitando».
«Esiste anche un conflitto sulla risorsa acqua ma con la legge Galli del 1994 sono state stabilite le priorità di utilizzo. Spesso si sente dire che l’agricoltura “consuma acqua” e questo ci penalizza notevolmente. Dobbiamo quindi iniziare a parlare dell’acqua in maniera diversa nel filone della sostenibilità».
«Oggi – continua Vincenzi - tutto il Paese ha bisogno di invasi, ce lo dobbiamo mettere bene in testa. E per la gestione dell’acqua servono opere strategiche, infrastrutturali, alla stregua di autostrade, porti, aeroporti ecc. Inoltre, per evitare problemi d’impiego e competenze, bisogna essere lungimiranti nella realizzazione degli invasi. Questi non dovranno più essere “monouso” ma multifunzionali, garantendo, dove possibile, impieghi agricoli, turistici, idroelettrici e, naturalmente il deflusso idrico minimo vitale dei fiumi».
Una macchina senza benzina
«Purtroppo – afferma sconsolato Massimo Gargano, direttore generale Anbi – il tema risorsa idrica n in questo momento non è al centro delle politiche agricole nazionali. Fintantoché l’acqua continuerà ad uscire dal rubinetto di casa non sarà mai considerata un problema che ci tocca più di tanto. Oggi, oltre tutto, con l’emergenza pandemia c’è una distrazione di interessi, e l’acqua rimane marginale».
«Ma sul sistema acqua non deve cadere il silenzio. Possiamo vedere l’agricoltura – continua Gargano - come una macchina bella e potente che però non può funzionare senza il carburante che, nel nostro caso, è rappresentato proprio dall’acqua. Il cambiamento climatico, dunque, sollecita specifici interventi sull’ambiente sia per quanto riguarda l’urbanizzazione (vedi la recente alluvione del Seveso) che le sistemazioni del territorio. E i nostri politici se ne devono fare carico…».
Innovazioni specifiche per il territorio
Ma il problema dell’acqua non riguarda solo l’Italia. I nostri partner europei, infatti, hanno problemi simili.
«Per fortuna a livello europeo lo scontro fra Nord e Sud in materia di acqua si sta ricomponendo perché ormai la siccità è diventata un problema comune a tutti i Paesi. La stessa Svezia da tre anni sta avendo problemi di siccità» ricorda Adriano Battilani, segretario generale di Irrigants d’Europe (sodalizio che raggruppa le più importanti associazioni europee che si occupano di irrigazione, fra cui Anbi).
È ottimo il regolamento Ue appena approvato sul riuso delle acque reflue ma questo – spiega Battilani - non serve tanto ad assicurare una maggiore disponibilità di acqua per l’irrigazione ma a garantire una risorsa idrica di qualità, aspetto fondamentale per avere produzioni agricole di pregio, spesso destinate all’esportazione».
«Una cosa che mi sta particolarmente a cuore è la contestualizzazione delle innovazioni tecnologiche e agronomiche, alla quale vorrei fosse data la massima attenzione. Il riso coltivato in asciutta, ad esempio, può essere un’ottima soluzione ma, lasciando a secco le risaie, le falde acquifere tendono ad abbassarsi eccessivamente, con tutto quello che ne consegue. La stessa irrigazione a goccia, che può farci risparmiare acqua se usata correttamente, deve essere utilizzata solo se la tipologia dei terreni lo consente. Fondamentale anche la contabilità dell’acqua. Bisogna infatti rendere conto dell’uso di questa preziosa risorsa in funzione della produttività. Dobbiamo dunque dare largo spazio alle natural based solution – conclude Battilani -, che si integrano bene con il territorio, naturalmente sempre viste in un contesto di multifunzionalità».