Scopazzi del melo, mai abbassare la guardia

Gianfranco Anfora, Fondazione Mach
Anfora (Fondazione Mach): «La diffusione della fitoplasmosi è in calo ma quello che è successo solo 5 anni fa dimostra che non bisogna mai desistere dalle misure di prevenzione obbligatoria». Le sinergie tra le competenze della Fondazione Mach e del Centro sperimentale di Laimburg hanno consentito di sviluppare ricerche originali che sono state inserite in una pubblicazione congiunta.

Fondazione Edmund Mach (Trentino) e Centro di Sperimentazione agraria e Forestale di Laimburg (Alto Adige) sempre più uniti contro gli scopazzi del melo.

Negli ultimi anni la cooperazione tra le due istituzioni di ricerca si è notevolmente intensificata con lo scopo di favorire le sinergie derivanti dalle reciproche competenze e conoscenze.

Riduzione della pezzatura di frutti di piante colpite da Apple proliferation phytoplasma a confronto con frutti normali

Sinergie tra Trentino e Alto Adige

Questa cooperazione si è sviluppata molto bene nell’ambito della ricerca sugli scopazzi, uno dei problemi fitosanitari più gravi per la coltura principe delle due Province autonome fin dagli inizi degli anni duemila. Negli anni Novanta, quando il fenomeno ha cominciato a presentarsi con una diffusione pesante erano ben poche le conoscenze per il suo contenimento. Il risultato di questa unificazione delle forze è molto significativo ed ha permesso la crescita sul piano scientifico di tutti i ricercatori coinvolti che hanno prodotto una pubblicazione molto interessante e completa sullo stato attuale della ricerca sugli scopazzi del melo, nel rispetto puntuale del bilinguismo della regione con testi sia in italiano che in tedesco.

Responsabile per la Fondazione Mach è il dott. Gianfranco Anfora, impegnato anche all’interno del Centro Agricoltura Ambiente dell’Università di Trento. Per il Centro Sperimentale di Laimburg la responsabile è Katrin Janik.

La pubblicazione frutto delle sinergie tra San MIchele all'Adige e Laimburg

Supporto alle Op nella gestione del territorio

«Questo progetto – afferma Anfora, raggiunto per un’intervista esclusiva per il sito di Terra e Vita-, è un ottimo esempio di collaborazione fra i due centri di ricerca, che ha visto l’importante supporto anche del centro di assistenza tecnica della FEM per il ruolo strategico di controllo sul territorio e il supporto delle Op del Trentino e del Consorzio mele Alto Adige oltre che della Provincia Autonoma di Bolzano».

La pubblicazione appena uscita in italiano, tedesco, è frutto di tutte le competenze e le conoscenze maturate in questi anni dai ricercatori dei due centri di ricerca. Un’iniziativa che valorizza la ricchezza dei background tecnici e scientifici dei ricercatori coinvolti come la microbiologia, la fisiologia vegetale, l’entomologia e le scienze ambientali a livello molecolare, macroscopico e geografico.

Proseguire con gli estirpi

Qual è la situazione attuale della malattia sia in Trentino che in Alto Adige?

«La situazione ora è perfettamente sotto controllo e nell’ultimo anno non si sono registrati momenti di recrudescenza, certo fondamentale è proseguire con l’estirpo - peraltro obbligatorio - delle piante infette e i trattamenti chimici contro i vettori.

Quindi la malattia, che in inglese è chiamata Apple proliferation-AP, non prolifererà più?

«In Trentino i primi 5 anni del nuovo millennio hanno visto una costante presenza di piante infette fino al 5,5% in Valle di Non nei frutteti più vecchi dell’età di oltre i 30 anni, poi dal 2006 con l’estirpo e la lotta contro i vettori la malattia si è ridimensionata fino allo 0,27%, poi il flusso è iniziato a salire in modo significativo per raggiungere un’ulteriore picco in Val d’Adige e in Valsugana del 6% nel 2014 (vedi grafico). Da quel momento grazie alla lotta duplice: estirpo e difesa chimica, la situazione è stata riportata sotto controllo ed il numero delle piante sintomatiche è sceso sotto l’1%, ma non è ancora arrivato il momento di abbassare la guardia».

L'andamento delle infezioni di scopazzi in Trentino

La discesa dalla Germania

Da dove arriva la malattia?

«Dalla ricerca emerge come in Germania la malattia fosse già nota e studiata fin dagli anni cinquanta del secolo scorso e come si sia particolarmente diffusa nelle regioni più calde, quelle sud-occidentali. L’Italia del nord ha visto la diffusione della AP particolarmente nelle zone frutticole dell’Alto Adige, del Trentino del Piemonte e della Valle d’Aosta».

L’efficacia della lotta al vettore

Quali prospettive?

«La speranza di individuare portainnesti resistenti si è per ora rilevata un’illusione. Rappresenterebbero la soluzione più sostenibile ma, nonostante i continui sforzi, non è stato individuato ad oggi una varietà in grado di conferire una resistenza totale, ma le ricerche vanno avanti».

«Invece tutte le strategie di controllo applicate finora in Trentino Alto Adige si concentrano sulla riduzione della densità di presenza del vettore in campo mediante l’applicazione di molteplici trattamenti chimici e sull’estirpo delle piante infette».

 

Scopazzi del melo, mai abbassare la guardia - Ultima modifica: 2021-01-28T16:48:04+01:00 da Lorenzo Tosi

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