Mentre le città e le campagne della Romagna sono finite sott’acqua e le colline dell’Appennino emiliano-romagnolo franano a valle, a Bruxelles l’agricoltura continua a essere demonizzata dalle lobby ambientaliste.
Si continuano a proporre Regolamenti e Direttive che impongono agli agricoltori di essere sempre più ecostenibili, biologici, naturali, chemical free, ecc, ecc. L’agricoltura viene additata come una delle prime cause di inquinamento ambientale, spesso facendo seguito ad analisi parziali che non contestualizzano un ruolo – quello dell’agricoltore – sempre più complesso e multifunzionale. L’alluvione che ha messo in ginocchio la fruit valley dell’Emilia-Romagna e distrutto centinaia di allevamenti non fa che evidenziare infatti una volta di più l’importanza dell’agricoltura e degli imprenditori agricoli per una corretta gestione del territorio, come ha sottolineato anche il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida subito dopo la catastrofe.
Non opinioni ma fatti: dove le attività rurali sono scomparse il dissesto idrogeologico è più grave e il non governo del monte scende a valle disastroso. L’agricoltura non produce solo alimentazione, “produce” territorio, paesaggio e contribuisce attivamente ad una maggiore sicurezza idrogeologica.
Il nostro auspicio è che davvero il settore primario torni al centro dell'interesse delle istituzioni e della politica a tutti i livelli, si abbandonino le teorie accusatorie sulle cause del cambiamento climatico che hanno guidato le scelte della Ue degli ultimi anni e si ponga davvero un freno al consumo di suolo, coprotagonista di questa tragedia insieme alla furia degli elementi.
Anteprima di Terra e Vita 17/2023
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Pianti i morti, spalato il fango, fatta la conta dei danni, presto l’interesse dei media su questa vicenda scemerà, come sempre accade in questi casi. Ed è proprio da questo momento che, come casa editrice e testata giornalistica, sentiamo il dovere di ribadire il ruolo centrale dell’agricoltura per difendere un paesaggio fragile ma bellissimo come quello italiano e per sostenere e rilanciare un settore agroalimentare che grazie alle sue eccellenze continua a macinare record di esportazioni in volume e in valore.
La Romagna è il cuore della frutticoltura italiana. Ma il suo battito era irregolare già prima di questo maggio maledetto. Rese falcidiate da gelate, siccità, grandine e fitopatie, un sempre più marcato calo dei consumi, prezzi poco remunerativi riconosciuti ai produttori, una filiera poco coesa e la concorrenza sempre più aggressiva del prodotto straniero, sono i velenosi ingredienti di un cocktail che da anni sta minando la salute di un comparto a cui il Made in Italy non può e non deve rinunciare.
Ora i frutticoltori romagnoli probabilmente (aspettiamo i tempi della natura prima di fare stime avventate) saranno costretti a espiantare migliaia di ettari di kiwi, albicocche, pesche, pere e susine. Immaginiamo la disperazione di chi ha perso tutto e ha visto svanire in poche ore reddito dell’annata, attrezzature e impianti molto costosi. In questa fase la tentazione di mollare tutto, per esempio affittando i terreni alle aziende che realizzano impianti agrivoltaici, potrebbe essere forte. Ma sarebbe un danno nel danno, da evitare con ogni mezzo. Grazie agli indennizzi delle assicurazioni, con l’aiuto dei fondi messi a disposizione nelle ore immediatamente successive al disastro dal governo e con quelli che arriveranno anche dall’Europa, si colga l’occasione per un vero rilancio del settore. Lo si faccia pensando al mercato, puntando sull’innovazione a tutti i livelli, ma anche cercando di preservare quel tesoro di biodiversità che rende i nostri prodotti agricoli unici al mondo.
Noi saremo sempre al fianco degli imprenditori agricoli, offrendo loro contenuti di alto valore tecnico e scientifico, per supportarli nelle difficoltà, aiutarli a rendere le loro aziende più moderne e competitive, convinti una volta di più di essere dalla parte giusta.
di Eugenio Occhialini
direttore editoriale Edagricole