Vitigni Piwi, Tea, selezione clonale: non sono tecniche in competizione fra loro, bensì forme diverse di miglioramento genetico per aumentare ed esaltare la biodiversità viticola. Tutte e tre possono contribuire al rinnovamento varietale nella viticoltura da vino e da tavola italiana, come è emerso da un convegno organizzato dall’Accademia italiana della vite e del vino e dal Gal Sud-Est Barese a Rutigliano (Ba), cuore della produzione pugliese dell’uva da tavola.
Varietà Piwi, cresce l’andamento degli innesti
In Italia le varietà Piwi, resistenti alle malattie fungine (peronospora, oidio, marciume nero), sono già ammesse in dieci regioni (Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Abruzzo e Campania) e si attende l’autorizzazione in Puglia, ha rilevato Paola Bettinelli, ricercatrice della Fondazione Edmund Mach (FEM) di San Michele all’Adige (Tn), centro che da tempo si occupa della selezione e della valorizzazione di varietà resistenti.
«Nel nostro paese l’andamento degli innesti delle varietà Piwi è crescente; 200 sono i produttori e 364 i vini ottenuti, principalmente in quelle regioni (Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia e Friuli) la cui vicinanza con i centri di breeding ha permesso di far conoscere ai viticoltori le loro potenzialità in termini ecologici ed economici, grazie alla riduzione dei trattamenti fitosanitari. Naturalmente le viti resistenti non sono immuni, hanno una risposta all’infezione del patogeno, ma, come la vite ha selezionato resistenze, così il patogeno può farlo a sua volta. Perciò tutti i centri di breeding stanno lavorando per la piramidazione di loci di resistenza a peronospora e oidio mediante un processo ottimizzato di selezione assistita da marcatori molecolari».
Tea, evoluzione della mutagenesi naturale o indotta
Piwi e Tea sono due approcci genetici complementari, ha chiarito Riccardo Velasco, direttore del Crea Viticoltura ed Enologia di Conegliano (Tv) presentando lo stato dell’arte in Italia delle Tecniche di evoluzione assistita (Tea).
«Mentre con i Piwi si ottengono nuove varietà con un genitore nobile al quale si cerca di avvicinare sempre di più la qualità della produzione, con le Tea si ricavano cloni delle varietà di partenza. In pratica le Tea, che sono l’evoluzione della mutagenesi (naturale o indotta) casuale e consistono, quindi, in una sorta di mutagenesi biologica guidata, consentono di ottenere un clone nuovo di una varietà conosciuta che, ad esempio, riesce a resistere almeno a una malattia».
Anche la selezione clonale migliora la qualità dei vitigni
All’ampliamento della biodiversità viticola e al miglioramento della qualità dei vitigni contribuisce anche la selezione clonale, ha evidenziato Lucio Brancadoro, docente dell’Università di Milano e presidente dell’Associazione costitutori viticoli italiani (Acovit).
«La selezione clonale è insita nella coltivazione della vite. Ogni viticoltore ha sempre selezionato il meglio che aveva nel proprio campo e l’ha coltivato. Un clone rappresenta la progenie vegetativa di una singola vite e si sviluppa in prevalenza da mutazioni naturali spontanee che avvengono casualmente in una vite. Perciò la selezione clonale sfrutta e valorizza la variabilità genetica intravarietale della specie “fissando” le mutazioni attraverso la propagazione vegetativa. L’obiettivo è poi identificare gli individui le cui caratteristiche fenologiche, produttive, qualitative e di suscettibilità o tolleranza alle malattie sono state modificate in senso positivo rispetto ai fini della selezione».