Dallo studio Nomisma presentato in occasione dei 40 anni di Assofertilizzanti-Federchimica emerge un dato allarmante: vietare l’urea nel Bacino Padano significherebbe compromettere fino al 45% del valore della produzione cerealicola nazionale. De Castro e Girelli chiedono equilibrio tra produttività, sostenibilità e competitività.
Roma, un pomeriggio d’autunno. Nell’aula gremita di rappresentanti del mondo agricolo, imprenditori e tecnici, il dibattito sull’urea si accende come non accadeva da tempo. Non è un dettaglio tecnico, ma una questione che tocca da vicino la spina dorsale della produttività agricola italiana: il mais, il frumento, il riso.
Sullo sfondo, i numeri di uno studio Nomisma che non lasciano indifferenti: vietare l’urea nel Bacino Padano significherebbe compromettere fino al 45% del valore della filiera cerealicola nazionale, con effetti a catena su redditività, occupazione e prezzi al consumo.
«Serve equilibrio, non divieti» ammonisce Paolo De Castro, richiamando il principio della complementarità tra le diverse tipologie di fertilizzanti. Dall’altro lato, l’industria — con la voce di Paolo Girelli, presidente di Assofertilizzanti-Federchimica — ricorda che la tecnologia è già pronta a fornire soluzioni più sostenibili, senza rinunciare all’efficienza.
Dietro il dibattito sull’urea, c’è molto di più. C’è la direzione che l’Europa intende dare alla propria agricoltura. Tra esigenze ambientali, vincoli normativi e competitività dei mercati globali, l’Italia si trova a dover difendere un principio semplice ma cruciale: senza fertilità del suolo, non c’è futuro per la sicurezza alimentare.
Un pilastro della fertilità agricola
L’urea rappresenta oggi il principale fertilizzante azotato utilizzato nel nostro Paese. Secondo i dati Istat 2023, copre circa il 44% dell’apporto complessivo di azoto impiegato in agricoltura, pur costituendo solo il 16% dei volumi totali di fertilizzanti distribuiti. La sua efficacia agronomica, l’elevata concentrazione di azoto e la logistica ormai consolidata ne fanno uno strumento produttivo irrinunciabile per milioni di agricoltori europei.
Negli ultimi dieci anni l’Italia ha già ridotto del 20% l’utilizzo di fertilizzanti azotati, un risultato significativo che testimonia il crescente impegno del settore verso pratiche più sostenibili. Tuttavia, lo studio Nomisma mette in guardia da un’eccessiva semplificazione del dibattito: un divieto generalizzato sull’urea, senza alternative tecniche o logistiche equivalenti, non solo non garantirebbe un beneficio ambientale immediato, ma metterebbe a rischio la capacità produttiva delle principali colture cerealicole italiane.
I numeri della crisi potenziale
Le simulazioni contenute nello studio parlano chiaro. Nel Bacino Padano, area che rappresenta il cuore pulsante dell’agricoltura nazionale, un blocco dell’urea comporterebbe un crollo delle rese produttive:
- Mais: –36% di produzione (1,6 milioni di tonnellate in meno all’anno);
- Frumento tenero: –17% su 2,1 milioni di tonnellate prodotte;
- Frumento duro: –25% su 551mila tonnellate;
- Riso: –63% su 1,4 milioni di tonnellate.
Numeri che delineano un impatto drammatico non solo sul piano agricolo, ma anche su quello industriale e sociale: meno raccolti, maggiore dipendenza dalle importazioni, perdita di valore per le produzioni Dop e Igp, e un inevitabile aumento dei prezzi al consumo.
De Castro: «Serve equilibrio, non divieti»
A richiamare la necessità di un approccio scientifico e non ideologico è stato Paolo De Castro, europarlamentare e già ministro delle Politiche agricole, intervenuto alla tavola rotonda romana.
«La complementarità nell’uso di tutte le tipologie di fertilizzanti rappresenta un principio fondamentale che la nostra Associazione promuove da sempre. Solo attraverso un approccio equilibrato e scientificamente fondato possiamo garantire agli agricoltori un ventaglio completo di strumenti produttivi, evitando restrizioni ingiustificate che rischierebbero di compromettere la competitività delle imprese agricole.»
De Castro ha poi rimarcato l’importanza delle colture strategiche per la sicurezza alimentare del Paese:
«Il mais è una componente essenziale per sostenere il comparto zootecnico e le grandi produzioni Dop; il frumento costituisce la base delle filiere 100% italiane dei prodotti da forno, dolciari e della pasta; mentre il riso italiano assicura una quota significativa dell’approvvigionamento europeo. Senza soluzioni tecnicamente ed economicamente sostenibili, si rischia di compromettere in modo serio la produttività e la redditività delle aziende agricole dell’area padana, mettendo in discussione il posizionamento competitivo dell’intero sistema agroalimentare italiano.»
Il messaggio è chiaro: l’innovazione e la sostenibilità devono andare di pari passo, ma le scelte regolatorie non possono prescindere dai dati e dalle evidenze scientifiche.
Girelli: «L’industria è pronta a fare la sua parte»
Accanto al mondo politico e scientifico, anche l’industria dei fertilizzanti ha espresso forte preoccupazione per gli effetti di misure non ponderate.
«L’industria dei fertilizzanti gioca un ruolo fondamentale per garantire la sicurezza alimentare del nostro Paese — ha dichiarato Paolo Girelli — e crediamo che una gestione sempre più razionale, responsabile ed evoluta dei fertilizzanti sia una sfida da affrontare insieme a tutto il comparto agricolo, per guardare al futuro dell’agricoltura italiana.»
Girelli ha poi sottolineato come la tecnologia abbia già reso disponibili strumenti innovativi capaci di ridurre l’impatto ambientale dell’urea, mantenendone al tempo stesso l’efficacia produttiva:
«Siamo fortemente preoccupati del provvedimento che prevede il divieto di impiego dell’urea, poiché non sono stati presi in considerazione i suoi effettivi impieghi e la sua indispensabilità per la filiera cerealicola italiana. Oggi l’industria è in grado di fornire soluzioni innovative in grado di mitigare gli impatti ambientali dell’urea, nonché una serie di prodotti complementari, assicurando agli agricoltori una cassetta degli attrezzi completa alle più svariate esigenze colturali».
Urea: un equilibrio da difendere
|
Coltura |
Produzione annua media (ton) |
Calo stimato senza urea |
Perdita |
|
Mais |
4,4 milioni |
-36% | -1,6 mln t/anno |
|
Frumento tenero |
2,1 milioni |
-17% |
-357mila t |
| Frumento duro |
551mila |
-25% |
-138mila t |
| Riso | 1,4 milioni | -63% |
-882mila t |
Fonte: Nomisma 2025 – Elaborazione Assofertilizzanti-Federchimica
Impatto complessivo stimato: –45% del valore della filiera cerealicola italiana
Tra sostenibilità e competitività
L’evento romano ha messo in evidenza un punto cruciale: la sostenibilità non può essere disgiunta dalla produttività. Senza fertilizzanti adeguati e una gestione agronomica efficiente, la resa dei terreni italiani — già penalizzata da superfici agricole limitate e costi elevati — subirebbe un drastico ridimensionamento.
La sfida del futuro, hanno ribadito gli esperti, sarà quella di ottimizzare l’uso dell’azoto attraverso pratiche di precisione, monitoraggi costanti e una formazione più capillare degli operatori. L’obiettivo non è ridurre indiscriminatamente gli input, ma renderli più efficaci, tracciabili e sostenibili.
L’Europa al bivio verde
Mentre in Italia si discute del futuro dell’urea, a Bruxelles si moltiplicano i tavoli di lavoro sul pacchetto “Sustainable Use of Nutrients”, parte integrante della nuova strategia europea per il suolo. La Commissione spinge per un modello agricolo più efficiente e meno dipendente dall’azoto minerale, ma la complessità delle filiere europee rende difficile individuare soluzioni uniformi.
Il nodo centrale è la gradualità della transizione: un equilibrio fragile tra obiettivi ambientali e tenuta economica. L’esperienza italiana — con la capacità di coniugare innovazione tecnologica e produzioni di qualità — può diventare un modello per l’Europa, ma solo se le politiche comunitarie sapranno riconoscere la differenza tra riduzione e sostituzione, tra sostenibilità e rinuncia.
La sfida dei prossimi mesi sarà dunque politica prima ancora che tecnica: scrivere una norma che non disegni un’Europa agricola a due velocità, capace di premiare chi innova e non chi semplicemente riduce.
La sostenibilità non si ottiene con i divieti
Il quarantesimo anniversario di Assofertilizzanti-Federchimica non è stato solo un momento celebrativo, ma l’occasione per ribadire un principio cardine: la sostenibilità nasce dal confronto, non dai divieti.
In un contesto globale dove la domanda di cibo cresce e le risorse naturali si assottigliano, l’Italia non può permettersi di rinunciare all’urea senza alternative pronte. Come ha ricordato De Castro, la vera sfida è rendere sostenibile la produttività, non sacrificarla.










