In Italia la tenuta dei paesaggi terrazzati è una delle sfide più delicate per l’agricoltura tradizionale, stretta tra costi crescenti, spopolamento delle aree interne e mercati sempre più competitivi. Eppure, alcuni sistemi agricoli storici continuano a resistere, mantenendo pratiche e strutture agrarie secolari. I terrazzamenti viticoli del Mombarone, gli oliveti in pietra a secco di Vallecorsa e i limoneti verticali di Amalfi ne sono esempi emblematici: territori estremi, con pendenze elevate, accessi difficili, molta manodopera e rese limitate. Ma qui l’agricoltura non è solo produzione: è infrastruttura culturale e ambientale, capace di proteggere i versanti, preservare biodiversità e identità locali e offrire al mercato prodotti autenticamente legati all’origine.

Vigneti terrazzati in Piemonte
Il territorio dei “Paesaggi terrazzati viticoli e agricoli del Mombarone” è stato riconosciuto paesaggio rurale di interesse storico dal Masaf nel 2024 e ricade all’interno dei comuni di Borgofranco d’Ivrea, Carema, Nomaglio e Settimo Vittone, nella città metropolitana di Torino e nel Canavese. L’area si estende su 608,3 ettari ed è caratterizzata da un paesaggio agricolo multifunzionale al centro del quale ci sono i vigneti terrazzati. La pratica agricola tradizionale è costituita dalla pergola caremiese che sostiene le viti. Si tratta di una pergola costituita da quatto ordini di pali in legno di castagno sovrapposti e sorretta da colonne in pietra e calce chiamate nel dialetto locale pilun. Queste colonne hanno un carattere fortemente identitario e un importante valore scenico, paesaggistico e percettivo. Ad esse è inoltre associato un notevole contributo per la maturazione delle uve. Infatti, assieme alle pietre dei muri a secco di notte rilasciano il calore assorbito durante il giorno riducendo l’escursione termica. A partire dagli anni ’50 del secolo scorso ai giorni nostri è possibile identificare alcune dinamiche di trasformazione a carico del mosaico paesaggistico dovute prevalentemente all’abbandono dei vigneti in favore del bosco di invasione. L’area ha comunque mantenuto un buon livello di integrità pari a oltre il 65% del paesaggio rurale storico conservato al suo interno. Tra gli importanti elementi di significatività storica si annoverano inoltre i castagneti a cui a Nomaglio è dedicato un ecomuseo e i Balmetti di Borgofranco d’Ivrea. Si tratta di circa 200 cantine addossate alla roccia che si avvantaggiano di correnti d’aria che si originano a partire da fenomeni naturali dovuti al passato geologico dell’anfiteatro morenico di Ivrea, di cui il paesaggio in questione caratterizza i ripidi versanti. Le principali produzioni sono vini come la Doc Carema e la Doc Canavese Nebbiolo.
Viticoltura eroica

A Carema la montagna detta regole rigide: solo 26 ettari vitati, frammentati da terrazzamenti in pietra e suoli discontinui. In questo contesto opera Sorpasso, azienda fondata dal quarantenne Vittorio Garda nel 2014, oggi impegnata su un ettaro e mezzo coltivato esclusivamente a Nebbiolo e ampliato ogni anno di pochi metri. «Qui non esistono trattori: tutto si fa a mano, e impiantare una vigna richiede un lavoro enorme. Ma i produttori stanno aumentando. Siamo in 12, 10 nati negli ultimi anni, tutti giovani e preparati», spiega il produttore. Il Nebbiolo coltivato per il Carema Doc si confronta con rese reali attorno ai 40 q/ha, ben lontane dai valori teorici del disciplinare, che riflettono la frammentazione del territorio: terrazzamenti, muretti a secco e rocce affioranti rendono impossibile una produttività uniforme. Un limite produttivo che diventa però valore identitario: «La connessione tra vino e territorio è immediata – afferma Garda –. Assaggi Carema e ritrovi esattamente il paesaggio che hai davanti». Nonostante la viticoltura “eroica”, e produzioni contenute, il mercato risponde «cerca vini di territorio, autentici»: Stati Uniti, Scandinavia e Centro Europa acquistano regolarmente, seppur in piccoli lotti. Il microclima ventoso, con umidità ridotta, facilita inoltre una gestione totalmente biologica delle vigne. «Carema – conclude Garda – non è solo economia agricola, i terrazzamenti in pietra proteggono i paesi sottostanti: se non vengono mantenuti, possono franare. In un’epoca di spopolamento delle aree interne, queste viticolture sono fondamentali anche per la tutela del paesaggio».
Oliveti laziali
Il territorio de “Gli oliveti terrazzati di Vallecorsa” è stato riconosciuto paesaggio rurale di interesse storico dal Masaf nel 2017 e ricade interamente all’interno del comune di Vallecorsa (Fr). L’area si estende su 716 ettari ed è caratterizzata dalla presenza di oliveti, a prevalenza della varietà autoctona laziale Vallecorsana, per la maggior parte coltivati su ciglioni e terrazzi. Il caratteristico paesaggio carsico indica la presenza di un substrato calcareo e di suoli poco profondi e ricchi di frammenti rocciosi che costringono le radici dell’ulivo a svilupparsi in profondità, sfruttando fessure e discontinuità della roccia. Nel territorio sono presenti svariate soluzioni costruttive e colturali come i terrazzi lineari, i terrazzamenti di dimensioni minori e di forma irregolare e i piccoli muretti che consentono di ricavare superfici molto limitate dove è possibile coltivare uno o due olivi (lunettoni). Per quanto riguarda le sistemazioni idraulico-agrarie, gli elementi di unicità sono le macère, solidi muretti a secco. Inoltre, sono presenti sistemi di passaturi associati a canalette, di acquidocci, scifi (abbeveratoi), pozzi di raccolta e cisterne. La principale produzione è l’Olio di Roma Igp.
Olivicoltura per passione
A Vallecorsa l’olivicoltura sfida logica economica e morfologia del territorio. Terrazzamenti stretti e deteriorati, pendenze ripide e muretti a secco obbligano a lavorare in ginocchio, ben lontano dalle pratiche meccanizzate della pianura. «Due persone riescono a raccogliere al massimo due-tre quintali al giorno»: a raccontarlo, Luciano Buraglia, olivicoltore (come seconda attività) e membro della cooperativa La Carboncella. L’azienda comprende circa un ettaro di olivi, con 300–350 piante in due appezzamenti. Le rese della varietà autoctona Vallecorsana variano molto: l’anno scorso 13 q/ha, quest’anno circa 40 potenziali, ma solo 25 raccolti, tra allegagione compromessa, caldo umido e siccità. La raccolta, che avviene con teli di piccola dimensione, perché i terrazzamenti misurano 2,5-4 metri di larghezza, con dislivelli da 1,5 a oltre 2 metri, è familiare. Negli ultimi anni si è registrato un boom di manodopera extracomunitaria (80 € al giorno), costosa per aziende piccole. «La produzione è bassa e il prezzo medio locale è 12-17 €/l, insufficienti a coprire i costi», spiega Buraglia. Intanto la cooperativa tenta di preservare il paesaggio, recuperando uliveti secolari e promuovendo corsi sui muri a secco. «Noi qui ci siamo nati: è passione, non può essere solo lavoro».

Il limoneti di Amalfi
Il territorio de “I limoneti, vigneti e boschi nel territorio del comune di Amalfi” è stato riconosciuto paesaggio rurale di interesse storico dal Masaf nel 2018 e ricade interamente all’interno del comune di Amalfi, in provincia di Salerno, nella Regione Campania. L’area si estende su 472 ettari ed è caratterizzata dalla presenza di due principali colture: limone e vite. Il limoneto amalfitano insiste sempre su una terrazza e viene utilizzata la forma di allevamento a pergola, mentre il vigneto occupa una piccola parte del territorio, confinato per lo più in piccole particelle per l’autoproduzione. In considerazione di ciò il paesaggio presenta un mosaico complesso di aree semi-naturali e agricole con castagneti da frutto alle quote più elevate e oliveti, vigneti, agrumeti, orti arborati, nonché colture foraggere a quote più basse. Oltre ai terrazzamenti, nell’area insistono sistemazioni idraulico-agrarie di particolare rilevanza storica quali i muretti a secco, che sono tenuti insieme da una malta preparata seguendo l’antica tecnica romana dell’opus caementicium elaborata nel III° secolo a.C., e un diffuso sistema di irrigazione costituito da canali in muratura e condotti disposti a varie altitudini che, captando l’acqua delle tante sorgenti o stoccando l’acqua piovana in un sistema di vasche (le peschiere), irrigano le esigenti coltivazioni agrumicole.
Nel 2025, l’area è stata riconosciuta anche sistema del patrimonio agricolo di importanza mondiale ( Giahs – Globally important agricultural heritage systems) dalla Fao. Le principali produzioni sono il limone Costa d’Amalfi Igp e la Doc Costa d’Amalfi.
Limoni da salvare

«In Costiera Amalfitana coltivare limoni significa lavorare in verticale, su terrazzamenti che moltiplicano fatica e costi» spiega Salvatore Aceto, titolare dell’omonima azienda ad Amalfi. L’azienda conta 12 ettari che «equivalgono a 30-35 in pianura, perché per ogni ettaro servono fino a cinque lavoratori, non due». La manodopera locale però non basta più: «L’italiano medio questo lavoro non lo vuole fare», spiega, e l’azienda ricorre dunque a personale straniero, offrendo alloggio per garantire continuità. Alla complessità strutturale si sommano criticità di mercato. Le rese oscillano tra 500 e 700 q/ha, in un contesto dove i limoni dovrebbero essere venduti a 2 €/kg per coprire i costi, mentre il mercato offre 80-90 cent/kg. «Così non si rientra. Se aggiungiamo anche la concorrenza internazionale e la scarsa tutela del marchio Igp il rischio è l’abbandono, già al 40% in alcune aree limitrofe», avverte Aceto. A salvare il modello sono diversificazione e qualità. Export, trasformazione e turismo esperienziale: limoncello, visite in azienda, apicoltura e vendita diretta che raggiunge Germania, Austria e Francia, fino a gelaterie e ristoranti di alta gamma. «Il nostro punto di forza – dice Aceto – è far capire cosa c’è dietro ogni limone: quando i clienti vengono qui, cambiano prospettiva. Vendiamo circa il 70–75% dei limoni freschi, mentre la parte restante viene trasformata». Il recente riconoscimento Fao come paesaggio rurale storico non basta senza regole certe. «Non servono finanziamenti: servono controlli veri per tutelare marchi e produttori. Senza questi – conclude – rischiamo di scomparire».











