Una tegola è caduta sulla testa dell’assessore all’agricoltura della Regione siciliana, ma soprattutto sull’Autorità di Gestione del Psr Sicilia 2014-2020. Un macigno che pesa la bellezza di 260 milioni di euro, visto che è questa la dotazione complessiva destinata ai giovani imprenditori dal Piano di sviluppo rurale. La somma comprende le risorse appostate sulla misura 6.1 e sulle misure collegate della 4.1 (investimenti), della 6.4a (agriturismo) e della 8.1 (forestazione). Somme che adesso potrebbero essere oggetto di disimpegno: un lusso che la Sicilia non può davvero permettersi.
Ma che cosa è accaduto? Si tratta di una vicenda complessa, conclusasi per ora con il provvedimento emanato dal Tar Sicilia il 4 dicembre con il quale viene sospesa l’efficacia dell’ultimo elenco dei beneficiari; elenco che era stato approvato con decreto del dirigente generale n. 1606 del 31 luglio, e aggiornato poi con il ddg n. 2473 del 3 ottobre. Sulla base di questi due atti sono stati già emessi i primi decreti di finanziamento: 800 sui 1.600 totali. E per molti di questi si sta procedendo con le anticipazioni.
La Regione annuncia opposizione
Il provvedimento del Tar non è andato giù ai vertici della Regione: «Ricorreremo contro questa ordinanza presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa», ha dichiarato subito l’assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera. Troppo alta, infatti, è la posta in gioco. Con il recente pronunciamento della giustizia amministrativa di fatto viene “riabilitato” il ddg n. 766 dello scorso 30 aprile, che approvava gli elenchi regionali definitivi dei beneficiari.
Proprio quello che era stato sospeso con un provvedimento dell’Autorità di Gestione del Psr, firmato dal dirigente generale Dario Cartabellotta. Alla luce dei numerosi ricorsi e per velocizzare l’iter, l’intervento del dirigente (che peraltro si era appena insediato a capo del dipartimento agricoltura) aveva “aperto” una finestra di un mese per fruire della possibilità del soccorso istruttorio, procedura mai considerata fino ad allora.
Gli effetti del ricorso al Tar
Al soccorso istruttorio hanno aderito ben 999 beneficiari e il risultato è stato un vero proprio stravolgimento dell’elenco. Cosa che per qualcuno si è tradotta nello scivolamento al di là delle posizioni più ambite, quelle che avrebbero assicurato il completo finanziamento dei progetti più complessi e articolati, attinenti tutte e tre le misure per gli investimenti: la 6.4a, la 4.1 e la 8.1.
C’è da ricordare, poi, che le procedure del Psr prevedono che, qualora le dotazioni per le diverse misure dedicate agli investimenti non siano sufficienti, i giovani che vogliono insediarsi e che hanno presentato domanda per progetti di tipo “misto”, devono provvedere a finanziare l’intero piano aziendale con fondi propri anche per la parte non finanziabile.
Così è accaduto che alcuni ricorrenti, dall’iniziale posizione ai vertici della graduatoria, con l’ok al nuovo elenco, siano scivolati nelle posizioni di coda, tra i non finanziabili parzialmente o addirittura totalmente. Da qui, l’ennesima querelle.
Difetto d'istruttoria
“Ad una prima sommaria cognizione”, secondo il Tar “il ricorso appare assistito da adeguato fumus boni juris, quanto meno con riferimento alla censura avente ad oggetto il difetto d’istruttoria”. Dalle carte presentate dai ricorrenti, infatti - si legge nell’ordinanza del Tar - emerge “in maniera chiara ed evidente che il gruppo di lavoro e l’Autorità di gestione si sono limitate a confermare il punteggio che i 999 soggetti, che avevano presentato istanze di riesame, si erano autoattribuiti, senza compiere nessuna verifica nemmeno minimale, al solo scopo di pubblicare velocemente la nuova graduatoria definitiva per consentire il raggiungimento degli obiettivi di spesa ed evitare il disimpegno delle somme da parte dell’Unione europea”.
Nel ricorso poi, era stato evidenziato come l’attività di riesame sia stata svolta nell’arco di solo due settimane (in realtà sono state quattro) da un numero comunque ristretto di persone (il gruppo di lavoro è formato da quattro dirigenti dell’assessorato), tanto da far affermare ai ricorrenti come “un numero così consistente di domande non possa essere stato vagliato correttamente in un arco temporale così ristretto”. Inutile dire che almeno per i ricorrenti si dà per scontato che l’efficienza non possa essere prerogativa della burocrazia siciliana.