La presenza nei campi di mais e di altri cereali di ceppi di Aspergillus flavus in grado di produrre micotossine costituisce un serio problema da un punto di vista sanitario ed economico. Le aflatossine sono infatti pericolose per la salute umana e degli animali in quanto epatotossiche, cancerogene e mutagene. La problematica come ben sanno gli operatori del settore (maiscoltori e stoccatori) sta rendendo estremamente complessa la gestione dell’intera filiera al punto di limitare fortemente la coltivazione a scopo granella. La situazione richiede sicuramente l’uso di pratiche agricole corrette per il contenimento della proliferazione del microrganismo che, tuttavia, sono spesso poco compatibili con le richieste derivanti dalla gestione attuale delle coltivazioni sul territorio. In ogni caso è ormai ampiamente accettato dagli operatori del settore che il problema micotossine in agricoltura può trovare una sua risoluzione solo mediante un approccio integrato e flessibile che, attraverso un attento monitoraggio della filiera, dal campo alla tavola, prenda in considerazione interventi sia nella fase che precede il raccolto (pre-harvest) che in quella successiva (post-harvest) durante lo stoccaggio delle derrate.
Ceppi non tossigeni
Nella fase che precede la raccolta (pre-harvest) è stato proposto un tipo di intervento non-tradizionale che, al di là delle buone pratiche agricole prima menzionate, fa ricorso all’uso di una strategia di lotta biologica basato sulla bio-competizione. In questo settore ha suscitato particolare interesse l’uso di un approcccio basato sulla competizione intra-specifica e che fa quindi affidamento a ceppi della stessa specie, A. flavus, i quali hanno naturalmente perso la capacità di produrre la micotossina. La strategia proposta, che consiste nell’introduzione in campo del ceppo non tossigeno (afla-) in grado di spiazzare dalle colture i ceppi tossigeni (afla+) non è nuova ma anzi è stata preceduta da una ampia sperimentazione in altri paesi, in particolare negli Usa, Cina, Africa, Australia , dove sono già stati depositati dei brevetti riguardanti ceppi di Aspergillus da utilizzare per il contenimento dell’accumulo di Aflatossina sia su coltivazioni di mais che di cotone e di arachidi. In Europa e in particolare in Italia si è in ritardo rispetto all’implementazione di questa strategia di lotta biologica anche perché un imperativo che ne condiziona l’uso, a detta di coloro che hanno studiato l’efficacia della sua realizzazione, è la disponibilità di ceppi di Aspergillus che siano “indigeni” e quindi ben adattati all’ambiente in cui si intende utilizzarli. In altre parole non è ragionevole pensare di utilizzare ceppi che sono stati isolati da altri contesti geografici.
Attualmente, per quanto è a nostra conoscenza, un numero ristretto di gruppi di ricerca italiani stanno conducendo lavori di sperimentazione che prevedono l’uso di ceppi di Aspergillus flavus come bio-competitori.
L’applicazione con irroratrice “a trampoli”
Gli approcci seguiti dai diversi gruppi di ricerca hanno punti in comune ma si distinguono in seguito per le metodiche proposte per l’applicazione in campo del bio-competitore.
......
(1) Professore associato di genetica Dipartimento di Bioscienze Università degli studi di Parma
(2) Presidente AgriTeS S.r.l. - Gruppo PROGEO
Leggi l'articolo completo su Terra e Vita 06/2016 L’Edicola di Terra e Vita