Il periodo primaverile in genere coincide con i lavori di impianto di nuovi vigneti o rimpiazzi di piante di vite morte per vari motivi.
Occorre sempre analizzare la tipologia di terreno e la coltura precedente sull’appezzamento, al fine di non incorrere, nel corso degli anni, nella morte delle piante a causa della presenza di funghi agenti di marciumi radicali.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Come si comporta l’Armillaria
I marciumi radicali su vite sono causati prevalentemente dal fungo basidiomicete Armillaria mellea e secondariamente anche da Rosellinia necatrix, e Roesleria hypogaea. La presenza di Armillaria è generalmente associata a una non corretta gestione agronomica del terreno o a nuovi impianti su terreni dove erano coltivate altre specie arboree suscettibili (pescheti, oliveti, specie forestali).
I funghi agenti di marciume attaccano le radici delle piante e grazie alla azione di enzimi specifici provocano il disfacimento dell’apparato radicale con progressivo deperimento delle piante fino alla morte.
Il riconoscimento di tale fungo è semplice se compaiono i corpi fruttiferi in autunno, nei quali maturano le basidiospore che diffondono anche a notevoli distanze il patogeno. In habitat naturali l’Armillaria si comporta generalmente come parassita di debolezza, mentre in contesti agrari può comportarsi come patogeno primario determinando la morte delle piante attaccate. In nuovi impianti l’attacco avviene per mezzo del micelio fungino o di rizomorfe presenti nei residui vegetali in forma saprofitaria anche per decine di anni, ed il suo sviluppo ottimale si ha con temperature comprese tra i 20 ed i 24 °C.
La malattia ha una diffusione “a macchia d’olio”, tipica di tutti i marciumi radicali, ossia con andamento centrifugo dal punto di infezione verso l’esterno.
La velocità di diffusione dipende da molti fattori legati al classico rapporto ospite-patogeno-ambiente che regola tutti i processi patologici. In generale gli stress idrici sia in eccesso che in difetto, la quantità elevata di inoculo e la elevata densità di impianto sono i fattori che agevolano la diffusione della malattia. Non sembra, invece, avere un ruolo determinante il tipo di portainnesto.
La cura parte prima dell’impianto
Poiché non esistono trattamenti chimici in grado di contrastare la presenza del fungo, è bene avere chiaro un concetto fondamentale per evitare di incorrere nel problema: l’Armillaria si diffonde nei vigneti molto lentamente e solo tramite strutture vegetative (micelio e rizomorfe) che o sono presenti nel terreno da colture precedenti o che abbiamo portato noi con attrezzi di lavorazione del terreno.
La lotta nei nuovi impianti è solo a carattere preventivo. Quindi:
- quando si procede con un nuovo impianto su vecchi fruttiferi o superfici che erano arborate bisogna eliminare tutti residui degli apparati radicali con lavorazioni profonde e, se la presenza di Armillaria è conclamata, lasciare a riposo il terreno per almeno tre-cinque anni, seminando specie non ospiti (ad es. leguminose o brassicacee);
- poiché nella maggior parte dei casi i marciumi radicali interessano piante il cui apparato radicale si trova in condizioni di stress, gestire il terreno in maniera tale da evitare ristagni idrici;
- in caso di presenza in vigneti in produzione di Armillaria, prima di rimpiazzare le fallanze, trattare il terreno con funghi antagonisti del genere Trichoderma: T. hartianum, T. viride, T. gamsii, e T. asperellum. L’efficacia di questi formulati può essere migliorata anche dalla benefica azione di prodotti a base di micorrize.
I sintomi
I sintomi possono manifestarsi anche dopo diversi anni dall’impianto del vigneto e ciò è dovuto al fatto che la radici della vite devono venire a contatto con residui legnosi su cui è presente l’Armillaria.
La sintomatologia dell’attacco da Armillaria è tipica dei marciumi e della conseguente ridotta capacità dell’apparato radicale di svolgere le proprie funzioni. I sintomi riscontrabili nelle parti aeree, quindi, sono aspecifici e le piante manifestano sempre crescita stentata, foglie più piccole e chiare, deperimento progressivo fino alla morte che può avvenire improvvisamente (colpo apoplettico) soprattutto nel periodo successivo alla ripresa vegetativa. Pertanto, per arrivare a una diagnosi certa, occorre scalzare la parte sottostante il colletto fino alle radici e osservare la presenza di micelio biancastro accompagnato dal caratteristico odore di fungo.
La presenza di rizomorfe e micelio a ventaglio sono caratteri tipici dell’Armillaria; nei vigneti, invece, raramente si ha la comparsa dei corpi fruttiferi.