In questo periodo i carciofeti possono subire attacchi da varie specie di lepidotteri, alcune polifaghe (Agrotis segetum, A. ypsilon, Spodoptera littoralis), altre più specifiche (Depressaria erinaceella e Gortyna spp.).
Le nottue terricole, come Agrotis segetum e A. ypsilon, difficilmente arrecano danni consistenti alle carciofaie già sviluppate mentre possono danneggiare seriamente le piantine dei nuovi impianti. Anche la nottua mediterranea (S. littoralis), che nel primo periodo autunnale solitamente raggiunge la massima densità di popolazione, potrebbe richiedere interventi di contenimento. Nei nuovi carciofeti, pertanto, sarà necessario un attento monitoraggio della vegetazione per individuare precocemente le tipiche ovature della spodoptera, costituite da gruppi di decine di uova ricoperte da peli embriciati. Anche i sintomi dell’attività trofica delle prime età larvali sono individuabili facilmente. Le larvette di I e II età, infatti, tendono a restare gregarie intorno le ovature prima di disperdersi con le mute successive ed in fase gregaria sono più vulnerabili ai trattamenti perché più piccole e più esposte. Le trappole a feromoni possono essere utilizzate sia per monitorare gli adulti che per abbattere la popolazione con la cattura massale.
Tra i fitofagi più specifici, la depressaria (Depressaria erinaceella) è il lepidottero forse più diffuso in Italia meridionale. Monovoltino (una sola generazione l’anno), sverna da larva attiva e si incrisalida in primavera, solitamente nel terreno. Gli adulti hanno un lungo periodo di sfarfallamento (settembre-ottobre) ed ovidepongono con scalarità alla base delle ceppaie o delle foglie, sulla pagina inferiore. Le larve nascono tra ottobre e novembre e, dopo una fase epifita in cui erodono i germogli, iniziano a scavare gallerie solitamente a partire dalla costa fogliare sfuggendo facilmente ai trattamenti insetticidi.
Terra e Vita 40/2015 L’Edicola di Terra e Vita