La cimice esotica, Halyomorpha halys è originaria dell’Asia orientale (Cina, Corea, Giappone, Taiwan) e apparentemente non è molto diversa da altre cimici autoctone. Nei territori di origine si comporta da fitofago occasionale ma, quando è stata accidentalmente introdotta prima negli Stati Uniti e ora in Italia, ha causato gravissime infestazioni assai difficili da controllare, diventando rapidamente la specie chiave per la difesa delle colture frutticole.
I limiti della lotta chimica
Contro questo insetto polifago ed estremamente mobile la lotta chimica ha già dimostrato tutti i suoi limiti. Inutile trattare i frutteti preventivamente in assenza della cimice: i prodotti hanno tutti pochissima persistenza e agiscono esclusivamente per contatto.
I limiti degli insetticidi disponibili emergono soprattutto per quello che riguarda l’attività adulticida mentre sulle neanidi, assai mobili ma incapaci di volare, i prodotti hanno performance un po’ migliori.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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La situazione in Italia
In Asia le proliferazioni di cimice esotica (H. halys) sono limitate da diverse specie di
predatori e di parassiti fra cui spicca per efficienza il parassitoide oofago Trissolcus japonicus. Questa specie è responsabile del 75% delle parassitizzazioni delle uova di Halyomorpha ed è stata subito individuata come un possibile alleato nella lotta alla cimice asiatica.
Anche quando è sbarcata accidentalmente negli Stati Uniti questa benefica vespina ha mantenuto una buona efficacia come limitatore della H. halys tanto da essere soprannominata dagli americani “vespa samurai” e da essere utilizzata come agente di lotta biologica.
In Italia però la situazione è abbastanza diversa; il famigerato articolo 12 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 di recepimento della direttiva Habitat vieta di introdurre in natura specie o popolazioni non autoctone anche se utili e destinate a programmi di lotta biologica.
Questa norma nonostante tutti gli sforzi è ancora in vigore e il percorso per modificarla si sta presentando molto lungo ed irto di ostacoli. Questa situazione di stallo si è improvvisamente sbloccata lo scorso anno quando sono arrivate in Italia due specie di parassitoidi oofagi della cimice asiatica di origine esotica: Trissolcus japonicus in Lombardia e Piemonte e Trissolcus mitsukurii in Friuli-Venezia Giulia e Alto Adige. Quest’ultima specie, meno conosciuta, è diffusa soprattutto in Giappone in cui viene segnalata come il più importante parassita della cimice.
Il monitoraggio in Pianura padana
Alla luce di questi imprevisti ritrovamenti nel 2019 è stato attivato un monitoraggio sul territorio della Pianura padana realizzato con il coordinamento del Crea, per verificare l’espansione di queste specie sul territorio. Questi ritrovamenti però, per quanto importanti, almeno per il momento, non consentono di sbloccare la diffusione e l’impiego di questi insetti per iniziative di lotta biologica sul territorio nazionale (a esempio attraverso rilasci propagativi) in quanto il divieto legislativo permane. L’unica speranza è che queste vespine utili si diffondano in autonomia sul territorio italiano rendendo superato dai fatti il divieto legislativo.
Nel frattempo il Crea sta conducendo anche approfonditi studi di laboratorio per valutare i possibili effetti negativi sull’ambiente dell’arrivo di T. japonicus e T. mitsukurii. Trattandosi di parassitoidi generalisti cioè in grado di attaccare anche altre specie di insetti, la vespa samurai e il suo analogo giapponese, potrebbero avere un effetto negativo sugli insetti utili naturalmente presenti nel nostro territorio.
Valorizzare le reti anti insetto
La scarsa efficacia della difesa tradizionale, contro un insetto polifago ed estremamente mobile come la cimice asiatica, sta indirizzando la ricerca in direzioni nuove come la valorizzazione delle reti anti insetto, una tecnica che sembrava destinata a rimanere marginale o comunque confinata alle sole aziende biologiche.
Ovviamente l’efficacia delle diverse tipologie di reti non può essere totale e la tecnica deve essere supportata da trattamenti insetticidi integrativi soprattutto in condizioni di elevata pressione. Nonostante la loro efficacia sia ormai ampiamente dimostrata, fino a ora l’adozione di questi sistemi è stata frenata da diversi fattori, non ultimo il costo dell’impianto.
Proprio per questo motivo negli ultimi anni le regioni più colpite dalla cimice asiatica hanno emesso dei bandi per finanziare l’acquisto e installazione di reti anti-insetto in modo da aiutare le aziende a fronteggiare questa emergenza fitosanitaria.