La moniliosi viene maggiormente temuta in estate man mano che ci si avvicina al periodo della raccolta delle drupacee in quanto se le condizioni climatiche sono favorevoli al patogeno, i danni sia in campo che in fase di post raccolta possono essere ragguardevoli. In questo caso molte delle infezioni sono dovute a Monilinia fructicola, e Monilia fructigena, quest’ultima ormai osservata raramente.
Tuttavia, non sono infrequenti attacchi di monilia in fioritura che, nei casi più gravi, portano a perdite di produzione dovute alla necrosi delle gemme fiorali. In questo caso gli agenti causali sono Monilinia laxa e Monilia fructicola, i quali riprendono la loro attività dai siti di svernamento (cancri sulle gemme dell’anno precedente, conidi liberi presenti sulla pianta, oppure più frequentemente, frutti mummificati caduti a terra o rimasti sulla pianta) allorquando le condizioni climatiche risultano favore voli.
Occhio all'umidità
Nel periodo fiorale, condizioni climatiche caratterizzate da piogge, o nebbie persistenti con conseguente elevata umidità relativa e prolungata bagnatura degli organi vegetali, portano il fungo a sporulare abbondantemente e a infettare gli organi fiorali che vanno presto incontro a progressiva necrosi. Non è infrequente che da queste infezioni la pianta possa sviluppare cancri che portano in breve al disseccamento della porzione apicale del ramo. Nel pesco, non tutte le varietà sono suscettibili alle infezioni da monilia: in genere percoche e nettarine risultano più sensibili. Su albicocco e ciliegio, invece, la moniliosi in fioritura è molto pericolosa e in grado di compromettere buona parte della produzione.
I trattamenti fungicidi sono sufficienti a contrastare le infezioni fiorali, ma alcune corrette pratiche agronomiche (equilibrata nutrizione della pianta, adozione di sesti d’impianto sufficientemente ampi, ma soprattutto unapotatura con conseguente asportazione e distruzione delle parti colpite e delle mummie) sono importanti per ridurre il potenziale d’inoculo del patogeno all’interno dei frutteti. In alternativa, anche B. subtilis, B. amyloliquefaciens, impiegabili insieme a bicarbonato di K in frutticoltura biologica, hanno dimostrato di avere discreta efficacia sulla monilia in fioritura.
tab. 1 Trattamenti ammessi contro la moniliasecondo i Disciplinari di Produzione Integrata 2021 | ||
Principi attivi | Limitazioni d’uso (numero massimo di interventi annui con prodotti di sintesi contro la monilia: 5 per pesco e ciliegio; 3 per albicocco e susino) | |
Tebuconazolo | max 2 trattamenti /anno | Su albicocco: max 3 interventi/anno con IBE o 4 se nell’anno precedente vi sono stati gravi attacchi di Apiognomonia. Su susino e pesco: max 3 interventi/anno con IBE o 4 per raccolte successive al 15/8. Su ciliegio: max 3 interventi/anno con IBE |
Fenbuconazolo | max 2 trattamenti/anno | |
Fludioxonil+ciprodinil | max 1 trattamenti/anno | |
Fenexamid | max 2 trattamenti/anno | |
Fluopyram | max 1 trattamento/anno | Tra Fluopyram, Fluxapyroxad, Penthiopyrad e Boscalid, max 3 trattamenti/anno |
Isofetamid | max 2 trattamenti/anno | |
Penthiopyrad | max 2 trattamenti/anno | |
Pyraclostrobin+boscalid | max 2 trattamenti/anno | |
Trifloxystrobin+tebuconazolo | max 2 trattamenti/anno | |
Fenpirazamine | max 2 trattamenti/anno | |
Bicarbonato di K | max 5 trattamenti/anno | |
B. amyloliquefaciens | max 6 trattamenti/anno | |
B. subtilis |
Monitoraggio del virus Sharka
Con il pesco in fioritura è il momento migliore per verificare la presenza di piante infette dal virus Sharka. I fiori screziati di colore più scuro sono sintomi caratteristici della malattia, che però è visibile solo sulle varietà a fiore rosaceo grande. Su quelle a fiore campanulaceo (piccolo) tale sintomo non si manifesta. Si consiglia di controllare l’aspetto dei fiori e in caso di presenza sospetta si consiglia di contattare subito il proprio tecnico di riferimento.