In Italia la crescente diffusione degli elateridi (larve di diversi coleotteri del genere Agriotes che vivono nel terreno) sta minando la sostenibilità economico-finanziaria della coltivazione della patata. Questo problema fitosanitario, ormai diffuso in tutti i principali poli produttivi italiani ed europei, rappresenta la maggiore criticità per la filiera poiché gli strumenti di contrasto attualmente disponibili non risultano efficaci.
È quanto emerso nel corso dell’Osservatorio economico della patata organizzato da Unapa a Roma con la partecipazione, oltre che della produzione organizzata, rappresentata dalle organizzazioni di produttori Aspropat, Copag, Copropa, Agripat, Patfrut, Ccorav, AMPP, Campania Patate, Ppas e Acli Racale, anche dei principali operatori nazionali aderenti a Fruitimprese come Pizzoli spa, Romagnoli spa, Ruggiero spa, Torti srl e Antonio Covone srl. Come è noto, l’obiettivo dell’Osservatorio è rafforzare il sistema agroindustriale della patata, condividendo informazioni e analizzando lo stato di salute del comparto a livello europeo e nazionale.
Campagna 2021-2022, danni non solo dagli elateridi
La campagna 2021-2022 ha mostrato in tutta Europa un diffuso decremento degli investimenti. In particolare i rincari di energia elettrica, carburanti e mezzi tecnici hanno prodotto un aumento dei costi di produzione del 30% rispetto alla precedente campagna.
Questa difficile situazione economica, unitamente alle difficoltà agronomiche legate alla sempre maggiore indisponibilità di efficaci mezzi di difesa contro gli elateridi, sta progressivamente indirizzando le aziende agricole verso altre colture, in particolare cereali e seminativi.
Al di là di questa tendenza, per le coltivazioni presenti in tutta Europa e in Italia le alte temperature, il clima siccitoso registrato dovunque e i sempre più diffusi danni da elateridi hanno determinato le rese produttive più basse di sempre.
Ulteriore calo di investimenti nella campagna 2022-2023
In quasi tutti gli areali pataticoli europei e italiani l’intensità del problema degli elateridi è talmente elevata che già le prime stime di semina per la prossima campagna 2022-2023 stanno delineando un ulteriore calo negli investimenti.
L’Osservatorio ha voluto rilanciare questo grido di allarme, che stagione dopo stagione si fa più disperato.
Perciò ha invitato le istituzioni, nazionali e comunitarie, a riconoscere lo stato di emergenza fitosanitaria, come avvenuto ad esempio per la Xylella fastidiosa o la cimice asiatica, per consentire al comparto di affrontarla con mezzi a carattere eccezionale.
Crisi economica penalizza le imprese di confezionamento
L’attuale congiuntura economica, ha rilevato l’Osservatorio, sta penalizzando duramente anche le imprese di confezionamento che devono confrontarsi con maggiori costi operativi, cioè di produzione, lavorazione, conservazione e logistica, che stanno comprimendo l’intera filiera, portando in negativo la marginalità a tutti i livelli e mettendo a rischio anche la tenuta dell’ampio indotto che ne deriva.
In questo scenario, al fine di salvaguardare la produzione nazionale e garantire sufficiente disponibilità di prodotto di qualità ai consumatori, appare indispensabile la costruzione di una responsabile sinergia con la distribuzione organizzata (Gdo e Do) orientata a una migliore redistribuzione del reddito alle imprese e alla produzione. L’assenza di valorizzazione della produzione nazionale ha infatti causato un progressivo decremento delle superfici investite a patata in Italia, arrivando agli attuali 33.000 ha.
Se non verrà interrotta tale spirale, nonostante gli sforzi compiuti dal comparto pataticolo per allinearsi agli standard sempre più esigenti della Gdo e dei consumatori, la coltivazione della patata in Italia progressivamente si esaurirà, come purtroppo viene evidenziato dal crescente numero di aziende agricole che stanno cessando la propria attività.
Qualora ciò avvenisse, il rischio principale è che per garantire il fabbisogno nazionale, che strutturalmente da tempo la produzione italiana non riesce a soddisfare, verrà fatto sempre più ricorso a prodotto di origine estera, anche quello di Paesi terzi con minori garanzie di tracciabilità e sicurezza alimentare per i consumatori italiani.