Più 50% di costi; meno 20-30% di resa. Sarebbe questo l'effetto di un'eventuale ingiustificata sospensione dell'autorizzazione all'utilizzo in Europa di glifosate, il diserbante più utilizzato non solo in agricoltura ma anche per gli usi civili. Un dato medio che deriva da un recente studio di Agri2000, società di servizi e ricerche specialista nel settore dell'agribusiness, che ha analizzato le motivazioni d’uso e il valore tecnico-economico di questa soluzione di diserbo per gli imprenditori agricoli italiani.
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La ricerca ha fotografato un campione composto - per oltre la metà (54%) - da imprenditori italiani con meno di 55 anni, impegnati full-time nella conduzione delle loro imprese agricole per la quasi totalità dei casi (95%) e che gestiscono direttamente le attività di diserbo. Sotto esame i produttori italiani di mais, soia, grano duro, pomacee e vite con intervistati provenienti da Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo, Puglia e Sicilia.
Nel caso dei seminativi la maggioranza degli agricoltori italiani (64%) ritiene il glifosate «importante/indispensabile» nella gestione delle infestanti, con un valore che sale al 75% nel caso dei maiscoltori. In mancanza di glifosate solamente il 20% ritiene che vi sia la possibilità di utilizzare prodotti disseccanti con la stessa efficacia, mentre per 8 agricoltori italiani su 10 non ci sono alternative chimiche percorribili.
Meno efficacia con l'alternativa meccanica
Per quanto riguarda le operazioni meccaniche, lo studio ha mostrato come queste siano ritenute un’alternativa al glifosate dall’80% del campione, anche se il 73% ritiene che siano meno efficaci nel contenimento delle infestanti. Riguardo alle rese, il 51% dei produttori di mais, grano e soia ritengono che vi sarebbe un impatto negativo in caso di eliminazione del glifosate, valutato pari a una perdita media per ettaro rispetto all’attuale produzione del 27%.
«La maggior parte degli intervistati - afferma Ciro Lazzarin, Responsabile Divisione Economica di Agri2000 -, soprattutto produttori di mais, ha confermato come il glifosate sia indispensabile per la gestione delle erbe infestanti e dunque per l’ottenimento di risultati produttivi soddisfacenti. La quasi totalità – 80% del campione – delle aziende agricole italiane con seminativi ritengono, infatti, che non vi siano soluzioni alternative in grado di ottenere la stessa efficacia”,
A giugno 2016 la Commissione Europea ha provveduto all’estensione provvisoria per 18 mesi dell’autorizzazione all’uso del glifosate, con alcune limitazioni e divieti, specificando che l’esame del rinnovo dell’uso della sostanza debba concludersi entro il 31 dicembre 2017.
Lo scorso 15 marzo il comitato per la valutazione dei rischi dell’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) ha classificato il glifosate come non cancerogeno, non mutageno, non tossico per la riproduzione e non genotossico, confermando le valutazioni già espresse da EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e da altri organismi scientifici internazionali quali BFR (Federal Institute for risk assessment), OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), PMRA (Pest Management Regulatory Agency, Canada). Nonostante tutte queste valutazioni positive resiste una certa pressione da parte di gruppi d'opinione che puntano a rivedere l'autorizzazione di questo erbicida.
I COSTI DEL DISERBO
Partendo dai dati forniti gli intervistati, Agri2000 ha realizzato un’analisi dell’impatto che avrebbe per l’azienda l’eliminazione del glifosate in termini di maggiori costi e di minori ricavi per ettaro, sempre suddivisi per tipo di coltura.
Riguardo ai costi, la maggioranza degli agricoltori italiani (l’86% degli intervistati) ritiene che vi sarebbe un aumento delle spese per ettaro, quantificato mediamente pari al 43%, nel caso di gestione convenzionale e pari al 54%, nel caso dell’agricoltura conservativa.
L’analisi ha preso in esame l’incremento costi stimato per le colture mais, grano duro e soia. Secondo lo studio un maiscoltore che gestisce il diserbo in agricoltura convenzionale dovrebbe sostenere un maggiore costo mediamente di 145 euro/ettaro (pari al valore di 7,6 quintalidi mais, considerando il prezzo medio degli ultimi 5 anni), valore che sale a 175 euro/ettaro nel caso di agricoltura conservativa (pari al valore di 9,2 quintali di mais). A tali costi si aggiungerebbe, in entrambi i casi, una perdita potenziale di 494 euro/ettaro derivante dal calo della resa, stimata dai produttori intervistati mediamente pari al 20%.
Per quanto riguarda i produttori di grano duro che gestiscono il diserbo in agricoltura convenzionale, si prevedono costi maggiori mediamente pari a 90 euro/ettaro (pari al valore di 3,1 quintali di grano considerando il prezzo medio degli ultimi 5 anni), valore che sale a 112,5 euro/ettaro nel caso di agricoltura conservativa (pari al valore di 3,9 quintali di grano). A tali costi si aggiungerebbe, in entrambi i casi, una perdita media potenziale di 399 euro/ettaro derivante dal calo della resa, stimata dai produttori intervistati mediamente pari al 30%.
Per un produttore di soia che gestisce il diserbo in agricoltura convenzionale, il maggiore costo sarebbe mediamente di 133 euro/ettaro (pari al valore di 3,5 quintali di soia, considerando il prezzo medio degli ultimi 5 anni), valore che sale a 167,5 euro/ettaro nel caso di agricoltura conservativa (pari al valore di 4,4 quintali di soia). A tali costi si aggiungerebbe, in entrambi i casi, una perdita media potenziale di 416 euro/ettaro derivante dal calo della resa, stimata dai produttori intervistati mediamente pari al 27%.
Viticoltura idem
Un capitolo a parte è stato dedicato alla valutazione della gestione del diserbo sotto fila dei vigneti, in cui il glifosate è utilizzato nel 100% dei casi intervistati. La quasi totalità del campione (96%) ritiene che l’eliminazione dell’uso di questa sostanza dai disciplinari e la conseguente impossibilità di utilizzarlo, comporterebbe un aumento dei costi mediamente del 177%.
Anche in questo caso, in considerazione dei dati raccolti, Agri2000 ha definito i maggiori costi per la gestione delle infestanti sulla fila nei vigneti. «Il viticoltore - dice Lazzarin - che si trovasse ad operare in assenza di glifosate, avrebbe un aumento di circa 125€/ha utilizzando altri diserbanti chimici e di circa 263€/ha in caso di passaggio al diserbo completamente meccanico. Abbiamo ottenuto questi valori considerando un tempo di distribuzione del diserbo chimico di 75 minuti/ettaro, nonché i costi connessi alla gestione dei mezzi meccanici, il costo del gasolio e quello della manodopera, anche quando le attività sono svolte dall’imprenditore»
Lo Studio “Motivazione d’uso e valore tecnico-economico del glifosate” deriva da un' indagine telefonica su un campione rappresentativo di 350 agricoltori italiani, svolto da Agri2000 nell'aprile 2017. Le colture analizzate: Mais 100 interviste, Soia 50, Grano duro 100, Vite 50, Pomacee 50. Le Regioni italiane analizzate: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli, Marche, Abruzzo, Puglia, Sicilia.
Agri 2000 è una società di servizi e ricerche nata nel 1985 da un gruppo di laureati in scienze agrarie. Grazie a 3 divisioni operative e con un approccio specialistico e multidisciplinare, Agri2000 offre soluzioni per la crescita competitiva del settore agroalimentare e la gestione del verde urbano. Con l’apertura di sedi in Grecia, Spagna e Francia, Agri 2000 opera direttamente in tutti i principali sistemi agroalimentari del Sud Europa.