La mosca dell’olivo (Bactrocera oleae) è un dittero Tefritide infeudato all’olivo di origine pan-mediterranea (Sud Europa, Nord Africa, e Medio Oriente fino all’India) che oggi si è diffuso anche nelle isole Canarie, in Eritrea, in Sud Africa, in Medio Oriente e, più di recente, anche in California.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Preferisce il caldo
La mosca dell’olivo è presente in tutte le aree di coltivazione ed è la specie chiave per la difesa di questa coltura anche negli areali più settentrionali. La presenza dell’insetto e la sua potenziale pericolosità diminuiscono progressivamente spostandosi verso gli areali più settentrionali di coltivazione dell’olivo, poiché la sua sopravvivenza da un anno all’altro può essere facilmente ostacolata dalle basse temperature invernali.
Tuttavia, a causa dei cambiamenti climatici in atto che determinano inverni sempre più miti, la pericolosità della mosca olearia è diventata più consistente anche nell’Italia settentrionale. Gli oliveti più soggetti agli attacchi di questo dittero sono quelli situati sui versanti più caldi ed esposti a sud-sudovest dove le forme svernanti sopravvivino più facilmente ai freddi invernali e dove le drupe sono più precoci nello sviluppo e pertanto più anticipatamente ricettive alle ovideposizioni.
Come si comporta al Nord
Nelle aree di coltivazione dell’olivo settentrionali, la mosca compie solo due o tre generazioni annuali di cui le prime due complete che frequentemente si sovrappongono fra loro mentre l’ultima termina l’anno seguente. La mosca dell’olivo sverna prevalentemente allo stadio di pupa nel terreno o nelle olive rimaste sulle piante.
Lo sfarfallamento degli adulti avviene a marzo/aprile quando le temperature si mantengono sopra ai 12-15 °C. Gli adulti si nutrono di materiali zuccherini, proteici e del succo che fuoriesce dalle olive in seguito alle punture da ovideposizione. La femmina inizia a deporre le uova sulle olive quando queste si trovano nella fase di indurimento del nocciolo. Arrivata sulla drupa, pratica una fessura trasversale sull’epidermide con cui introduce l’uovo a poca profondità nella polpa dell’oliva. La puntura risulta ben evidente e ha l’aspetto di una piccola macchiolina scura, più o meno triangolare. La femmina può deporre circa 200-300 uova distribuendo quasi sempre un solo uovo per ogni drupa ed è in grado di riconoscere il frutto già occupato da una precedente deposizione. Le giovani larve fuoriescono dopo circa tre giorni e iniziano a nutrirsi della polpa dell’oliva nella quale scavano lunghe e tortuose gallerie che si sviluppano prima in superficie e poi in profondità e vicino al nocciolo. Le larve completano il loro sviluppo nel periodo estivo, passando attraverso tre stadi di sviluppo al termine dei quali si impupano nell’oliva preparando un foro ben evidente per la fuoriuscita dell’adulto. In autunno le larve possono anche uscire e impuparsi nel terreno dove passeranno l’inverno.
Gli effetti delle temperature
Il ciclo biologico della mosca dell’olivo è influenzato dell’andamento climatico generale dell’area e la presenza delle infestazioni si presenta spesso diversa da zona a zona, in relazione alla latitudine, all’altitudine e alla esposizione di ogni singolo appezzamento. L’intensità degli attacchi del dittero è inoltre diversa da un anno all’altro, in funzione dell’andamento climatico complessivo dell’annata e dell’anno precedente. Tutti gli stadi di sviluppo della mosca dipendono dalla temperatura atmosferica.
Gli sfarfallamenti degli adulti, ad esempio, iniziano a 12- 15°C mentre per lo sviluppo dell’uovo e delle giovani larve la temperatura minima è di 9-11 °C e la temperatura massima è di 31-33 °C. Temperature superiori a 31 °C, registrate per più ore durante la giornata e per più giorni consecutivi, producono una riduzione numerica della popolazione, il blocco dell’attività riproduttiva degli adulti e la morte delle uova e delle larve.
Le basse temperature che talvolta si verificano nel periodo fra fine settembreottobre costringono le larve dell’ultima generazione a ridurre il tempo di permanenza sulla superficie delle drupe e a portarsi rapidamente in profondità nella polpa. Le larve, in questa condizione, sono difficilmente raggiungibili da qualsiasi intervento chimico che, effettuato in questa fase, risulta tardivo e completamente inutile.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita