Olivo, trattare la tignola prima dell’indurimento del nocciolo

quando trattare la tignola
Nido di tignola, generazione antofaga
Dopo questa fase il trattamento non è più efficace perché i larvicidi, anche se dotati di forte attività citotropica, non riescono più a raggiungere la larva che si nutre del seme protetta dai tegumenti lignificati del nocciolo.

La tignola dell’olivo (Prays oleae) è un insetto diffuso in tutte le aree italiane di coltivazione dell’olivo e ritenuto un fitofago da dover controllare con attenzione per i danni diretti che può arrecare alla produzione. Non sempre, però, gli interventi insetticidi sono necessari e comunque per essere efficaci vanno eseguiti in fasi fenologiche specifiche e solo su una delle generazioni dell’insetto.

La generazione carpofaga

Prays oleae è un lepidottero che ha tre generazioni all’anno, caratterizzate da larve che si nutrono esclusivamente di alcune parti della pianta.

La prima generazione larvale compare in primavera e si nutre prevalentemente dei fiori (generazione antofaga) con danni solitamente trascurabili considerando che solo una piccola parte dei fiori allegherà e darà origine ad un’olivina. Le larve mature si incrisalidano in un “nido” facilmente riconoscibile per la presenza di residui fiorali disseccati tenuti insieme da fili sericei.

Gli adulti che ne derivano depongono le uova direttamente sulle olivine dando origine alla seconda generazione (carpofaga) larvale che si nutre dei frutti e che è quella che eventualmente va controllata con trattamenti insetticidi. Alla schiusa le larvette penetrano spesso direttamente dall’uovo nella drupa e seguendo i fasci vascolari raggiungono il seme attraversando il nocciolo non ancora indurito. Queste larve completano il ciclo nella drupa e, raggiunta la maturità, fuoriescono dal peduncolo, recidendolo e provocando il distacco del frutto.

Gli adulti della generazione antofaga daranno origine, in autunno, alla generazione fillofaga, le cui larve si nutrono prevalentemente di foglie e che svernano come larve mature per poi incrisalidarsi in primavera e riprendere il ciclo.

Olive con foro di uscita della larva di tignola

Quando trattare la tignola dell’olivo

Dalla descrizione della biologia e del ciclo di P. oleae, è evidente che l’eventuale intervento insetticida contro la tignola dell’olivo va posizionato prima del raggiungimento della fase fenologica di “indurimento nocciolo. Dopo questa fase, infatti, il trattamento non è più efficace perché i prodotti larvicidi, anche se dotati di forte attività citotropica, non riescono più a raggiungere la larva che si nutre del seme protetta dai tegumenti lignificati del nocciolo.

Per valutare l’opportunità del trattamento e per il suo corretto posizionamento, sono utili le trappole a feromoni installate con anticipo, in modo da individuare l’inizio del volo dell’insetto e stabilire il picco di presenza degli adulti che daranno vita alla generazione carpofaga, responsabile della cascola delle drupe infestate.

Non sempre il trattamento è economicamente conveniente. Infatti, considerando l’abbondantissima cascola fisiologica dell’olivo, intervenire contro la tignola può essere antieconomico, soprattutto in oliveti in annata “di carica”.

È raccomandabile, pertanto, un campionamento delle olivine per valutare l’entità dell’infestazione. Soglie prudenziali sono del 10-15% di infestazione per le cultivar da olio e del 2-3% per le cultivar da mensa. Il trattamento andrà effettuato alla fine del picco di volo, prima dell’indurimento del nocciolo, ricorrendo al Bacillus thuringiensis (unico prodotto biologico registrato ma attivo sulle larve solo prima che queste penetrino nella drupa), allo spinetoram o all’acetamiprid preferendo i più citotropici registrati sulla coltura, in grado di raggiungere le larve già penetrate nella polpa.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita n. 20/2023

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Olivo, trattare la tignola prima dell’indurimento del nocciolo - Ultima modifica: 2023-06-27T21:30:00+02:00 da K4

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