Scattano una dopo l’altra le scadenze del Pan (Piano di azione nazionale), si accumulano i ritardi italiani. L’ultimo corposo appuntamento (tradito) è quello del 26 novembre scorso. In quella data è infatti scattato l’obbligo del certificato di abilitazione per gli acquisti di agrofarmaci da parte degli utilizzatori professionali. La contestuale presenza al momento dell’acquisto, di una persona, titolare o dipendente, in possesso del relativo certificato di abilitazione alla vendita. A partire dalla stessa data ha fatto il suo esordio nell’agricoltura italiana la figura del consulente all’impiego di prodotti fitosanitari, naturalmente in possesso di uno specifico certificato di abilitazione. Va detto subito che i certificati rilasciati finora sono molto pochi, soprattutto per la figura del consulente. L’istituzione del sistema di formazione e di rilascio doveva infatti essere previsto entro il 26 novembre 2013, ma molte Regioni si sono mosse tardi. Le meno tempestive hanno fissato solo a fine 2015 i criteri per la tenuta dei corsi (numero di ore, personale abilitato) e rilascio delle abilitazioni (figure professionali autorizzate a partecipare alle commissioni di valutazione).
Quale ruolo?
La figura del consulente continua così ad essere incompiuta. La sua presenza non è necessaria né al momento dell’acquisto né in quella dell’utilizzo (in Francia è stata invece prevista la possibilità di emanare prescrizioni). In alcune regioni il ricorso al consulente è obbligatorio per le aziende che vogliano accedere a misure finanziate, come quella della produzione integrata di livello volontario (ma la scarsità dei fondi a disposizione per questa misura vanifica in parte questo intento).
Le tesi di Conaf
Sulla natura della figura del consulente (e sul mancato riconoscimento del ruolo della formazione universitaria e professionale) si erano poi incentrate le critiche di molte associazioni di riferimento. Critiche che hanno recentemente prodotto un riscontro rilevante. Il Consiglio di Stato ha infatti recentemente accolto le tesi del ricorso presentato da Conaf e Federazioni regionali dei dottori agronomi e dottori forestali contro il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali sull’adozione del Piano di azione nazionale (Pan) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari in attuazione della direttiva 2009/128/Ce ai fini dell’utilizzo dei pesticidi. Lo stabilisce l’ordinanza del 22 dicembre del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza). «Adesso – commenta Andrea Sisti presidente Conaf – il Tar del Lazio e del Friuli Venezia Giulia dovranno esprimersi sulla base di precise indicazioni. Il testo dell’Ordinanza oltre ad accogliere le prospettate violazioni costituzionali – spiega Sisti –, evidenzia in concreto le palesi violazioni delle disposizioni regionali».
Concorrenza e qualificazione
«Siamo consapevoli – aggiungono Enrico Antignati e Cosimo Coretti, consiglieri Conaf – della nostra posizione di trasparenza e terzietà dei professionisti agronomi». Consiglieri che evidenziano un passaggio fondamentale dell’Ordinanza del Consiglio di Stato: “…Quanto al paventato accesso all’esercizio dell’attività di consulente per l’uso dei prodotti fitosanitari di soggetti con competenze non adeguatamente accertate – si legge nell’ordinanza -, che secondo l’appellante altererebbe la concorrenza professionale, determinando rischi per l’ambiente e per la salute, tale effetto appare allo stato ipotetico, e potrà essere lamentato con riferimento ai provvedimenti con cui Regioni e Province autonome hanno attuato la disciplina statale oggetto di impugnazione, in quanto si ritenga che definiscano contenuti e modalità di qualificazione tecnico-professionali in concreto inadeguati. Ritenuto, pertanto, che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte mediante la sollecitazione della fissazione in primo grado dell’udienza per l’esame del ricorso nel merito…”. «Un passaggio – concludono Antignati e Coretti – che tende a confermare la validità dei contenuti presentati dagli Agronomi nel ricorso».