La patologia chiamata “Tristeza” degli agrumi, causata dal Citrus tristeza virus (Ctv), ha causato la morte di oltre 100 milioni di piante di agrumi innestate su arancio amaro tra Sudamerica, Stati Uniti, Spagna, Israele, Cipro e altre aree agrumicole.
In Italia - a parte alcune segnalazioni risalenti agli anni ’60 relative a poche piante prontamente eliminate sia in Sicilia sia in Calabria - la patologia non ha rappresentato un pericolo fino alla fine degli anni ’90.
La prima vera segnalazione importante, infatti, è del 2001, anno in cui la presenza del virus è stata individuata quasi in contemporanea in Puglia e in Sicilia. In particolare, i primi importanti focolai, con presenza di infezione in percentuali differenti, sono stati rinvenuti nelle zone di Massafra (Taranto) e di Belpasso (Catania): in Puglia non inferiori al 30% e in Sicilia sotto il 20%.
Dopo le prime segnalazioni, il problema si è manifestato in modo continuo in altre aree, prima nel Siracusano su mandarino-simili, poi ancora nella provincia di Catania e, nel corso di oltre 15 anni di monitoraggio, praticamente in tutte le aree agrumicole siciliane.
In Calabria le segnalazioni di infezione da Citrus tristeza virus sono più recenti (sembra risalgano al 2006) e partono dalla zona di Rosarno (Reggio Calabria). Anche in questa regione, però, nel tempo, si è registrata una importante diffusione che, in maniera curiosa ha interessato uno dei primi focolai risalente agli anni ’60 nella zona di San Ferdinando.
Il monitoraggio del Ctv
Dopo anni di monitoraggio e ricerca, in Sicilia c’è ancora ampia diffusione di tre isolati di Ctv, nello specifico: il Ctv-Ds1 (blando), il Ctv-Ds2 (virulento), il Ctv-Ds5 (blando) oltre l’ingresso di un isolato Ctv-Ds6 individuato in altra regione e sempre blando.
Complessa risulta, invece, la situazione in Puglia e in Calabria dove sono stati individuati molti isolati, tra cui alcuni virulenti. In queste regioni è stata rilevata una cospicua differenza di isolati, distanti geneticamente e con virulenza variabile.
Lo stato dell’arte in Sicilia e in Calabria
Per quanto riguarda la Sicilia, regione in cui si è operato costantemente dal 2001, il virus è ormai diffuso in tutte le aree agrumicole; gli ultimi rilievi riguardano la costa messinese a Nord e quella trapanese a Sud, essendo il Ctv presente da anni nelle provincie di Catania, Siracusa, Ragusa, Enna e Palermo. Di fatto oggi resta esente dal virus la sola provincia di Caltanissetta nella quale, d’altro canto, esiste una agrumicoltura di scarso rilievo e piuttosto datata.
Tralasciando l’isolato individuato in Puglia e altre segnalazioni e caratterizzazioni meno recenti, oggi la regione in cui la manifestazione di Ctv appare più evidente e con una notevole diffusione di differenti isolati è la Calabria. Recenti lavori indicano ben 18 isolati severi e 12 blandi, con notevoli differenze genetiche rispetto agli isolati siciliani.
Degli isolati severi, poi, si sa che clusterizzano (analisi per il gene p20) con isolati di aree come India, Egitto e Argentina, mentre l’isolato Ctv-Ds2 è vicino a isolati di altre aree quali Brasile, Spagna, Stati Uniti e Cina.
Questo suggerisce una introduzione molto diversa degli isolati severi tra Sicilia e Calabria mentre la loro rapida differenziazione in Calabria indica una elevata velocità di diffusione, come pure la limitata differenza a livello di nucleotidi (0,002).
Effetti del Ctv sull'agrumicoltura italiana
Quale impatto ha la patologia sulla agrumicoltura italiana? Un impatto immenso, anche in considerazione di alcuni gravi errori nella prima fase di riconversione su materiale tollerante Ctv. Nei primi anni di riconversione su portinnesti tolleranti Ctv c’è stato un largo utilizzo di Citrange e Citrumelo, ma si sono subito evidenziati dei punti critici. Mentre l’arancio amaro è suscettibile a Ctv, infatti, il gruppo dei Citrange, il più utilizzato nella riconversione, risulta sensibile a varie patologie causate da viroidi e funghi, in particolare Exocortite (CEVd), Cachexia (HSVd) e Dryrot causato da funghi del genere Fusarium. Tutte queste patologie si sono manifestate in tempi brevi e hanno comportato perdite, nella riconversione, a volte superiori al 30% delle nuove piante.
Gli errori da non ripetere
Il motivo di queste patologie così evidenti va ricercato in alcuni comportamenti non corretti nella preparazione delle nuove piante, partendo dal presupposto che sia i viroidi sia il fungo sono presenti nei vecchi impianti in percentuali piuttosto alte, come dimostrano lavori di monitoraggio eseguiti per anni dal nostro centro.
In primo luogo, l’abitudine di utilizzare il proprio materiale di propagazione su nuovi portinnesti, con la errata convinzione che il Ctv fosse il problema principale, senza controllare la presenza di viroidi, cui i nuovi portinnesti sono sensibili. Tutto ciò, unito a scarsa conoscenza delle patologie quali Exocortite e Cachexia anche da parte di operatori specializzati, ha permesso per alcuni anni la diffusione di piante infette, destinate a declino rapido in campo.
Ulteriore aggravante è stata la riconversione parziale: se, ad esempio, per ragioni economiche veniva riconvertita solo una parte dell’agrumeto, le piante rimaste su arancio amaro continuavano a diffondere il passaggio dei viroidi (ad esempio tramite gli attrezzi da potatura). Insomma, anche chi aveva ricevuto piante sane ha purtroppo diffuso i viroidi presenti nella parte non riconvertita del proprio impianto. Per la fusariosi (o Drr) il discorso è leggermente diverso.
La prima produzione di portinnesti tolleranti Ctv è stata rapida e di ampie dimensioni, senza considerare le esigenze del portinnesto nuovo e la sua sensibilità a funghi ben precisi. Studi effettuati in vivaio hanno infatti evidenziato una notevole presenza di inoculo di Fusarium e la conseguente diffusione in campo a seguito dell’impianto di piante destinate a rapido declino e inutili dal punto di vista produttivo.
Tutto questo si traduce in un solo concetto fondamentale, mancata osservanza puntiforme delle norme relative alla produzione di materiale certificato.
Le norme relative alla coltivazione, moltiplicazione e commercializzazione di piante di agrumi sono di fatto esaurienti, il Programma di certificazione volontaria nazionale degli agrumi e le successive norme europee e nazionali impongono controlli molto seri. Purtroppo, però, l’abitudine creata da decenni di coltivazione di agrumi su arancio amaro ha probabilmente fatto sottovalutare la pericolosità di tutti i viroidi presenti negli agrumeti commerciali, il che ha portato a un ulteriore rallentamento della produzione.
Quali dati abbiamo sulla perdita di produzione in Italia? Il più concreto sembra essere il report 2017 dell’Usda, il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti, che parla di una perdita vicina alle 800mila tonnellate, dovuta sia alle avverse condizioni meteo sia ai patogeni.