L’inchiesta sulla Xylella, avviata nel 2015 dalla Procura di Lecce, si è conclusa, dopo quattro anni di indagini, con l’archiviazione della posizione dei dieci indagati: Giuseppe Silletti, generale dei carabinieri forestali, nelle vesti di commissario incaricato di affrontare l’emergenza dovuta alla diffusione del batterio; Antonio Guario, già dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale di Bari; Giuseppe D’Onghia, dirigente del Settore agricoltura della Regione Puglia; Silvio Schito, dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale; Giuseppe Blasi, capo Dipartimento delle politiche europee e internazionali dello sviluppo rurale; Vito Nicola Savino, docente dell’Università di Bari e direttore del Crsfa “Basile Caramia” di Locorotondo; Franco Nigro, docente dell’Università di Bari; Donato Boscia, ricercatore del Cnr di Bari; Maria Saponari, ricercatrice del Cnr di Bari; Franco Valentini, ricercatore del Ciheam-Iamb di Bari. L’accusa, per gli indagati, era di introduzione in Puglia del batterio Xylella fastidiosa, agente patogeno del Complesso del disseccamento rapido dell’olivo, e in particolare di diffusione colposa di malattia delle piante, inquinamento ambientale, falso materiale e ideologico in atti pubblici, getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali.
“Complotto criminale”: le tesi della Procura nel 2015
A supporto delle sue tesi, la Procura sosteneva che dietro la diffusione del batterio ci fosse un vero e proprio complotto criminale, volto a favorire alcune multinazionali che avrebbero potuto così vendere piante e metodi per il contenimento del batterio.
Nello stesso tempo le carte dell’indagine sostenevano che non era la Xylella la causa del Co.Di.R.O.! Risultati immediati di quell’inchiesta furono (oltre al fiato ridato ai negazionisti e complottisti che tanto hanno ostacolato la lotta scientifica al batterio) la caccia alle streghe scatenata contro gli scienziati e il sequestro del cosiddetto Piano Silletti, il piano di abbattimento degli olivi infetti per contenere il propagarsi dell’infezione. Subito tutte le forze politiche decisero di sposare in pieno la tesi della Procura (fra i primi il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano), salvo poi lamentarsi – quando il batterio è avanzato verso il nord della Puglia – che si era perso troppo tempo.
Non esiste nesso causale fra le condotte e l’evento
Ora nel decreto di archiviazione emesso dal Gip di Lecce Alcide Maritati – lo stesso che nel 2015 aveva convalidato il provvedimento di sequestro preventivo degli olivi firmato dall’allora procuratore capo Cataldo Motta e dai sostituti Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci – si legge che le prove raccolte in questi quattro anni “non appaiono sufficienti e comunque idonee a dimostrare la sussistenza del nesso causale tra le condotte accertate e l’evento del delitto colposo di inquinamento ambientale”. Insomma non ci sono prove a sostegno della tesi secondo la quale la Xylella sarebbe stata importata in Puglia dagli indagati.
L’inchiesta si sposta a Bari
Tuttavia la Procura batte il suo colpo di coda. Parla di "accertamenti risultati particolarmente complessi e ritardati dalle reticenze, omertà e falsità anche documentali registratesi nel corso dell’attività investigativa". Ma anche di "reati di falso ascrivibili agli indagati e/o agli enti e organismi da loro rappresentati". Per tali reati l’indagine passa alla Procura di Bari: si tratta, in particolare, di ipotesi di reato di falso ravvisate negli atti acquisiti al Ciheam-Iamb e nelle comunicazioni arrivate dall’Osservatorio fitosanitario a ottobre 2013. Si tratta, per queste ultime, delle comunicazioni nelle quali si è dato ufficialmente atto del rinvenimento, per la prima volta in Italia, di Xylella. Invece per i Pm salentini tale rinvenimento risale a diversi anni prima. E al riguardo riportano le dichiarazioni di un addetto ai lavori sentito nel corso delle indagini. Si tratta di Antonio Manca, ispettore fitosanitario della Regione, in servizio nella provincia di Brindisi, il quale ha sostenuto, fra l’altro, che ne parlò prima di ottobre 2013 Antonio Guario, in uno dei corsi di aggiornamento tenuto nelle vesti di dirigente dell’Osservatorio.
La smentita di Antonio Guario
Alle dichiarazioni di Manca e ai rilievi dei Pm Guario replica con la seguente nota firmata.
"Con riferimento alle notizie di stampa pubblicate a margine dell’archiviazione da parte del Gip presso il Tribunale di Lecce, delle indagini sulla vicenda Xylella, va rettificato, ai sensi della vigente legge sulla stampa, quanto affermato dall’Ispettore Manca e come riportato del Decreto dei PM:
- Manca è diventato ispettore solo nel 2010 (ndr del “Il Quotidiano di Puglia–Lecce dell’8/5/2019 riportato dall’ex Dirigente Silvio Schito) e non come dichiarato dal 2004;
- nel 2004/2005 l’Osservatorio non disponeva, e non ne dispone ancora oggi, di strumentazione o reagenti diagnostici in grado di identificare il batterio Xylella (il cui isolamento e la cui identificazione sono stati, anche dopo il 2013, di difficile ottenimento da parte di centri specializzati di ricerca);
- da quel tempo fino alla Comunicazione del 15 Ottobre 2013 da parte del Cnr sul ritrovamento della Xylella, nessun Servizio fitosanitario regionale o nazionale ha mai chiesto di ricercare la Xylella o ha ricevuto comunicazioni su di esso;
- in California pur essendo nota la presenza di Xylella su diverse colture (vite in modo particolare) l’unica foto riscontrabile di olivo con disseccamenti associati alla presenza del batterio risale al 2010, pertanto risulta non credibile che nel 2004 – 2005, Guario e altri potessero parlare di Xylella su tale coltura;
- le dichiarazioni che i focolai erano su Gallipoli e Alezio e che era probabile la provenienza dalla Costa Rica sono state fatte solo a seguito della prima segnalazione del 15 ottobre 2013 (notizie ben diffuse su tutti i giornali oltre ad atti ufficiali) e dopo che era stato effettuato ad inizio 2014 (da parte del Cnr di Bari) la prima caratterizzazione genetica con deposito delle sequenze parziali del genoma su una banca dati internazionale delle sequenze, gestita da un Centro specializzato in California che ha rilevato la corrispondenza di un genotipo identico in Costa Rica (ST53). L’assegnazione del genotipo del codice ST53 risale, infatti, ai primi mesi del 2014, per cui tale informazione non poteva essere assolutamente nota prima di quella data;
- l’Ispettore Manca dichiara di essere stato incaricato da 7/8 anni a seguire la Xylella. Dichiarazione non vera perché il batterio è stato identificato solo ad ottobre 2013 in provincia di Lecce. E’ pertanto da escludersi che prima di quell’epoca potessero essere stati protocollati incarichi ufficiali ad alcun Ispettore e non si comprende perché 2-3 anni prima l’Osservatorio doveva incaricare Manca per un parassita da quarantena di cui non si aveva alcun sospetto o segnalazione ufficiale;
- non è rispondente a verità che il corso del 2013 sia stato impostato sulla Xylella, in quanto nessuna delle relazioni presentate riportavano indicazioni o spunti di discussione sulla Xylella, come per altro risulta confermato da altri Ispettori e riportato nel provvedimento di archiviazione".