Alcuni caseifici pugliesi non starebbero riconoscendo agli allevatori il giusto pagamento del prezzo del latte bovino alla stalla per i mesi di marzo e aprile 2020, nonostante le chiare indicazioni della legge regionale n. 13/2020 recante “Misure straordinarie di sostegno al settore lattiero-caseario”. Con tale legge la Regione, in considerazione dell’emergenza Covid-19, aveva adottato misure straordinarie di sostegno alle attività produttive, ubicate sul territorio regionale, del settore lattiero-caseario. Per i vertici pugliesi di Confagricoltura e Copagri il comportamento di tali caseifici costituisce oggi «una grave scorrettezza che viola i dettami della legge regionale n. 13/2020 e i cui risvolti necessitano di attenti approfondimenti».
Prezzo latte, in fatture a saldo da 2 a 4 centesimi in meno
I casi, a quanto pare registrati in tutto il territorio pugliese, sono parecchi. «Produttori nostri associati – spiega Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Puglia, – ci hanno riferito che diversi caseifici hanno fatto loro richiesta di fatture a saldo per il conferimento del latte di marzo e aprile 2020 per soli due centesimi al litro rispetto al prezzo di febbraio 2020, non pagando quindi dai due ai quattro centesimi al litro, nonostante gli accordi e la legge regionale 13/2020 prevedano tutt’altro».
Urgente l’intervento dell’assessore Pentassuglia
«Se la scorrettezza di un comportamento di questo genere dovesse essere confermata – prosegue Tommaso Battista, presidente di Copagri Puglia, – diventa urgente l’intervento dell’assessore regionale all’Agricoltura Donato Pentassuglia e la convocazione del tavolo».
L’antefatto legato al Coronavirus
La legge regionale 13/2020 aveva stanziato due milioni di euro per sostenere sia gli allevatori, che hanno dovuto ridurre la produzione di latte di circa il 20% e hanno subito una diminuzione del prezzo del latte alla stalla pagato a marzo e aprile dai caseifici, sia i trasformatori, ma con indicazioni ben precise.
Infatti all’art. 2 “Misure straordinarie per gli allevatori”, comma 1, così dispone: “La Regione eroga in favore degli allevatori con sede in Puglia, a compensazione del danno derivante dal calo del fatturato per effetto dell’emergenza Covid-19, un aiuto a fondo perduto calcolato in base alla consistenza dei capi grossi presenti in allevamento alla data del 29 febbraio 2020”.
In seguito, all’art. 3 “Misure straordinarie per i caseifici”, comma 6, recita: “La Regione eroga un aiuto a fondo perduto in favore dei trasformatori con sede in Puglia che ritirano il latte pugliese, sulla base dei prezzi praticati sino a febbraio 2020, esclusivamente dagli allevatori con attività ubicate sul territorio regionale”.
Aiuto ai caseifici ben circoscritto
In pratica l’aiuto veniva riconosciuto solo ai caseifici che si impegnassero a pagare poi agli allevatori il latte bovino ritirato a marzo e ad aprile allo stesso prezzo pagato alla stalla fino a febbraio, cioè prima dell’emergenza Covid-19. Ma adesso, secondo la denuncia di Confagricoltura e Copagri, alcuni caseifici, pur avendo incassato l’aiuto, non avrebbero pagato la giusta differenza fra acconto e saldo per i mesi di marzo e aprile, limitandosi a pagare solo due centesimi in più al litro e non anche gli altri 2-4 centesimi necessari per pareggiare il prezzo al livello di quello pagato fino a febbraio.
Lazzàro e Battista: «La crisi dei trasformatori è gonfiata»
Peraltro, aggiungono Lazzàro e Battista, «la legge regionale affonda le sue radici in un’altra denuncia degli allevatori, i quali a marzo del 2020 si erano visti tagliati drasticamente i pagamenti da parte di molti caseifici pugliesi. I trasformatori avevano motivato il taglio con gli effetti della crisi Coronavirus. Una giustificazione inaccettabile per gli allevatori, perché se è vero che nel periodo del lockdown c’è stato un calo di richieste di prodotti caseari da parte del circuito HoReCa, c’è stata contestualmente un’impennata di richieste provenienti dalla grande distribuzione, settore che ha registrato in quel periodo un aumento delle vendite di prodotti caseari freschi di quasi il 50%».