Dal Rapporto 2013 dell’Istat risulta che le aziende agricole estese sul territorio nazionale ammontano a circa 1,5 milioni, con una Sau pari a oltre 12,4 milioni di ettari. La Sau non gestita direttamente rappresenta il 42,1% della Sau totale. Un dato rilevante che conferma la situazione strutturale dell’affitto in Italia, emersa già dal Censimento generale dell’agricoltura del 2010.
Nel 2010 l’affitto, con circa 4,9 milioni di ettari, rappresentava il 38,2% della Sau totale. Prendendo in esame i dati del Censimento del 2000 si vede che la Sau in affitto in tredici anni è aumentata di oltre il 70%, passando da 3 milioni di ettari a 5,2 milioni. Cresciuta anche, contemporaneamente, la superficie media aziendale da 5,5 ettari a 8,4 ettari. Fuori da questa ultima stima Lombardia e Piemonte. In queste due Regioni, la dimensione media aziendale è di 19 ettari per la Lombardia e 16 ettari per il Piemonte, e la Sau in affitto è ampiamente superiore a quella della proprietà diretto coltivatrice.
Questa situazione disegna un quadro chiaro: l’affitto in agricoltura in Italia è in continua crescita, e si conferma tema centrale da affrontare su più fronti (compreso quello legislativo) per il bene della nostra competitività agricola. Con questa consapevolezza, la Federazione Nazionale della Proprietà Fondiaria ha chiamato a raccolta dirigenti e soci presenti sul territorio nazionale con il Convegno: “L’affitto punto di incontro tra proprietà e impresa per lo sviluppo dell’agricoltura”, tenutosi a Roma presso la sede di Confagricoltura. Dalle varie relazioni, che hanno toccato il tema del contratto dell’affitto agrario sotto i vari aspetti economici, giuridici, fiscali e storici, è emerso un punto chiave: le norme, soprattutto fiscali, hanno l’effetto di disincentivare l’affittanza agraria penalizzando i proprietari concedenti la terra in affitto rispetto alla proprietà diretto coltivatrice.
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