Sfruttavano richiedenti asilo pakistani e bengalesi ospiti del centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Piombino costringendoli a lavorare in aziende agricole delle province di Livorno e Grosseto con turni che potevano arrivare a dieci ore al giorno e paghe da fame. Per questo sono finiti in carcere con l'accusa di caporalato dieci cittadini originari del Pakistan d'età compresa fra 30 e 56 anni residenti nelle province di Siena e Grosseto. Sei di loro sono titolari di ditte individuali, altri quattro sarebbero coinvolti nel reclutamento dei lavoratori.
Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro l'accusa contestata a vario titolo e in concorso. L'ordinanza è stata eseguita per tutti tranne che per un indagato che si troverebbe all'estero e per il quale è stata avviata la procedura per eseguire fuori dall'Italia l'arresto. L'indagine, coordinata dalla procura di Livorno, è partita da un controllo dei carabinieri insospettiti da un anomalo viavai di persone in ingresso e uscita dal Cas "Le Caravelle" di Piombino.
Paghe inferiori all'euro l'ora
Sfruttando lo stato di bisogno degli ospiti del Cas, almeno 67 stranieri erano impiegati nella raccolta di olive, ortaggi, uva e nella pulizia di vigneti con turni anche di oltre dieci ore giornaliere, che si protraevano dalle prime luci dell'alba fino al tardo pomeriggio senza idonee pause e conretribuzioni inferiori rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi, senza versamento di contributi, oltre che in palese violazione delle normative in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, sui riposi e sulle ferie.
I militari hanno accertato che la contribuzione oraria poteva variare tra i 3 e i 9 euro circa. In un caso addirittura era inferiore all'euro per sessanta minuti lavorati. Paghe che tra l'altro erano corrisposte anche con oltre tre mesi di ritardo e in alcuni casi neanche date. Constatato dai carabinieri anche il mancato versamento di oneri previdenziali e assistenziali per oltre 45.000 euro.
Un tanto al braccio
L'intera operazione anti caporalato denominata "Piedi Scalzi" si è articolata attraverso servizi di osservazione, controllo e pedinamento, intercettazioni telefoniche e ambientali, acquisizione di documenti attestanti le prestazioni lavorative effettivamente svolte e risultate totalmente difformi da quanto desumibile dalla documentazione amministrativa di sei ditte individuali fornitrici di lavori e servizi nel settore agricolo riconducibili ad altrettanti arrestati.
Inoltre, l'inchiesta ha ricostruito il modus operandi relativo all'individuazione, al trasporto, all'impiego ed al controllo delle vittime in aziende agricole nelle province di Livorno e Grosseto, e anche le modalità di reclutamento che avveniva, non sulla base di eventuali capacità o competenze personali, bensì esclusivamente in termini quantitativi cioè sul numero di lavoratori richiesti per le diverse attività agricole.
«In Italia non c'è spazio per chi non rispetta le regole»
«In Italia non c'è spazio per chi vuole operare fuori dalle regole». Questo il commento del ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida all'operazione dei carabinieri in Toscana. «L'impegno del Governo Meloni per combattere lo sfruttamento dei lavoratori nel settoreagricolo è una priorità – ha sottolineato Lollobrigida – come dimostra il primo provvedimento che ho firmato subito dopo il mio insediamento al ministero. Ringrazio la magistratura e le Forze dell'ordine per il loro incessante lavoro che qualifica la nostra battaglia per sradicare lo sfruttamento e il caporalato dalla nostra Nazione».