“Cibo a pezzi, Europa in frantumi? Un libro sul futuro dell’agricoltura

Europa
Paolo De Castro: «Serve tornare ad ascoltare gli agricoltori. Questo libro è un manuale per ricostruire il patto tra Europa e mondo rurale»

Verona – Al Vinitaly, tra calici levati e padiglioni affollati, si è parlato di vino. Ma anche, e soprattutto, di agricoltura, identità culturale e geopolitica del cibo. È stato presentato “Il cibo a pezzi. La guerra nel piatto”, edito da Bompiani, firmato da Vincenzo Gesmundo, Roberto Weber e Felice Adinolfi: un saggio denso e provocatorio che racconta, con stile agile ma documentato, lo scontro in atto sulla scena globale attorno al nostro modo di produrre, distribuire e vivere il cibo.

Ed è proprio in questo solco che si inserisce l’intervento di Paolo De Castro alla presentazione del volume, in una sala  di operatori, giornalisti e curiosi. Un intervento appassionato, che ha fatto emergere con forza il nodo più delicato della stagione europea attuale: la rottura tra agricoltura e istituzioni comunitarie.

Una frattura aperta: l’Europa ha smesso di ascoltare gli agricoltori

Sollecitato dal moderatore, De Castro ha messo il dito nella piaga: «Nella scorsa legislatura europea, l’agricoltore è stato trasformato da protagonista della transizione verde a capro espiatorio. Tutto era colpa sua: dal riscaldamento globale all’inquinamento delle acque. La Commissione ha interrotto l’ascolto». Una denuncia che trova pieno riscontro nelle pagine del libro, dove si legge che “la politica europea ha spesso ignorato la complessità delle culture alimentari locali, imponendo modelli calati dall’alto”.

Per Paolo De Castro, la soluzione passa dalla ricostruzione del dialogo. E Il cibo a pezzi diventa uno strumento utile per questo scopo: «È un libro che può essere usato come manuale negoziale, per spiegare in sede europea la differenza tra chi considera il cibo solo funzione biologica e chi lo vive come cultura, come relazione, come momento conviviale».

Nord e Sud a confronto: cibo come cultura o solo funzione?

Uno dei punti più forti del libro – e dell’intervento di De Castro – riguarda il divario culturale tra Nord e Sud Europa nel rapporto con il cibo. I dati dell’indagine condotta dagli autori in 11 Paesi mostrano con chiarezza: per l’Italia e i Paesi mediterranei, mangiare è un atto sociale, identitario, rituale. Al contrario, nei Paesi anglosassoni e scandinavi, prevale una visione “funzionalista”: il cibo come carburante, come necessità.

«Su questo – ha aggiunto De Castro – si gioca una partita fondamentale. Il Nutriscore, ad esempio, nasce da una logica calvinista, che riduce tutto a semafori e numeri, ignorando la cultura del piacere e della convivialità. Ma noi non possiamo accettare che un Parmigiano Reggiano venga bollato in rosso, mentre una bibita sintetica venga promossa». Il libro, da questo punto di vista, fornisce numerosi esempi di come tali sistemi penalizzino prodotti simbolo della dieta mediterranea, a favore di alimenti ultraprocessati e neutri dal punto di vista culturale.

Il caso Irlanda: l’Europa a due velocità

Altro tema caldo toccato da De Castro e trattato nel volume è la questione dell’alcol. Il recente caso della legge irlandese – che impone dal 2026 l’etichetta “nuoce gravemente alla salute” su tutte le bottiglie di vino e birra – è emblematico: «È una battaglia giusta, quella contro l’alcolismo, ma condotta con strumenti sbagliati. Nei Paesi nordici non si fa distinzione tra uso e abuso. Ma per noi il vino è parte di un sistema alimentare equilibrato, è cultura materiale, è economia. Non possiamo accettare un’etichettatura che criminalizza la nostra tradizione».

Nel libro, questi esempi sono contestualizzati all’interno di una più ampia riflessione su come il cibo sia diventato strumento di potere e di imposizione culturale. Il rischio, secondo gli autori, è che dietro il paravento della scienza o della salute si nascondano interessi commerciali e logiche di omologazione.

Un libro necessario per un dibattito consapevole

Il cibo a pezzi è un’opera che va letta con attenzione. Non solo per la solidità dei dati, ma per la visione che propone: il cibo come lente per interpretare il mondo contemporaneo. Come ha sottolineato Cacciari nel suo contributo, «mangiare è un atto sacro, che parla del nostro rapporto con la natura, con l’altro, con il tempo».

Ed è proprio questo che, secondo De Castro, l’Europa deve recuperare: una visione del cibo non come minaccia, ma come opportunità per unire, per ricucire, per far dialogare le differenze. «Non servono più spot, servono fondamenta culturali su cui costruire consenso. E questo libro ne è un esempio perfetto».

Un’identità che non può finire… a pezzi

Dal Vinitaly, terra di vino ma anche di pensiero, parte un messaggio forte: l’Europa non può costruire il futuro alimentare senza riconnettersi con chi quel cibo lo produce. E per farlo, serve cultura, dialogo e la consapevolezza che il cibo – come scrivono Gesmundo, Weber e Adinolfi – non è solo nutrizione, ma narrazione di un’identità.

Con uno stile brillante e dati solidi alla mano, gli autori ci guidano attraverso un percorso che va dalla storia alla politica, dalla scienza alla filosofia. Un’opera utile per chi vuole capire come il cibo possa essere la chiave per affrontare le sfide del futuro.

“Cibo a pezzi, Europa in frantumi? Un libro sul futuro dell’agricoltura - Ultima modifica: 2025-04-09T09:44:33+02:00 da Simone Martarello

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