Il giorno della "liberazione" è arrivato. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l'entità delle tariffe doganali sulle merci importate negli Usa che entreranno in vigore dal 5 aprile 2025. Per quelle in arrivo dall'Unione europea e quindi anche dall'Italia saranno del 20%. Tutto il settore agroalimentare teme conseguenze pesanti con una perdita delle esportazioni stimata tra il 13,5 e il 16,4% in un mercato dove nel 2024 il fatturato è stato di 7,8 miliardi di euro. Più ottimista il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino, secondo il quale la contrazione sarà solo del 10%. I comparti più a rischio per l'effetto dei dazi sono quello vitivinicolo, delle conserve di pomodoro, della pasta e il lattiero-caseario.
Tajani, all'Ue lista di nostri prodotti da proteggere
«Ho consegnato al commissario Sefcovic una lunga lista di prodotti italiani sui quali bisogna intervenire affinché possano essere tutelati». Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine dell'incontro dei ministri degli esteri Nato. La lista comprende una trentina di prodotti, tra cui il settore vinicolo - ecco perché si chiede l'esclusione del whisky dalle contromosse Ue - il motociclo e la gioielleria.
Unione italiana vini: «Dazi sanguinosi»
«Con i sanguinosi dazi americani al 20% il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all’anno, pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò Uiv è convinta della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati. Serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori». Questo il commento del presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi ai dazi al 20% annunciati dal presidente Trump anche per il vino. «Sarà difficile per molti ha aggiunto - ma ciò che oggi spaventa ancora di più è che si ingeneri un gioco al rialzo davvero esiziale tra l’amministrazione americana e quella europea: l’accoglimento in sede Ue della proposta del ministro degli Esteri Tajani di escludere gli alcolici, e quindi il vino, da eventuali dispute sarà fondamentale».
Meno ricavi per oltre 300 milioni
Secondo un’analisi dell’Osservatorio Uiv, l’unica soluzione è infatti da ricercare lungo la filiera, con il mercato – dalla produzione fino a importatori e distributori – che dovrebbe farsi carico di un taglio dei propri ricavi per un valore pari a 323 milioni di euro (su un totale di 1,94 miliardi) e mantenere così gli attuali assetti di pricing. Secondo Uiv, ben il 76% delle 480 milioni di bottiglie tricolori spedite lo scorso anno verso gli Stati Uniti si trova in “zona rossa” con una esposizione sul totale delle spedizioni superiore al 20%.
Aree enologiche con picchi assoluti per il Moscato d’Asti (60%), il Pinot grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i rossi toscani Dop al 35%, i piemontesi al 31%, così come il Brunello di Montalcino, per chiudere con il Prosecco al 27% e il Lambrusco. In totale sono 364 milioni di bottiglie, per un valore di oltre 1.3 miliardi di euro, ovvero il 70% dell’export italiano verso gli Stati Uniti.
Per il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti: “Rispetto ai partner europei, l’Italia presenta due principali fattori di rischio: da una parte la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna. Dall’altra, una lista di prodotti più sensibili su questo mercato, sia in termini di esposizione, che di prezzo medio a scaffale: solo il 2% delle bottiglie tricolori vendute in America vanta un price point da vino di lusso, mentre l’80% si concentra nelle fasce “popular”, che tradotto in prezzo/partenza significa in media poco più di 4 euro al litro”.
Mutti: «dazi antistorici»
«I dazi sono una cosa profondamente antistorica e non possiamo solamente avere un aspetto intellettuale: a fronte di un'azione dobbiamo avere, purtroppo, delle reazioni assolutamente omogenee». Così, a margine di un incontro presso la sede dell'Unione Parmense degli Industriali, Francesco Mutti, ad di Mutti, storica azienda specializzata nelle conserve alimentari in particolare nel settore del pomodoro.
«La reazione - ha argomentato - deve essere quella di applicare dazi laddove i dazi hanno un maggiore impatto. Quando noi pensiamo alle prime aziende quotate negli Stati Uniti, abbiamo grandissime aziende americane che hanno un impatto sulla nostra economia straordinaria: bene, quello mi sembrerebbe il pertugio dal quale andare a replicare, non solamente su dei beni».
A giudizio di Mutti, ancora, gli eventuali dazi imposti dagli Stati Uniti avranno «un impatto che, probabilmente, colpisce in modo particolare le Pmi. Non è detto che la nostra reazione debba essere verso le Pmi - ha concluso - ma verso coloro che sono più vicini al mondo americano del presidente in modo tale che abbiano un disincentivo nel tenere applicati questi dazi».
Squeri, dagli Usa una mannaia per il pomodoro da industria
Parmigiano Reggiano: i consumi reggeranno
Coldiretti: rincari per 1,6 miliardi per i consumatori Usa
Secondo Coldiretti i dazi al 20% su tutti i prodotti agroalimentari Made in Italy porteranno a un rincaro da 1,6 miliardi per i consumatori americani, con un calo delle vendite che danneggerà le imprese italiane, oltre ad incrementare il fenomeno dell’italian sounding. Al calo delle vendite - continua Coldiretti - va poi aggiunto il danno in termini di deprezzamento delle produzioni, da calcolare filiera per filiera, legato all’eccesso di offerta senza sbocchi in altri mercati. Occorre ora lavorare a una soluzione diplomatica che venga portata avanti in sede europea, auspica Coldiretti.
«Questa deve anche essere l’occasione per l’Europa, che deve rimanere unita più che mai in questa fase e dialogare con un'unica voce, di mettere in campo un piano di rilancio dei settori produttivi, a partire dalla sburocratizzazione, ma anche iniettando nuove risorse – sottolinea il presidente del sindacato Ettore Prandini –. Burocrazia inutile che ha rallentato tutto e colpito le nostre aziende in maniera significativa. Ci vuole un'iniezione di nuove risorse economiche. Investire in digitalizzazione e innovazione e con agricoltura precisione per quanto riguarda il nostro settore. Servono nuove risorse per internazionalizzazione e in questo momento diventa fondamentale diversificare i mercati. Dobbiamo diventare più competitivi abbassando costi imprese».
Confagricoltura: attenzione all'invasione cinese
«Come Italia usciamo sicuramente penalizzati dall'introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti, in particolar modo per quanto riguarda i prodotti di fascia media: penso ad alcuni vini, all’olio d’oliva, alla pasta e ai sughi pronti – ha comentato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti –. La risposta non può che essere unitaria, europea, convinta. Fondamentali le misure previste per sostenere i settori più colpiti. Non dimentichiamo, infatti, che rischiamo anche un massiccio riversamento di prodotti da altri Paesi che subiranno le tariffe americane, per esempio la Cina».
Confcooperative: ora adeguate contromisure
«Abbiamo criticato i dazi come strumento di politica economica ma gli Usa hanno deciso di adottarli, pur se con percentuali inferiori a quanto minacciato. Ora è tempo di lasciare alle istituzioni politiche e alla diplomazia europea ed italiana lo studio delle adeguate contromisure ai dazi. Al tempo stesso ci preme però sollecitare l’assoluta urgenza di concentrarsi sulle difficoltà delle aziende, per le quali andranno subito pensate e predisposte misure a difesa della loro competitività». Questala prima reazione all’annuncio dei dazi al 20% del presidente di Confcooperative Fedagripesca Raffaele Drei.
Significativa la quota di export nel mercato a stelle e strisce delle cooperative aderenti a Confcooperative: negli Usa il fatturato delle cantine è di oltre 570 milioni di euro, il 30% di tutto l’export vitivinicolo nel mercato statunitense (che si attesta su 1,9 miliardi di euro), 122 milioni per i formaggi, il 25% di tutte le vendite di formaggi negli Usa, che nel 2024 hanno toccato quota 484 milioni di euro.
Secondo Drei per il settore vino «a livello europeo occorre destinare maggiori risorse per la promozione per aiutare le aziende ad acquisire nuovi mercati. Mentre sul piano nazionale, l’auspicio è che non si finisca per assumere provvedimenti che mirino alla riduzione del potenziale produttivo per tutelare il patrimonio vitivinicolo italiano».
A rischio 15mila posti con calo 10% volumi
I dazi americani, aggiunge Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, impattano sull'ampio paniere di cooperative e imprese che rappresenta. "Abbiamo prodotti agroalimentari come parmigiano, grana, il vino, dal prosecco più economico a brunello o barolo. Confcooperative rappresenta 400 cantine che saranno ora presenti al Vinitaly e che esportano in tutto il mondo. Senza contare anche l'olio, la pasta. Insomma c'è grande preoccupazione e gli effetti sono decisamente pesanti". Confcooperative stima per ogni 10% di calo dei volumi il rischio di perdita di 15mila posti di lavoro in tutta Italia.
Produttore olio, «dazi ci penalizzano, futuro incerto»
«Verremo penalizzati a discapito di alcuni Paesi come la Tunisia. Per quel che ci riguarda», spiega l'imprenditore, «quello americano copre il 18% (circa 200mila bottiglie) del nostro mercato e negli anni per consolidarci abbiamo anche investito per quel che riguarda la parte delle certificazioni obbligatorie per gli Stati Uniti. E poi anche le etichette adeguate a quelle normative».
Il valore a litro dell'olio extravergine italiano è – secondo quanto riferisce Congedi – di "16/18 dollari". «Quest'ordine che abbiamo in magazzino dovrebbe andare in porto, ma per il futuro non sappiamo cosa succederà. Sicuramente andrà a gravare notevolmente. Già quest'anno parliamo di prezzi molto elevati per il prodotto olio. Con un aumento del 20% dei dazi, inciderà molto di più e causerà – conclude l'imprenditore – una riduzione notevole dei consumi di olio italiano».