Puntare sul mais biologico, un “azzardo” che può pagare

La messa a punto e la valorizzazione di corrette tecniche di gestione conservativa

BIO CONVIENE. L’esperienza di Stefano Bortolussi e delle aziende friulane che utilizzano rotazioni complesse

Crisi idrica, stress termici, costi produttivi alle stelle.

C’è grande confusione sotto il cielo, una situazione che può dare spazio anche al mais coltivato in biologico. Un paradosso, vista la progressiva ritirata di questo cereale registrata negli ultimi 20 anni nella Pianura Padana e le difficoltà a coltivarlo in bio.

Eppure anche in un’annata difficile come questo 2022 c’è chi continua a cimentarsi con questa coltura. E l’aumento dei listini innescato dalla crisi geopolitica internazionale può consentire di far fronte ad un’eventuale riduzione di resa causata dalla siccità.

Destinazione zootecnica (ma anche da uso umano)

Stefano Bortolussi di Aiab FVG

«Nella media pianura friulana – spiega Stefano Bortolussi, tecnico di Aiab Friuli Venezia Giulia – ci sono alcune aziende che coltivano regolarmente questa coltura. Sono in tutto un centinaio di ettari, in prevalenza da granella per alimentazione zootecnica, ma anche qualche varietà locale o miscuglio da uso umano, sia per la polenta che per gallette e similia, legati a filiere locali».

Certo, sarebbe stato meglio se avesse piovuto di più. «Siamo in una situazione eccezionale – continua Bortolussi – nel bel mezzo di una pesante crisi idrica anche nel Friuli, con precipitazioni ridotte fino al 60% nei primi sei mesi dell’anno (200 mm contro i 550 dell’anno scorso)». «Il mais ne risente anche nel bio, ma la messa a punto della migliore tecnica può consentire in parte di far fronte a queste difficoltà».

Soia-frumento borderline

La presenza del mais coltivato senza chimica di sintesi è ancora in molti casi un pilastro della zootecnia biologica e può essere un’opportunità per sviluppare rotazioni più complesse.

«La classica rotazione soia-frumento – riconosce Bortolussi –, anche se intervallata da una leguminosa da sovescio, è ormai borderline anche dal punto di vista normativo, consentita solo in virtù di una deroga ai vincoli del decreto 9 aprile 2020 (che impone che i cereali possono succedere a loro stessi per un massimo di due cicli colturali, seguiti da almeno due cicli di colture principali di specie differenti)».

Intervento precoce con sarchiatrice automatica

Sovescio, doppia utilità

Il mais può così essere coltivato dopo soia, frumento e una leguminosa da sovescio e prima di una cover crop autunno vernina propedeutica a una successione di nuovo a soia o a leguminose da consumo umano come cece e lenticchia, le cui filiere in Friuli stanno crescendo grazie anche all’impegno dell’Università di Udine e di alcuni agricoltori lungimiranti.

«Occorre però – ammonisce Bortolussi – utilizzare la tecnica più corretta». Aiab FVG ha testato negli ultimi anni l’utilità dei sovesci di leguminose in precessione al mais, fino ad arrivare alla semina diretta di mais su una cover crop allettata con la tecnica del roller crimper. Una soluzione che offre un doppio vantaggio in termini di controllo delle infestanti (il cui picco delle emergenze si registra proprio a fine maggio) e di fertilizzazione “verde”, grazie alle unità di azoto assicurate dalla leguminosa. «Una concimazione di fondo tradizionale – spiega Bortolussi – con fertilizzanti bio non garantirebbe lo stesso risultato e rischierebbe di nutrire le infestanti, invece che la coltura, perché il mais è poco competitivo fino alla 7a-8a foglia».

Un intervento che deve però rientrare in una gestione complessiva “conservativa” del suolo. «Sono da evitare profonde lavorazioni primaverili, che rischiano di “asciugare” troppo il terreno, con effetti deleteri soprattutto in annate come questa».

Cicli precoci

Nel bio si utilizzano in genere ibridi di classi più precoci. «Classe 400, se si vuole stare più tranquilli, con rese contenute a 60-80 q/ha; oppure azzardare la classe 500 per puntare a quantità superiori. Il periodo di semina deve essere individuato mediando alla doppia esigenza di posticipare per sfuggire alla competizione delle malerbe e di anticipare per evitare stress idrici che finirebbero per avere conseguenze sul fronte micotossine».

Chi parte bene è agevolato nel controllo delle malerbe, soprattutto se ricorre a moderne sarchiatrici (due-tre interventi durante il ciclo colturale) che consentono interventi puliti e precoci a ridosso della coltura.

Il capitolo difesa è agevolata dal ricorso a seme conciato con funghi antagonisti e micorrize, bioagrofarmaci come Bt e Spinosad o Trichogramma (anche distribuito con droni) durante il ciclo colturale.

Lo sviluppo di multifiliere che facciano riferimento a colture oleaginose e a mais offre alle aziende maggiori garanzie di sostenibilità economica

La biodiversità del paesaggio

«La collaborazione delle aziende biologiche presenti sul territorio friulano – evidenzia Bortolussi – ci sta consentendo di mettere a punto opportune tecniche di agricoltura conservativa, da applicare e valorizzare anche nel biologico».

Dal rilancio di false semine, semine dirette, cover crop e minima lavorazione dipende infatti non solo la redditività della coltura, ma la sua stessa sopravvivenza. In questo senso le avanguardie tecniche del biologico possono dare un valido contributo per fermare la ritirata di questa coltura, salvaguardando la biodiversità del paesaggio agrario tradizionale della pianura padana e friulana.

«Che non potrà più – chiosa Bortolussi – essere costituita da estese monocolture, ma da un mosaico in cui il mais è intervallato da siepi, soia, cover crop, girasole e colture alternative come il cece, la lenticchia o la camelina». «Un’evoluzione che in Friuli è – per fortuna – agevolata da un tessuto produttivo costituito da un’intraprendente rete di piccole aziende dedite a molteplici colture e filiere».

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La logica della multifiliera

Il concetto di rotazione è al centro del paradigma dell’agricoltura biologica. Una peculiarità che garantisce vantaggi di sostenibilità ambientale e sociale e che spinge gli agricoltori a ragionare con una logica di lungo periodo. Una sostenibilità che diventa anche economica se si riesce a fare riferimento non solo a uno ma più progetti di filiera.

«Agricola Grains – afferma Michele Galazzo, responsabile tecnico di questa realtà di Arre (Pd) leader nello stoccaggio e trasformazione di cereali, colture proteiche e semi oleosi bio – è al fianco degli agricoltori nello sviluppo di filiere biologiche sostenibili e redditizie». Girasole, soia e colza sono al centro delle rotazioni colturali proposte da Agricola Grains grazie ad una domanda di prodotto trasformato che continua a salire e all’attitudine a rispondere alle avversità climatiche. Il mais continua però ad essere importante, come ingrediente di una successione colturale equilibrata e sostenibile.

«La giusta tecnica biologica consente anche su questa coltura di superare i problemi di competizione delle malerbe, nutrizione, sanità della pianta e qualità del raccolto». «Nel biologico il tempo, l’attenzione, la competenza e la possibilità di fare riferimento a filiere solide e strutturate consente di ottenere buoni risultati anche in annate difficili come quella che stiamo vivendo».

Puntare sul mais biologico, un “azzardo” che può pagare - Ultima modifica: 2022-07-05T20:26:37+02:00 da Lorenzo Tosi