«Il biologico è uno dei driver principali per la transizione del sistema agroalimentare verso la sostenibilità».
«Per questo, il settore deve diventare protagonista del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, accompagnato da risorse e progetti specifici e sostenuto da innovazione e ricerca».
Ddl bio di nuovo impantanato
«Prima di tutto, però, occorre approvare finalmente la legge sul biologico, dopo anni di attese e sollecitazioni, che ha avuto l’ok dal Senato ma ora è di nuovo ferma alla Camera per il via libera definitivo».
Così si è espresso il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, in occasione dell’evento d’apertura di B/Open, la prima fiera B2B dedicata al comparto, su “PNRR, filiera agroalimentare sostenibile e biologico: politiche e strategie di sviluppo”.
La manifestazione di Verona ha visto la presenza di Cia anche con uno spazio collettivo al Padiglione 12 Stand F4-F5.
Due pilastri per il futuro agricolo del paese
Secondo Cia la legge nazionale sul biologico, insieme ai fondi del Piano, sono i pilastri necessari per la costruzione del futuro agricolo del Paese, come chiede l’Europa con il Green Deal. Già oggi l’Italia è leader del settore in Ue con 80.000 operatori e oltre 2 milioni di ettari coltivati.
Il carrello della spesa bio degli italiani ha superato nel 2021 i 4,5 miliardi e oggi il biologico vale il 6% delle esportazioni agroalimentari tricolori, regalando al Paese il secondo posto nella classifica mondiale dell’export di prodotti bio, subito dopo gli Stati Uniti.
Puntare su biodistretti e interprofessione
«È evidente, quindi - ha precisato il presidente di Cia-, l’importanza di eventi come questo, destinati agli incontri business con buyer e operatori commerciali, in particolare per una maggiore valorizzazione e promozione del bio Made in Italy sui mercati esteri, soprattutto nel post pandemia».
«Più in generale, è chiaro che l’Italia deve mirare all’ulteriore sviluppo del comparto, sia per rispondere alle scelte d’acquisto dei consumatori, sempre più orientati al green, sia per guadagnare in sostenibilità, ambientale ed economica, puntando sui distretti biologici e su tutti gli strumenti di aggregazione, in primis OP e OI (organizzazioni di produttori e interprofessione, ndr), oltre che sull’istituzione di un marchio bio italiano».