“Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. La famosissima poesia di Giuseppe Ungaretti “Soldati” e l’immagine di precarietà che rappresenta, rende in pieno l’idea di un settore, quello della gestione del rischio, in grande difficoltà dal punto di vista strutturale rispetto alla transizione nei nuovi scenari globali. Per chiarirsi, il riferimento non è soltanto al cambiamento climatico.
Sarebbe miope e riduttivo pensare che la destabilizzazione e destrutturazione profonda dell’agricoltura italiana ed europea dipenda soltanto da una manifestazione diversa degli eventi meteorologici avversi. È vero però che il cambiamento climatico e la volatilità dei prezzi, spesso ad esso collegata, rappresentano forse la sfida più importante per le imprese agricole, non solo italiane. In Italia, tali scenari, sono rilevanti in una versione duplice. In primis, se focalizziamo l’attenzione soltanto sugli aspetti economici del settore primario, non può essere trascurata l’importanza del valore del settore agricolo nazionale (40 miliardi di euro in termini di valore della produzione), che rappresenta il volano principale del valore dell’export dell’agroalimentare italiano che, nel 2023, ha toccato la soglia dei 64 miliardi di euro. Parliamo, e guardiamo, a un settore di grande importanza economica ed occupazionale.
Il secondo aspetto, non meno importante, è la valenza delle aziende agricole in Italia, anche di quelle “non professionali”, rispetto alla vitalità di un tessuto economico-sociale delle aree interne del nostro Paese che è fondamentale in ottica futura, se si avesse capacità di una visione larga e profonda rispetto a quale indirizzo di politica economica deve percorrere l’Italia. Da molti anni, più di dieci, sottolineiamo quattro aspetti teoricamente cruciali:
- la gestione del rischio è materia complessa e non si identifica con la stipula di una polizza assicurativa;
- la volatilità dei prezzi delle commodity e il cambiamento climatico avranno un impatto tale da mettere in discussione l’utilità effettiva degli strumenti tradizionali di trasferimento del rischio;
- il mercato delle polizze assicurative è insostenibile nel lungo periodo perché il portafoglio è concentrato in poche province;
- l’intervento pubblico ex post è un feticcio culturale del passato ma senza alcuna valenza economica.
Servono nuove regole
Rispetto soprattutto all’ultimo aspetto, a che punto siamo? Si richiama sovente come l’Italia sia all’avanguardia in Europa per l’intervento pubblico nella gestione del rischio. Ma essere all’avanguardia in un continente inerte non deve essere motivo di grande soddisfazione. La verità è che abbiamo bisogno di un foglio bianco da cui ripartire; l’adozione della Misura nazionale è stata una scelta miope e dettata da ragioni non di efficienza economica del sistema.
Una scelta pigra. La direzione deve essere quella di andare verso una rete di protezione vera per l’agricoltura italiana/Ue che preveda diversi strumenti per rischi diversi. L’ablazione del mito che identifica la stipula di una polizza assicurativa deve essere una priorità; i rischi vengono anche dall’aumento dei costi di produzione, dalle crisi di mercato, dalle problematiche sanitarie e dalle patologie delle piante.
È arrivato il tempo di scrivere con competenza specifica nuove regole e nuove politiche coinvolgendo le migliori menti del Paese al fine di dare risposte ambiziose e non velleitarie all’esigenza di stabilità del reddito in agricoltura. Agricat rientra in questo discorso, così com’è stato pensato è una partita di giro con soldi degli agricoltori.
Il futuro “deve” essere configurato con la creazione di un sistema di cartolarizzazione degli eventi estremi e poco prevedibili per garantire al costituendo Fondo AgriCat (pagato dagli agricoltori) un meccanismo di leva rispetto al capitale accantonato. Un fondo che lavori con indici, quindi, che possa emettere obbligazioni sui mercati finanziari (Cat Bond) e che intervenga per eventi realmente catastrofali, cioè che abbia operatività per soglie di danno elevate, fissando massimali di soglie di danno per il mercato assicurativo. Tale prospettiva, vedrebbe sicuramente il favore anche del mercato assicurativo.
Ipotizzare la cartolarizzazione per le soglie di danno più elevate darebbe maggiori certezze anche al rischio coperto dalle polizze assicurative, con effetto immediato sul costo delle coperture assicurative e sulla disponibilità riassicurativa da parte delle compagnie di assicurazione. Per dare una reale premialità alle aziende che si assicurano contro gli eventi catastrofali, il Fondo dovrebbe liquidare sui valori assicurati (contenuti entro gli Standard Value) mentre per le aziende non assicurate la liquidazione dovrebbe avvenire sui valori indice.
Non fare questo salto culturale, oltre che esporre il capitale del fondo alla sua insolvenza, indurrebbe le scelte aziendali a demandare al fondo nazionale la gestione dei danni catastrofali. Un’ipotesi di fondo recipiente che provi a mutuare l’impostazione del Fondo di Solidarietà con indennizzi ex post sarebbe, nella sua impostazione, un’occasione persa.
Cambio di mentalità
Infine, la gestione ex ante, che dal 1970 è l’appendice dei sussidi alle polizze assicurative, dovrebbe avere una valenza straordinaria (irrigazione, regimentazione e stoccaggio acqua, ecc.). Va sottolineato come ormai il mondo vada in questa direzione. L’unico modo per dare risposte concrete alla crescita dei danni derivanti da eventi naturali è quella della leva finanziaria permessa dai mercati con i Cat Bond. Nel 2023 si era raggiunto il picco di emissioni di Bond catastrofali per un valore pari a 16 miliardi di dollari. A maggio 2024 si è già registrata una crescita sull’anno precedente del 38%; tale crescita esponenziale è dovuta anche all’alto rendimento che tale investimento garantisce agli investitori (6,91% in media), che rendono i Cat Bond uno degli strumenti con il miglior rapporto tra rendimento e oscillazioni sul mercato.
La lista della spesa
Stime accurate indicano che per contrastare gli effetti dei nuovi scenari climatici, di mercato, delle malattie, di piante e animali, ci sarebbe bisogno di 750 milioni di euro per il sostegno alle polizze assicurative agevolate; di 1,5 miliardi di euro in cinque anni per investimenti in difesa attiva; di 200 milioni di euro annui per i fondi mutualistici/Ist; AgriCat che emetta Cat Bond per avere circa 1,5 miliardi di euro annui per il ristoro dei danni catastrofali.
Questo a oggi. Ma non è detto che basterà tra dieci anni. È evidente quanto sia complicato cambiare l’inerzia dell’intervento pubblico: è più facile scegliere posizioni conservative. Siamo però nel pieno del cambiamento più radicale e rapido mai sperimentato dall’uomo e c’è urgenza di soluzioni coraggiose e consapevoli di politica economica, senza attenzione alla protezione dello status quo. Diversamente, di realismo si muore e a morire non saranno soltanto gli agricoltori. A chi gioverebbe una cosa simile?