Olivo, lo stress idrico parte dalle radici

Temperature elevate e siccità possono danneggiare anche il sistema radicale dell’olivo con ripercussioni sulla produzione. La maggiore resilienza alla siccità dipende da una gestione multifattoriale

L’olivo è una tipica pianta mediterranea.

Il suo areale di coltivazione è compreso, per fattori climatici, fra il 30° e il 45° parallelo degli emisferi settentrionale e meridionale. La temperatura è l’elemento più significativo che influenza lo sviluppo e la diffusione della specie, mentre la disponibilità di acqua è più importante per la resa in olio. Il clima mediterraneo è tipicamente mite e umido durante l’inverno e caldo e secco durante l’estate, con elevati irraggiamenti solari.

Per l’attività fotosintetica l’ottimo termico è stato registrato a 25-28°C.

Olive in forte stress idrico

Troppo sole, poca acqua

Con temperature distanti da tali valori (medie superiori a 35°C o inferiori a 5°C) quasi tutti i processi metabolici vengono in qualche modo alterati. Oltre determinati livelli anche la luce solare può arrecare danni (fotoinibizione), in particolare quando si ha la combinazione tra stress idrico ed elevata radiazione. Per la maggior parte delle foglie dell’olivo il PPFD (Photosynthetic Photon Flux Density) ideale, a seconda del genotipo, è compreso tra 600 e 1.000 μmol m−2 s−l (punto di saturazione della luce).

Articolo pubblicato su Terra e Vita 36/2022

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Sebbene in alcuni casi gli olivi possano crescere, in alcuni casi, con una piovosità di 200 mm all’anno, questa dovrebbe essere superiore a 400 mm e valori di 600, 800 e 1.000 mm sono considerati rispettivamente sufficienti, moderati e buoni. L’olivo riesce a mantenere una certa attività traspiratoria e fotosintetica (del 10 e 20% rispettivamente) in corrispondenza di valori di potenziale idrico fogliare, rilevato all’alba, di –6,0 MPa e di potenziali del suolo intorno a –2,5 MPa.

Un organo sensibile

Il contesto climatico alterato mette in discussione certezze acquisite come quelle relative alla resistenza dell’olivo alla siccità. Per tutelare quelle che oggi sono le aree più vocate occorre investire nella ricerca in agronomia e genetica e sviluppare nuovi comportamenti adattativi

Le radici sono più sensibili allo stress da calore rispetto alle parti aeree della pianta e hanno una temperatura di crescita ottimale solitamente più bassa.

L’attività radicale dell’olivo inizia a temperature del terreno fra 14 e 16°C e procede con due distinti periodi: primavera-inizio estate (crescita maggiore) e autunno (meno importante). I periodi di stasi sono da attribuire a competizioni idrico-nutrizionali con la parte aerea e a sfavorevoli condizioni di temperatura e contenuto idrico del terreno.

La risposta alla siccità

Le caratteristiche morfologiche e funzionali delle radici di olivo e il loro turnover sono influenzati: dal mezzo di crescita, dal rapporto di competizione con altri organi e con altre piante, dal clima e dalle pratiche colturali. La loro vitalità viene generalmente garantita dal contatto continuo con la soluzione del terreno o, comunque, con un ambiente saturo di acqua. L’esposizione all’aria, anche per pochi minuti, può provocare una perdita di turgore dei peli radicali e un inizio di suberificazione.

Un apparato radicale ben sviluppato migliora l’assorbimento di acqua e sali minerali e permette alle foglie di effettuare una regolare traspirazione, che comporta un raffreddamento della chioma e un miglioramento del tasso fotosintetico. Ciò, a sua volta, consente di utilizzare una maggiore quantità di assimilati per aumentare la crescita delle radici stesse.

Le alte temperature compromettono le normali funzioni delle radici influenzando, fra gli altri, le attività degli enzimi antiossidanti, la ripartizione del carbonio, gli ormoni e le interazioni con i microrganismi; questi effetti negativi sono incrementati dalla minore umidità del suolo.

Nelle piante il deficit idrico si verifica sia quando non c’è abbastanza acqua nel terreno per compensare le perdite per evapotraspirazione, sia quando le stesse si trovano in difficoltà ad assorbire acqua per anomalie pedologiche e/o per problematiche legate alla struttura e funzionalità delle radici (es. suberificazioni ecc.), provocando, così, una resistenza al passaggio dell’acqua nello xilema delle radici stesse.

L’adozione di tecniche di gestione sostenibile del suolo favorisce lo sviluppo degli apparati radicali garantendo un miglior approvvigionamento idrico

Crescita stentata

Generalmente gli effetti fisiopatologici derivanti da elevate temperature e siccità vengono ben studiati analizzando le ripercussioni sul sistema aereo delle piante, tralasciando invece quelle che sono le possibili influenze e conseguenze sugli apparati radicali. Le continue variazioni delle caratteristiche fisiche del suolo lungo il profilo e le modificazioni giornaliere di umidità, temperature e aerazione nello stesso orizzonte possono accelerare o rallentare continuamente lo sviluppo delle radici.

Come riportato da diversi autori il deficit idrico può rallentare il tasso di crescita delle radici e aumentare la mortalità di quelle fini. Nell’olivo è stato verificato che il periodo di attività radicale, a parità di altre condizioni, risulta più breve in piante cresciute in asciutto; in questa situazione le radici mostrano un diametro maggiore e una transizione verso zone di accrescimento secondario molto più prossima all’apice radicale, che denota un più rapido processo di maturazione/invecchiamento.

Nelle piante da frutto, in condizioni ambientali sfavorevoli (es. siccità), si assiste ad un processo di metacutinizzazione, cioè di lignificazione e suberificazione a protezione degli apici radicali. Successivamente, non appena le condizioni ritornano favorevoli, con differenze fra le diverse specie e cultivar, le radici riprendono le loro funzioni e l’accrescimento. In vite e melo, ad esempio, il primordio radicale richiede più di una settimana, dal ripristino delle normali condizioni di umidità, per emergere.

Ciò può comportare una lenta e non immediata ripresa dell’assorbimento idrico, che si ripercuote anche sulla corretta funzionalità del complesso vegeto-riproduttivo.

Come reagire

L’olivo è in grado di utilizzare la risorsa idrica in modo efficiente e di resistere, quindi, a lunghi periodi di siccità grazie alle sue caratteristiche morfo-anatomiche e fisiologiche. Sicuramente la genetica, la fisiologia e la biologia molecolare dovranno, nei prossimi anni, fare da “guida” nella comprensione dei meccanismi adattativi delle colture alla carenza di acqua, ma, in un contesto climatico profondamente alterato, è fondamentale non tralasciare conoscenze già acquisite in altre discipline quali la botanica, la fisiologia e l’agronomia.

Articolo pubblicato su Terra e Vita 36/2022

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Sarà fondamentale favorire il massimo sviluppo e funzionalità degli apparati radicali e garantire un miglior approvvigionamento idrico nel terreno. Ciò può essere realizzato mediante tecniche di gestione sostenibile del suolo che permettono di incrementare il contenuto di sostanza organica e, di conseguenza, la porosità (macroporosità) e tutti i parametri a essa correlati: infiltrazione, riserva idrica, abitabilità, ecc. In ambiente caldo-arido le lavorazioni estive non avrebbero alcun effetto riduttivo sulle perdite per evaporazione rispetto alle tecniche di gestione fondate sulla non lavorazione.

La sostanza organica favorisce, inoltre, direttamente e indirettamente mediante l’azione sui microrganismi simbionti (ivi compresi le micorrize), la rizogenesi e il rinnovo della radici. La corretta gestione della chioma, l’utilizzo di biostimolanti e fertilizzanti, abbinati a una razionale gestione delle risorse idriche (es. deficit idrico controllato), completano l’insieme delle azioni agronomiche di adattamento degli agroecosistemi ai cambiamenti climatici.

Bibliografia disponibile a richiesta

L’autore è dell’Ita “C. Ridolfi”- Scerni (Ch)


Lo sviluppo radicale

Nelle prime fasi di sviluppo la distribuzione dell’apparato radicale di una pianta di olivo proveniente da seme è inizialmente fittonante. Se non viene trapiantata, questa radice centrale sarà il sistema radicale principale per i primi 4-5 anni, prima che si sviluppino le radici laterali. Differentemente, le piante propagate per via vegetativa formano da subito un sistema pluridirezionale di radici.

Secondo Morettini, in condizioni naturali «terreni incolti di buona costituzione fisica e finanche sabbiosi, pure se di notevole profondità, nei quali perciò non esistono ostacoli meccanici alla penetrazione delle radici, la maggior parte del sistema radicale dell’olivo si riscontra entro i primi 40-50 cm di profondità». In un terreno coltivato, invece, la quota maggiore di radici (70-80%) si localizza in uno strato compreso fra 15-20 cm e 60-80 cm di profondità.

In orizzontale il sistema radicale può estendersi fino a 2-3 volte lo sviluppo della chioma. I peli radicali possono rappresentare oltre il 60% della superficie della radice. Essi penetrano nella rizosfera e facilitano l’esplorazione del suolo, aumentando così notevolmente la superficie d’interfaccia tra suolo e radice.

Olivo, lo stress idrico parte dalle radici - Ultima modifica: 2022-12-09T09:29:17+01:00 da K4

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