Siccità, la Sardegna si salva grazie a dighe e invasi

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Grazie a dighe e invasi costruiti negli ultimi cento anni l’agricoltura dell’Isola non soffre più di tanto la mancanza di precipitazioni. Ma l’Anbi regionale avverte: le opere sono da manutenere e aggiornare
La siccità unita al caldo record si fa sentire anche in Sardegna, ma questo non rappresenta per l’isola un motivo per dichiarare lo stato di criticità come altrove. Infatti, qua si raccolgono i frutti di circa 150 anni di investimenti volti a creare nei territori strutture in grado di garantire l’accumulo di risorsa idrica nei mesi invernali, per utilizzarla in periodi come questi. Tra due anni ricorrerà il centenario dell'inaugurazione della diga Santa Chiara, lo sbarramento che permise la formazione del più grande bacino artificiale dell’isola e dell’Italia, l’Omodeo, rispondendo a quella che per il territorio agricolo dell’oristanese era un crescente bisogno di approvvigionamento idrico. Ma già dal 1867, nell’Isola si inauguravano sbarramenti artificiali.
Quello, infatti, fu l’anno dell'inaugurazione della prima diga costruita in Italia, sul Rio Corongiu nel Sud Sardegna, in grado di garantire adeguato accumulo di risorse idriche a una Cagliari che periodicamente soffriva dell’assenza di un acquedotto alimentato tutto l’anno. Fu ufficialmente l’avvio degli investimenti per tentare di sopperire alle conseguenze della siccità ciclica, e all’assenza in Sardegna di bacini di approvvigionamento naturali (l’unico nella Nurra, il piccolo invaso naturale di Baratz); e tutto il Novecento segnò una sempre più massiccia infrastrutturazione dei territori per una distribuzione idrica che guardasse alle esigenze agricole, con la costituzione dei Consorzi di bonifica.

Dall'emergenza idrica a un primato

La storia segna un altro importante passaggio, cruciale, verso la programmazione di azioni virtuose nella gestione della risorsa idrica: “nel mese del giugno 1995 – ricorda il sito della Regione, nella sezione “ambiente e territorio” – con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è stato dichiarato lo stato di emergenza idrica in Sardegna.
Si stabiliva la nomina di un Commissario governativo per l’emergenza idrica, nella persona del Presidente della Regione e di sub Commissari, e si stanziavano risorse straordinarie per fronteggiare lo stato di emergenza. Grazie a questo intervento si è giunti ad un uso più consapevole delle risorse e sono stati programmati e realizzati, dall’Amministrazione regionale in collaborazione con gli Enti Locali e gli Enti Attuatori, progetti per l’uso ottimale delle acque, il ripristino della piena efficienza degli invasi, il completamento dei lavori relativi alle dighe, e si sono, inoltre, recuperate acque reflue ad uso irriguo”.
Oggi in Sardegna la presenza di ben 38 invasi artificiali (la regione con più bacini d’Italia) è conditio sine qua non per la sopravvivenza di agricoltura, industria, servizi, acquedotti civili. Invasi interconnessi che permettono di far arrivare la risorsa anche nei bacini dei territori dove non piove. L’isola, grazie agli investimenti e alla programmazione avviata a fine Ottocento, va infatti controcorrente rispetto ai territori dell’Italia dove l’assenza di capillari sistemi di accumulo e la siccità condizionano una delle estati più calde degli ultimi cinquant’anni riversandosi sul fragile sistema agricolo.

Invasi pieni d'acqua

Oggi «la situazione degli invasi nell’Isola si presenta con un livello di severità idrica bassa – fa sapere l’assessorato ai Lavori Pubblici della Regione guidato da Aldo Salaris –. La vigilanza resta d’obbligo, ma nessun rischio di restrizioni. Dagli ultimi dati forniti dal Sistema di monitoraggio e preallarme della siccità attivato dall’Autorità di bacino, al 30 giugno erano presenti nel sistema degli invasi della Sardegna 1.421 milioni di metri cubi d'acqua, pari a circa il 78% del volume utile di regolazione autorizzato (valori leggermente superiori rispetto a quelli di giugno del 2021 dove il totale del volume invasato era 1400 Mmc e una percentuale di riempimento di 76,79%). Rispetto a maggio il valore del volume idrico invasato a giugno ha comunque subito una diminuzione, pari a 127 milioni di metri cubi, a causa delle erogazioni al comparto irriguo, cui sono state assegnate via via integrazioni con l’obiettivo di soddisfare la sete delle campagne».
Pietro Zirattu

Anbi Sardegna: non abbassare la guardia

Ma è proprio quando la situazione non è emergenziale che bisogna attivare quella che è stata definita “l’emergenza della programmazione virtuosa della risorsa idrica”.
Ne è convinto Pietro Zirattu, presidente di Anbi Sardegna, che conta di ben 7 Consorzi, per un totale di 706mila ettari ricadenti nei comprensori serviti dagli enti della bonifica, ossia quasi un terzo dell’intera superficie dell’isola, su cui si snodano 12mila chilometri di condotte.
«La nostra mission non è solo continuare a offrire un servizio di qualità a chi già ne usufruisce, ma renderlo possibile a chi ancora non ce l’ha: attualmente in Sardegna invasiamo complessivamente circa un miliardo e 950milioni di metri cubi. 750milioni l'anno – spiega Zirattu – vengono utilizzati tra idropotabile (uso civile), agricoltura e industria. Le campagne assorbono 450 milioni di metri cubi. Ma si potrebbe fare di più.
Aumentando la capacità degli invasi e completando gli interventi nelle dighe già esistenti (tra queste grande importanza in provincia di Nuoro rivestono ad esempio gli interventi in corso sulla diga di Maccheronis, e la realizzazione della diga di Cumbidanovu) –, prosegue il presidente – si potrebbe aumentare la superficie servita e, allo stesso tempo, produrre energia elettrica. Un discorso a parte merita il riutilizzo dei reflui in agricoltura.
Le acque reflue, essendo risorse certe, – aggiunge - se usate con attenzione potrebbero dare un contributo importante per una maggiore disponibilità dei volumi idrici».
E sono diversi i progetti in capo ai Consorzi che, in collaborazione con gli enti locali stanno lavorando affinché vi sia una immissione dei reflui depurati nel sistema di distribuzione irriguo che garantirebbe la progettazione e costruzione di ulteriori reti di distribuzione per coprire altra superficie al momento non servita. Tra tutti il progetto del Consorzio di Bonifica della Gallura con il Municipio di Arzachena, finanziato dalla Regione per «7 milioni e mezzo di euro – spiega Marco Marrone, presidente del Consorzio di Bonifica Gallura e vice presidente Anbi Sardegna –. Siamo al primo step di tre: realizzeremo in questa prima fase l’interconnessione tra le reti provenienti dal depuratore di Arzachena con le reti irrigue del Distretto irriguo».
Stesso discorso per i reflui prodotti dal depuratore di Su Tuvu che serve l’abitato di Nuoro. Si appronta un progetto attesissimo, che permetterà di estendere la rete di distribuzione del Consorzio di Bonifica della Sardegna centrale. «Si tratta di una rete – spiega il presidente del Consorzio Ambrogio Guiso – che andrà ad integrare come superfici irrigate, l’altra grande opera prossima al riappalto, che si avrà con il completamento della diga di Cumbidanovu. Un’opera importantissima, per la quale stiamo mettendo tutto l’impegno possibile, per dare una risposta agli agricoltori che attendono la realizzazione».

Manutenzione e aggiornamento

Ma al di là della progettazione di nuove opere e ulteriori reti, occorre guardare anche e soprattutto a quelle esistenti che gioco forza iniziano a risentire del tempo. Criticità che vanno affrontate immediatamente, con un piano strategico che porti al rinnovo delle reti obsolete, il 50% delle quali in amianto. Il Pnrr sarà fondamentale in questo cammino. Con la giusta programmazione permetterà di raggiungere territori ancora non coperti (in provincia di Sassari, è notizia di qualche giorno fa, in una zona vocata all’allevamento ovino dove l’approvvigionamento idrico avviene solo attraverso un sistema di pozzi, la siccità ha messo in ginocchio le aziende che sono state soccorse con l’acqua messa a disposizione dal Consorzio di bonifica della Nurra).
È l’esempio che tanto è stato fatto per contrastare la siccità, ma tanto ancora c’è da fare. Segno che anche la Sardegna, pur vivendo una stagione relativamente felice dal punto di vista idrico, deve lavorare ora più che mai per affinare l’utilizzo delle risorse di cui dispone.
Siccità, la Sardegna si salva grazie a dighe e invasi - Ultima modifica: 2022-07-18T11:25:32+02:00 da Simone Martarello

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