«Speriamo non spicchi il volo come Icaro». Il presidente del collegio nazionale dei periti agrari e dei periti agrari laureati Mario Braga commenta con una battuta, tipica del suo stile, le dichiarazioni del direttore di Agea Gabriele Papa Pagliardini contenute nell'intervista concessa a Terra è Vita.
Presidente, Papa Pagliardini non nasconde le difficoltà ma fa notare anche che qualcosa funziona meglio rispetto agli anni scorsi.
«Sul lavoro fatto bene o male di un direttore giunto alla fine del suo mandato credo sia legittimo che ne rivendichi un qualche risultato positivo per confortare chi aveva investito su di lui».
Però i pagamenti sono stati velocizzati, nonostante la carenza di personale.
«Che Agea, anche per una distrazione politica e sindacale sia stata trascurata, lo abbiamo sempre evidenziato, non solo nella struttura gestionale insufficiente e carente anche di figure professionali che nel Dna hanno la conoscenza della terra e dell’agricoltura. Del resto nomine politiche nascono da relazioni politiche e non certo da riconoscimento e valorizzazione di competenze curriculari e professionali. Tempi velocizzati? Mi chiedo perché nel 2022 ce lo stiamo chiedendo».
Secondo lei quali sono i nodi non ancora sciolti per velocizzare i pagamenti?
«Da sempre ritengo che l’esercizio di scaricare sul vigneto del vicino la responsabilità della contaminazione della flavescenza dorata non aiuti a risolvere il problema, soprattutto quando gli organi di controllo certificano che quei vicini la combattono meglio. Tra i mali di Agea il direttore individua i Caa, salva la circostanza che i problemi sono sorti e sono stati riscontrati, anche dalla giustizia, nelle stesse case che a suo dire garantirebbero un migliore funzionamento. Ma l’aspetto più grave, tra l’altro riscontrato proprio in Puglia, riguarda lo sviluppo rurale. Risorse che vengono erogate con tempi biblici e che spesso inciampano nella inadeguatezza della burocrazia».
Però non può negare che a volte i bandi regionali sono scritti male e rendono complicati i controlli.
«Cercare le responsabilità di fronte ad una Paese a più velocità è esercizio inutile. Le Regioni che si gestiscono i pagamenti funzionano meglio di Agea. Le altre, purtroppo, soprattutto al Sud, non sono state in grado di dare piena attuazione all’art. 117 della Costituzione, all’autonomia istituzionale. Far dialogare i sistemi Stato-Regioni era uno dei compiti di Agea, così come era suo compito svolgere il ruolo di organo pagatore per le regioni che ne sono prive».
Però Agea e il suo direttore non possono lavare con un colpo di spugna la polvere della burocrazia sedimentatasi in decine di anni.
«Siamo ancora qui a rispondere a quella domanda di federalismo che trova una sua legittimazione in un modello che favorisce sviluppo, non che lo frena. Far dialogare i sistemi sarebbe dovuta essere una delle prime e assolute priorità di Agea. Forse è bene non dimenticare che la spinta federalista (autonomista) saliva dai territori proprio per combattere una burocrazia autoreferenziale e suddita della politica centrale. E il tempo non cambia le domande esige risposte diverse».
Sta dicendo che Agea ha una struttura inadeguata?
«Sto dicendo che chi è chiamato a gestire un ente strategico per lo sviluppo del comparto trainante l’economia italiana, avrebbe dovuto far sentire la propria voce alta e forte in tutte le sedi per sollecitare la politica e gli interlocutori distratti (a suo dire) ad avere maggiore attenzione al volano dei fondi europei. Purtroppo l’Italia, pur avendo migliorato molto la sua capacità di erogazione dei fondi Pac, ancora soffre del male storico che li investe in tempi lunghi, quando le dinamiche economiche già impongono al comparto cambi di direzione anche repentini. Agea ha una struttura insufficiente numericamente e in parte carente di figure professionali specifiche. L’ostacolo a determinare dinamiche di erogazione in tempi certi non sta nei sistemi regionali, ma nell'incapacità di Agea di essere sistema. Un male datato probabilmente, ma che se non analizzato e affrontato lo ritroveremo ancora nelle agende future».
Papa Pagliardini ha ribadito la sua scelta in merito alla nuova convenzione con i Caa.
«Siamo ancora qui a leggere dichiarazioni gravi che non trovano riscontro nella realtà, se non nella cocciutaggine strumentale della proposta di riforma del regolamento fortemente voluta dal direttore dell'ente pagatore. Un regolamento che se attuato riporterebbe le lancette indietro nel tempo a un servizio alle imprese non sostenuto da qualità professionali. Dovremmo chiederci perché fin dagli anni Ottanta l’Europa ci sproni con azioni finanziate a sviluppare una diffusa e qualificata consulenza alle imprese agricole, e il nostro Paese ancora arranchi. Papa Pagliardini afferma che la gestione dei Caa non è il “mestiere” dei professionisti. Ciò mi fa pensare che stare nelle stanze dorate di Agea non l’abbia aiutato a incontrare quei soggetti che sono la garanzia e il motore dello sviluppo. Far gestire la carta d’identità delle aziende agricole a “dequalificati” funzionari ha causato e causa quelle difficoltà riscontrate anche nel recente passato. C’è forse qualcuno che si farebbe curare l'ipertensione andando da un meccanico di biciclette?»
Quale potrebbe essere secondo lei la via d’uscita?
«Imporre che i Caa siano gestiti solo da professionisti preparati e costantemente aggiornati come prevede il sistema ordinistico. Così come prevede la norma comunitaria e così come avviene nei Paesi più sviluppati d’Europa».
Come giudica il lavoro di Papa Pagliardini alla guida di Agea?
«Ai posteri l’ardua sentenza. Registro che ai periti agrari è mancato un interlocutore che forse guardava e ancora si ostina a guardare altrove. L’agricoltura chiede altro».