La pandemia ha cambiato gli equilibri in tutti i campi, ha capovolto i ruoli e mutato le priorità. La figura dell’agronomo, già di per sé molto articolata, nell’era post pandemica svolge un importante ruolo nella progettazione sostenibile e nella pianificazione del territorio. È quanto emerso durante il seminario ''La figura multidisciplinare dell’agronomo alla luce delle nuove sfide professionali nell’era post pandemia'' organizzato dall’Ordine degli agronomi della Provincia di Catania.
«Siamo dottori agronomi e dottori forestali da più di 90 anni, a noi è affidata la sicurezza alimentare, l’ottimizzazione delle risorse naturali, la transizione ecologica e buona parte della tutela paesaggistica – ha detto la presidente del Conaf Sabrina Diamanti –. Nel nostro spirito pratico e nella nostra competenza burocratica c’è l’efficientamento di cui hanno bisogno oggi le aziende per rispondere alle necessità ambientali a cui siamo chiamati tutti, ciascuno in modo diverso».
Il livello di multifunzionalità delle aziende sta sicuramente crescendo, anche se in Sicilia forse non è rapportato alle reali possibilità che l’agricoltura della regione esprime. «Per migliorare il grado di multifunzionalità – hanno affermato Daniela Romano e Giuseppe Timpanaro dell’Università di Catania – è opportuno rafforzare i rapporti fra mondo della formazione e quello della professione di agronomo. Si tratta di un rapporto già piuttosto intenso ma che può ulteriormente crescere attraverso l’organizzazione di iniziative di formazione permanente sui temi della diversificazione delle attività produttive agricole».
Figura fondamentale per l'agricoltura di precisione
Nell’ambito di questo scenario la presenza dell’agronomo è cruciale in un’agricoltura sempre più personalizzata e di precisione. «L’obiettivo dell’agricoltura di precisione è gestire la variabilità spaziale, temporale e qualitativa che è presente in tutte le realtà produttive primarie, introducendo tecnologie in grado di raccogliere informazioni, analizzarle, prendere decisioni e attuarle efficacemente – ha spiegato Giuseppe Spina dello studio associato Agriengineering –. Tutto questo per mezzo di strumenti che si avvantaggiano dell’integrazione di molte discipline».
La precision farming nasce dalla necessità di gestire questa variabilità, adattando le tecniche colturali ad ogni porzione di appezzamento considerando le specifiche caratteristiche dello stesso (topografia, pedologia, coltura, presenza di fitopatie e infestanti, tecniche colturali). Si fonda su un sistema di posizionamento geografico basato su costellazioni di satelliti, su un sistema d’informazione geografica (Gis), su numerose applicazioni (sensori, controllo delle sezioni, sistemi di guida, sistemi di visione artificiale, sistemi per la valutazione della qualità dei prodotti, ecc.), su sistemi per la connettività e l’interoperabilità (internet, banda ultra larga, LowRaWAN®, protocolli di comunicazione, IoT, ecc.).
Si dimostra uno strumento flessibile per risolvere problemi definiti e circoscritti di qualsiasi regione del globo ed è adattabile a tutte le forme di agricoltura contribuendo, quindi, alla sostenibilità del sistema agricoltura. Prima di essere un insieme di tecnologie, l’AdP è uno stile di gestione e un modo di pensare per affrontare qualsiasi tipo di problema, perché valorizza le conoscenze e ottimizza la razionale gestione delle risorse.
Innovazione e tradizione spesso camminano a braccetto in agricoltura e, oggi, l’agroecologia offre una valida alternativa alla promozione di un cambiamento nel modo in cui produciamo e consumiamo cibo. La produzione alimentare odierna, infatti, non è più sostenibile poiché si basa principalmente su sistemi agricoli intensivi con effetti negativi su suolo, acqua, aria e biodiversità.
Agronomi e agroecologia
«L’agroecologia applica approcci ecologici e sociali ai sistemi agricoli – ha precisato Francesco Ancona agronomo specializzato in agricoltura biologica di Op Agrinova Bio 2000 – concentrandosi sulle interazioni esistenti tra piante, animali, esseri umani e ambiente».
In questo contesto, l’agronomo rappresenta un punto di incontro tra sapere tradizionale e scienza moderna. Infatti, contribuisce a implementare pratiche culturali fondate sui saperi locali assicurando il mantenimento degli ecosistemi, della produzione alimentare e dei loro abitanti, il rispetto e la ricostituzione dei suoli, dell'acqua, della biodiversità animale e vegetale, in un’ottica di sovranità tecnologica ed energetica. L’agronomo ridisegna una nuova filiera agro-alimentare con le produzioni biologiche, la valorizzazione della biodiversità, la filiera corta, la diminuzione e il riutilizzo degli scarti, la cogestione tra produttori e consumatori, le maggiori relazioni tra le generazioni e nuovi rapporti tra l'ambiente rurale e urbano.
Contribuisce a cambiare l’immaginario di un sistema produttivo oggi volto solo alla massimizzazione del profitto e della produzione a qualunque costo ed a sviluppare metodi partecipativi che rimettano in discussione le attuali modalità decisionali, gli attuali domini politici, economici, ideologici e patriarcali e favoriscono le forme di azione collettiva nei diversificati territori.
Si tratta di un mutamento reso ancora più evidente dalla crisi del coronavirus che ha cambiato la percezione del settore primario agricolo. Tutti riconoscono le sue potenzialità di fungere da “volano di ripresa” per l’economia nella fase post Covid, creando nuovi posti di lavoro e offrendo nuove possibilità di fare impresa, anche grazie ad una reale conversione verde e sostenibile.
Il ruolo degli agronomi per spingere l'innovazione
«Il ruolo dell’agronomo –ha fatto notare Eliana Pappalardo dello Studio Pappalardo e associati –, diventa centrale nel processo di innovazione. Gli agronomi entrano in contatto con le aziende agricole, fanno sopraluoghi, le conoscono dal punto di vista strutturale e della gestione amministrativa, si confrontano con l’imprenditore cercando di comprendere i punti di forza e quelli di debolezza. Da quest’analisi nasce un piano di sviluppo aziendale aderente alle reali esigenze dell’impresa in un’ottica di evoluzione innovativa».
L’innovazione può avvenire secondo due percorsi. L’azienda chiede all’agronomo che la mette in contatto con chi detiene l’innovazione o l’agronomo conosce chi detiene l’innovazione che vuole trasferire e la collega all’impresa. Il primo caso è quello ad esempio del gruppo operativo Superavocado con 9 partner (6 agricoli, 1 nell’ambito della commercializzazione, 1 ente di ricerca, 1 spin off) che adotta la misura 16 Cooperazione- sottomisura 16.2 Sostegno a progetti Pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie – PSR Sicilia 2014-2020.
In questo caso, l’innovazione di prodotto riguarda l’introduzione di protocollo di coltivazione con la valutazione di diversi portainnesti e cultivar per ottenere la massima resa e qualità del frutto e quella di processo riguarda l’introduzione di una tecnica di trasformazione per lo scarto del frutto di avocado per ottenere un nuovo prodotto “olio di avocado”. L’innovazione perciò crea coesione, unione, connessioni.
Nel secondo caso, ad esempio, l’Università di Catania viene contattata da un imprenditore che vuole attivare una linea di produzione di arancini interamente composti da materia prima ottenuta in Sicilia. L’Università contatta l’agronomo per avere un collegamento con un’azienda agricola che possiede le caratteristiche agronomiche e le risorse umane idonee. La scelta ricade su AgriBioConti.
Si contatta tramite l’Università di Catania un agronomo specializzato nella coltivazione del riso, il più importante a livello nazionale (Massimo Biloni). Si introducono in azienda 6 Ha di campi prova di diverse varietà di riso ottenendo rese comparabili a quelle del Nord Italia (80 - 100 q.li/ha). Dopo alcuni anni si ottiene un protocollo di coltivazione del riso con una tecnica in asciutto ed oggi l’azienda coltiva annualmente 100 ha di riso con un incremento importante del proprio fatturato.
Ciò significa che l’innovazione deve essere guidata dal basso dagli agronomi e dalle imprese. Orientata a nuovi modelli di sviluppo integrato e sostenibile e allo sviluppo di un trasferimento interattivo di conoscenze centrate sulle caratteristiche e sulle specificità del tessuto produttivo e culturale del territorio. In questo contesto, gli agronomi sono figure centrali con accanto imprese, agricoltori e ricercatori che diventano partner paritari rispetto agli altri operatori per arrivare ad un’innovazione co-prodotta, frutto di un dialogo efficace e costruttivo tra tutti i soggetti.