La gestione del rischio e le scelte in tema di assicurazioni in agricoltura fanno parte dell'agenda politica. E possono incidere direttamente sulla redditività delle imprese, sull'impatto delle azioni di governo e su quello delle misure comunitarie.
Se ne è avuta contezza all'XI Convegno nazionale sulla gestione del rischio organizzato da Cesar (Centro per lo sviluppo agricolo e rurale) e Asnacodi a Santa Maria degli Angeli (Pg), del quale Terra e Vita è stato media partner.
Il plauso ad Agea
Quasi un migliaio di tecnici (agronomi, periti agrari e geometri) e decision maker hanno tracciato il quadro del presente e del futuro del sistema delle assicurazioni in agricoltura, partendo da un primo importante segnale positivo, rimarcato a più riprese da Albano Agabiti, presidente di Asnacodi, l'Associazione nazionale dei Consorzi di Difesa: «L'anno scorso in questo stesso periodo eravamo in una situazione drammatica. Uscivano da una stagione catastrofica, molti consorzi erano in crisi di liquidità e Agea, l'ente preposto, non riusciva a pagare. In un anno il nostro mondo è cambiato e tutti i protagonisti di questo comparto vanno
ringraziati: prima di tutto Agea che in poco tempo è riuscita a regolarizzare tutte le posizioni fra il 2015 e il 2017, e ha già messo in pagamento gran parte delle pratiche 2018. Un fatto assolutamente da rimarcare. Poi tutto il sistema dei Consorzi di Difesa che ha tenuto duro in momenti difficili, è riuscito a reagire e ha gestito efficacemente il rapporto con gli agricoltori. E ancora, il mondo bancario: in un particolare momento l'esposizione complessiva aveva toccato i 600 milioni di euro. Una cifra di assoluto rilievo che è stata 'assorbita' dagli istituti di credito, che non hanno abbandonato la nave e hanno continuato a dare fiducia e a sostenere il sistema dei condifesa».
Tre punti per lo sviluppo
«Oggi - continua Agabiti - dobbiamo avere un approccio ottimistico, pensare a un piano di sviluppo delle assicurazioni in agricoltura che ritengo possa essere basato su tre punti chiave: utilizzo efficace dei nuovi strumenti avanzati, dai satelliti ai sistemi previsionali, dagli indici di vegetazione alle nuove tecnologie; comunica
zione e informazione puntuale, per parlare a chi non si assicura; innovazione di prodotto, che già c'è stata ma che può essere ancora più rispondente alle esigenze dell'imprenditore agricolo».
Poiché, al di là del migliorato clima di fondo, la percentuale di chi si assicura è ancora troppo bassa, in particolare nel Centro e nel Sud. Se Paola Grossi,
direttore di Asnacodi, sottolinea come nello scorso anno le imprese assicurate siano state poco più di 82mila con un incremento del 5% rispetto all'anno precedente, i dati Ismea presentati da Nicola Lasorsa fanno suonare più di un campanello d'allarme.
La sfiducia del Sud
«Al Sud - evidenzia Lasorsa - solo il 2% delle aziende agricole si assicura. Con una tendenza a dir poco preoccupante: negli ultimi 5 anni il valore assicurato è sceso del 49% e il numero di aziende che sottoscrivono polizze assicurative del 43%».
I motivi emergono da un sondaggio Ismea: costi troppo elevati, sfiducia nel sistema dei rimborsi, complicanza della gestione della sottoscrizione delle polizze. Ma, e forse è l'aspetto più grave, mancata conoscenza. «Tre aziende su quattro - rimarca ancora Lasorsa - non sanno dell'esistenza del contributo pubblico alla gestione del rischio, del supporto delle istituzioni al pagamento delle polizze».
Serve intervenire. Ma come. Herbert Dorfmann, europarlamentare getta un sasso nello stagno: «Solo ampliando la platea si possono ridurre i costi delle polizze. Ma se ogni volta che si subiscono danni interviene a coprire il Fondo di solidarietà nazionale a coprire, è evidente che si disincentiva la sottoscrizione delle assicurazioni agricole. Sull'intervento del Fondo si può esser più rigidi».
Crescita strutturale cercasi
O forse, per fare crescere il sistema assicurativo occorre pensare in maniera diversa. E il ragionamento di Giuseppe Blasi, capo dipartimento del Mipaaft, è di quelli che aprono il dibattito: «Probabilmente per una crescita strutturale del sistema occorre pensare una gestione del rischio 'obbligatoria', da inserire già in un piano strategico nazionale».
Soluzione non così semplice, ma di sicuro impatto. Di certo qualcosa bisognerà fare perché l'altro allarme questa volta lo lancio il mondo delle assicurazioni, con Pier Ugo Andreini di Ania: «Contrariamente a quanto si pensi le assicurazioni stanno perdendo un mucchio di soldi. Nel solo 2017
su 450 milioni di premi versati sono stati persi 343 milioni di euro. Una cifra enorme che, paradossalmente, sul piano tecnico ci può stare poiché il 2017 è stato nel settore un anno unico, eccezionalmente negativo. Ma ciò che più preoccupa non è il dato singolo, ma quello d'insieme: in 10 anni le assicurazioni hanno perso circa 134 milioni di euro. Una tendenza non sostenibile, che difficilmente migliorerà considerati gli impatti del climate change».