Che lo vediamo come oggetto di investimento oppure strumento speculativo la questione non cambia: il Bitcoin (come tutte le criptovalute) risulta pericolose per l’ambiente. Sembra impossibile poter dire questo per una moneta digitale, eppure è vero.
Esiste per altro uno studio dell’Università di Cambridge che ha rilevato la necessità di un’elevatissima quantità di elettricità per “estrarre” i Bitcoin. (Clicca qui per vedere i dati in tempo reale i consumi di energia in tempo reale per produrre Bitcoin).
Per il “mining” (l’estrazione, parliamo in questo caso di un’estrazione digitale) di Bitcoin devono essere risolti complessi problemi matematici. Solo in questo modo è possibile creare nuovi Bitcoin e aggiornare la blockchain in modo da garantire l’autenticità delle transazioni.
I “minatori” (è curioso, ma efficace, chiamare così chi utilizza strumenti informatici) che producono Bitcoin sono ricompensati dalla loro stessa produzione.
Algoritmo sempre più complesso
Non vogliamo entrare nel merito del processo matematico necessario alla produzione (non è nostra competenza farlo non essendo informatici) ma ricordiamo che più Bitcoin vengono estratti più l’algoritmo che serve per produrli diviene complicato. Servono così computer sempre più potenti ma soprattutto una quantità di energia elettrica sempre maggiore.
Per cercare di inquqdrare meglio l’impatto del “mining” il Bitcon è stato paragonato a una nazione. In una classifica del consumo energetico il Bitcoin si collocherebbe al 29° posto, superando Svizzera e Argentina, subito dopo la Norvegia.
Questo consumo naturalmente è una fonte di una certa preoccupazione. Chiaramente più sale il prezzo del Bitcoin, maggiore sarà l’attrattiva per i “minatori” a cercare di estrarne una maggior quantità. È partita così la corsa all’acquisizione di sistemi di elaborazione dati sempre più potenti, accesi incessantemente giorno e notte, destinati a consumare sempre più elettricità.
Un impatto ambientale importante
Dunque, più Bitcoin vengono prodotti, più l’impatto sull’ambiente si fa importante. In questo momento (ma non esistono dati e statistiche ufficiali se si esclude il citato studio dell’Università di Cambridge) sembra che i due terzi dei Bitcoin vengano prodotti in Cina. E come si sa in questo paese una delle principali fonti energetiche pe produrre elettricità è il carbone. Oltre a trattarsi di una fonte non rinnovabile, è sicuramente una delle fonti più “sporche” oggi disponibili.
Ecco che il Bitcoin ha attratto l’attenzione degli ambientalisti, che lo vedono come “un gigantesco spreco di risorse e un problema crescente” per l’impatto sull’ambiente e sul clima.
In questo momento le politiche mondiali sono sempre più sotto osservazione da parte dell’opinione pubblica e, specie le grandi nazioni, puntano sempre più al rispetto della sostenibilità ambientale. La stessa Cina fa dichiarazioni di intenzione sempre più orientate alla soluzione del problema climatico. In prospettiva, così, il Bitcoin, potrebbe avere pochi alleati disposti a sostenerlo in sede politica.
Blockchain, fliere agricole e criptovalute
L’uso più rilevante della tecnologia blockchain è quello di fornire un database ai bitcoin e alle altre criptovalute. Ma di utilizzi possibili in realtà ce ne sono diversi. Uno abbastanza importante, per esempio, riguarda la tracciatura degli alimenti. La sicurezza diffusa della blockchain fa sì che nessuno all’interno di una filiera alimentare possa alterare i dati di produzione e questo garantisce il consumatore, oltre che il resto della filiera. La moneta digitale può essere quindi un ingrediente determinante per un futuro sviluppo della blockchain in agricoltura.
Ma lo “spreco” (a seconda di punti di vista può essere chiamato “elevato consumo”) di energia rischia di determinare il collasso del Bitcoin?
Ci vorrebbe la sfera di cristallo per dirlo, anche perché al momento non disponiamo di dati sufficienti per determinare l’effettivo costo implicito del Bitcoin.
Potrebbero fare la differenza la disponibilità di computer a elevatissima capacità di calcolo e ridotto consumo e la possibilità di impiegare elevati quantitativi di energia pulita (rinnovabile) a costi più bassi.
Per saperne di più:
Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index
Quotazione Bitcoin in tempo reale
Curiosità:
A Imperia pizza al taglio accetta pagamenti in bitcoin
12:45
(ANSA) - IMPERIA, 25 MAR 2021 - Comprare pizza, focacce o torta verde, pagando con bitcoin, da qualche giorno, a Imperia, è possibile. Una pizzeria al taglio del centro storico di Oneglia, in vico San Costanzo, è infatti il primo negozio della provincia e tra i primi in Liguria ad accettare criptovalute.
«Abbiamo in iniziato questa settimana - commenta Rudy Gerbore, che gestisce l'attività assieme alla moglie Chiara Bietola -. Tra l'altro incassiamo subito in euro, tramite un servizio che trasforma la criptovaluta al cambio corrente».
Ma come avviene il pagamento? «Chi vuole pagare in criptovalute ha sempre un wallet sul telefono, tramite il quale inquadra un qr-code che noi produciamo e invia il pagamento».
Al momento nessuno ha ancora utilizzato il servizio. «E' ancora da pochi giorni che è attivo i servizio - conclude Rudy - ma abbiamo notato che molti sono informati sull'utilizzo delle criptovalute. Al momento trattiamo solo bitcoin, ma a breve ne inseriremo anche altre».