Gli imprenditori che hanno puntato sull’agricoltura biologica troppo spesso si trovano di fronte a notevoli difficoltà nell’espletare le loro scelte tecnico-imprenditoriali. Un’immediata modalità di controllo è l’etichetta del fertilizzante che deve essere corredata dalla dicitura “Consentito in agricoltura biologica” ai sensi dell’allegato 8 del dlgs 75/2010.
La stessa norma prevede l’iscrizione online al registro dei fertilizzanti biologici gestito dal Sian. Non di rado è capitato che l’agricoltore non abbia trovato il prodotto sul portale del Sian e le ragioni possono essere diverse, ma purtroppo non tutte risolvibili. Sussistano poi alcune difficoltà burocratiche che rendono impossibile l’iscrizione online.
La lista di riferimento dei fertilizzanti consentiti in biologico è costituita dall’allegato I del reg. Ce 889/2008 che, in Italia, è stato trasposto nell’allegato 13 del citato Dlgs 75/2010; nel fare questa tavola di concordanza, però, qualche burocrate ha cancellato alcuni fertilizzanti, potenzialmente biologici ma ritenuti non idonei a causa di scelte soggettive.
Ad esempio, l’idrolizzato proteico di erba medica è stato prima escluso e poi riammesso in allegato 13 ma non è mai stato cancellato dai registri online. Di contro, alcuni concimi Ce a base di microelementi (come il complesso di rame) sono previsti nell’allegato 13 ma non è possibile iscriverli online perché gli operatori hanno interpretato la norma a modo loro.
Una delle ultime modifiche dell’allegato 13 (decreto Mipaaf 17/01/2017) ha introdotto il divieto di impiego nel biologico dei microelementi costituiti da sali a base di azoto o fosforo (in un riquadro a parte viene illustrato l’assurdo agronomico di tale divieto). La cosa più preoccupante è che il legislatore ha richiamato proprio i principi generali e tecnici della regolamentazione europea agendo, invece, in maniera soggettiva e in totale autonomia.
In tale babele di intrecci, di interpretazioni, di autocertificazioni, di comparsa-scomparsa dai registri, gli agricoltori fanno di sicuro fatica a orientarsi, le possibilità di sbagliare aumentano e, con esse, il rischio di farsi revocare la certificazione biologica.
[L’articolo nella versione estesa sarà pubblicato su Terra e Vita n. 14-2017]