«La pandemia ha accelerato certi processi anche nel settore agricolo: c’è stata una velocizzazione delle aggregazioni, sta passando finalmente il concetto di filiera. Il periodo difficile ha convinto gli agricoltori a fare squadra e questo aiuta molto il rapporto con le banche». Parola del responsabile dell’unità dei crediti agrari del Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea Marco Mancinelli. Laureato in Economia e finanza, 37 anni, si occupa di credito agrario dal 2009.
La ripartenza passa anche dal credito. Il Gruppo Iccrea cosa può offrire alle aziende agricole?
«Il Gruppo Iccrea nasce su emanazione delle BCC del territorio che in origine erano le Casse rurali e artigiane, quindi il settore agricolo è sempre stato strategico per noi. E a confermarlo sono i numeri: oltre il 20% di tutti i crediti erogati dal gruppo sono al settore primario, comprese le industrie di trasformazione. Nel complesso del sistema bancario italiano, la quota di credito agrario del Gruppo Iccrea rappresenta circa il 10%. Tra l’altro dal 2019 a oggi abbiamo avuto una crescita del 5% dei prestiti erogati all’agricoltura, mentre la media degli altri istituti bancari è del 4%».
Può darci qualche numero sul credito agrario del Gruppo Iccrea?
«Al 30 giugno avevamo 6,7 miliardi di impieghi per il settore agricolo e agroalimentare: il 70% sono prestiti all’agricoltura di base, il 30% all’agroindustria».
Quali sono le forme di prestito più utilizzate?
«Predomina il medio e lungo termine. Circa i due terzi dei nostri impieghi vanno dai 36-48 mesi e oltre, fino a vent’anni. Il resto sono impegni a breve termine come la cambiale agraria a 12-18 mesi, i classici prestiti di conduzione. L’attenzione del gruppo è soprattutto per i prestiti a medio e lungo termine e su questi cerchiamo anche di ottenere delle provviste speciali. Ad esempio nel 2019 Iccrea ha sottoscritto un plafond di 250 milioni di euro con Cassa Depositi e Prestiti».
Nei mesi del lockdown le sofferenze sono aumentate?
«Ancora una volta il settore primario si è dimostrato anticiclico e resiliente, le sofferenze sono circa il 3%, rispetto al 4-4,5% di altri settori come l’industria».
Quali tra gli interventi legislativi introdotti nell’ultimo anno e mezzo sono più efficaci per facilitare l’accesso al credito delle aziende agricole?
«Di certo le garanzie Ismea sono importanti e dall’anno scorso con la pandemia anche Medio Credito Centrale assiste le aziende agricole, poi si è associata Sace, che si rivolge soprattutto all’agroindustria».
Alcune facilitazioni sono però destinate a sparire. Cosa succederà dopo?
«Adesso c’è una grande abbondanza di garanzie pubbliche, ma bisogna usare quella giusta per ogni tipo di azienda ed esigenza. Noi, in previsione della graduale riduzione di questi incentivi, stiamo puntando su strumenti nuovi che si basano sulle garanzie derivanti dal magazzino, come il pegno rotativo».
Oggi la valutazione
del merito creditizio
non si basa più tanto o
solo sulle garanzie, bensì
sui progetti che l’azienda
intende finanziare
con i soldi che chiede
Può tracciare l’identikit dell’impresa tipica vostro cliente?
«Abbiamo 2.600 filiali sparse in tutta Italia, quindi è difficile tratteggiare un profilo unico. Al Nord abbiamo più aziende vitivinicole e zootecniche, man mano che si scende verso Sud predominano le cerealicole e le frutticole. L’azienda tipica comunque è una società semplice costituita da due o tre soci che nel 99% dei casi sono il capofamiglia e i figli, o la ditta individuale. Sono piccole o micro imprese. E poi ci sono molte cooperative, questo anche per il nostro Dna. Alcune hanno dimensioni ridotte, ma ci sono anche quelle che fatturano centinaia di milioni di euro».
Quindi finanziate anche molti progetti di filiera?
«Certo, sono il nostro fiore all’occhiello. Da tempo li seguiamo e li finanziamo insieme a Cassa Depositi e Prestiti e Mipaaf. Ci sono già tre miliardi di progetti presentati al ministero. In questo comparto il Gruppo Iccrea è leader di mercato perché copriamo oltre il 50% dei progetti finanziati con oltre 1,5 miliardi di interventi e oltre 800 aziende in 16 regioni italiane. In tutte le filiere: ortofrutta, cereali, vinicolo».
Qualche esempio?
«Mi viene in mente Orogel, che prima di essere un marchio molto noto dei surgelati è una cooperativa agricola. Ha presentato un progetto per la costruzione di un magazzino e di una centrale di refrigerazione a Policoro, in Basilicata, che permetterà di evitare il trasporto dei prodotti ortofrutticoli coltivati al Sud nello stabilimento di Cesena per essere lavorati, con un’evidente risparmio di costi e riduzione delle emissioni inquinanti. Lo stabilimento di refrigerazione utilizzerà anche energie rinnovabili per il fabbisogno energetico. Poi abbiamo deciso di sostenere il Pastificio De Matteis, proprietario del marchio Grano Armando, che ha messo in filiera oltre 40 aziende agricole dislocate tra Puglia, Basilicata e Abruzzo che si sono impegnate ad applicare pratiche colturali particolari per produrre un grano duro con determinate caratteristiche e sviluppare quindi il brand con un potenziale commerciale elevato. Abbiamo finanziato l’acquisto di macchine agricole e strumenti di agricoltura di precisione e l’ammodernamento del pastificio De Matteis. Un atro progetto, questa volta in ambito zootecnico, è quello con un’importante azienda del settore avicolo: abbiamo sostenuto la valorizzazione del loro brand finanziando aziende di allevamento e macellazione».
Il Gruppo Iccrea in cifre
2.600 filiali in Italia
128 le Banche di Credito Cooperativo
1.700 i Comuni dove è presente
6,7 mld di € gli impieghi nel primario
1,5 mld di € destinati alle filiere
Tra i vostri clienti qual è la percentuale di giovani agricoltori?
«Non ci sono molte richieste di credito da parte di under 41. In realtà il ricambio generazionale non è così dinamico. Vediamo più fondi d’investimento che acquisiscono aziende agricole per mancanza di giovani - figli o nipoti - della famiglia proprietaria che vogliono rilevarle. Ancora minori le richieste per le start up totali, cioè imprenditori che decidono di avviare un’azienda agricola dal nulla. Anche perché in questo caso i rischi d’insuccesso sono maggiori. Ma per questa tipologia di imprese l’interlocutore più adatto è Ismea che offre una serie di garanzie per imprese giovani».
Cosa non deve fare un’azienda agricola che vuole ottenere un prestito?
«Di sicuro evitare di superare il punto di non ritorno a livello di indebitamento e avere le idee chiare su come impiegare il prestito. Per questo noi ci impegniamo molto a fornire un supporto consulenziale».
C’è una tendenza degli agricoltori a sottostimare gli impegni con le banche?
«A volte sì. Perciò cerchiamo di guidarli per capire cosa intendono fare con il finanziamento e gli diamo indicazioni precise. Il nostro lavoro è proprio vestire il finanziamento su misura delle aziende. Se si entra in banca con un piano ben strutturato i tempi di risposta si accorciano molto. Per ottenere quello che vuole, l’azienda agricola deve rappresentare bene quello che ha intenzione di fare. Spesso ci capitano richieste che vengono formulate in un modo, noi le ribaltiamo completamente con esiti positivi e gli imprenditori ci ringraziano».
In pratica fate da da tutor.
«Il nostro ruolo in questo settore non è di stare dietro una scrivania e davanti a un pc per valutare il merito creditizio, ma andare nelle aziende agricole o nei consorzi di tutela per capire bene le esigenze, confrontarci con gli operatori di mercato e fornire un supporto consulenziale. Crediamo che questo sia il vero know how che possiamo offrire agli imprenditori agricoli. Altrimenti c’è il solito mercato dei tassi per i prestiti. E abbiamo notato che le aziende agricole sono disposte a pagare qualcosa di più per questo servizio».
Qual è la cosa più importante per valutare la bancabilità di un’azienda?
«Oggi la valutazione del merito creditizio non si basa più tanto o solo sulle garanzie, bensì sulla prospettiva di quello che farà l’azienda negli anni a venire. Molte imprese agricole non sanno di avere risorse non valorizzate, penso ad esempio alla produzione di energie rinnovabili. Nel Pnrr ci sono 5 miliardi per l’economia circolare. Ecco, noi cerchiamo di indirizzare gli investimenti verso progetti nei quali crediamo. A quel punto ottenere credito e a condizioni vantaggiose non è un problema».
Come vede il settore del credito agrario nei prossimi anni?
«La liquidità c’è e sarà abbondante anche nei prossimi anni quindi siamo molto fiduciosi. Di certo le aziende agricole stanno facendo grandi passi avanti nell’aggregazione, nella digitalizzazione e nell’organizzazione interna. Sono più strutturate rispetto anche solo a dieci anni fa. Non vediamo più agricoltori che arrivano in banca con quattro fogli scritti a mano per chiedere un prestito. Sono aziende che in molti casi hanno più conoscenze di noi soprattutto a livello di normative. Il ricambio generazionale è in atto e questo di sicuro aiuta anche le banche, perché l’azienda agricola del domani non sarà difficile da leggere e da supportare».