Irresponsabili. Non esiste altro aggettivo per definire chi sta provocando la crisi politica a cui stiamo assistendo. Qui è tutto sbagliato: il momento, le motivazioni e, soprattutto, a mio modo di vedere, i risultati che chi l'ha provocata spera di ottenere. E se questo è un enorme problema per il sistema economico del nostro Paese, diventa assolutamente drammatico per l’agricoltura, la zootecnia e per l’agroindustria.
Il nostro settore, oggi, sta attraversando il periodo più complicato e critico dall’ultimo conflitto mondiale. Due anni di covid, seguiti dagli sconvolgimenti del mercato agricolo, generati dal conflitto russo-ucraino, a cui, come se non bastasse, si è aggiunta la peggiore siccità degli ultimi cento anni, ci stanno letteralmente mettendo in ginocchio.
Gli agricoltori moltiplicano gli sforzi
Ma finora, noi agricoltori non ci siamo arresi, abbiamo reagito nell’unico modo che conosciamo: quello di moltiplicare gli sforzi, nonostante tutto. Tradotto in azioni concrete vuol dire lavorare giorno e notte per sfruttare quel poco d’acqua che c’è ancora per irrigare le colture, dare fondo ai risparmi per affrontare costi di produzione moltiplicati improvvisamente per due, tre, quattro volte, senza la minima certezza di avere a fine ciclo un prezzo dei prodotti adeguato (vediamo già cosa sta combinando la speculazione sui prezzi dei cereali) e infine non smettere di combattere con una burocrazia spesso acefala e asfissiante capace solo di complicare ciò che è semplice e lineare.
Questo lo abbiamo fatto e lo facciamo, oltre che per la nostra sacrosanta sopravvivenza, anche per un forte senso di responsabilità nei confronti del nostro Paese, che come tutto il pianeta sta attraversando una crisi alimentare senza precedenti.
La crisi ucraina ha fatto saltare gran parte delle convinzioni sulla bontà assoluta del sistema dei mercati globali, che sembrava divenuto assolutamente ineluttabile. Esponendone chiaramente tutti i gravissimi rischi a cui vanno incontro Paesi che non pensano alla propria autosufficienza alimentare ed energetica come elemento strategico imprescindibile.
E noi agricoltori in questa difficile contingenza abbiamo fatto e continuiamo a fare la nostra importantissima parte, per garantire cibo di qualità e in quantità sufficiente per tutti.
È evidente che in questo ultimo anno (di guerra) molto è cambiato. È diventato chiaro, anche ai più distratti, quanto l’agricoltura produttiva (cioè quella estensiva e industriale) sia necessaria per mantenere invariata, per tutta la nostra società, la qualità della vita e in fondo la nostra libertà.
In queste situazioni straordinarie, dove tutto cambia cosi velocemente, bisogna mettere mano alle regole con la stessa prontezza, (possibilmente avendo una visione che vada oltre lo spazio che c’è tra due tweet), in quanto le norme che ci governano sono state scritte per un mondo improvvisamente scomparso e che a volte possono risultare anche controproducenti al nuovo corso della storia.
E qui entra in gioco la politica, che dovrebbe avere il compito di governare il cambiamento con buonsenso e lungimiranza, in modo da garantire alla società tutto quello che serve per progredire ordinatamente e soprattutto in sicurezza.
La sensazione è che in questi 17 mesi il governo Draghi abbia lavorato sui tanti dossier importantissimi, relativi all’agricoltura: dalla nuova Pac, al Pnrr, in modo da presidiare i problemi, nei luoghi dove le decisioni vengono prese, cercando, a volte meglio e a volte peggio, di portare beneficio al settore e di conseguenza al Paese intero.
Non interrompere un lavoro importante
Il fatto è che se veramente dovesse configurarsi una crisi, questo delicatissimo lavoro si interromperebbe in un momento dove decisioni fondamentali, verrebbero prese da altri spinti da interessi, obbiettivi e ideali collidenti con i nostri e questo potrebbe essere fatale per il nostro settore.
Per questo motivo mi sento di fare un fortissimo appello da un lato al centrodestra, affinché resista alla facile strada di sfruttare una crisi provocata da altri per i propri scopi elettorali, dall’altro al ministro Patuanelli, affinché non ceda alle pressioni che vengono dalla sua parte politica, che lo vorrebbe dimissionario, nel tentativo irresponsabile di far cadere questo governo, condannandoci a mesi di campagna elettorale e di non governo. Auspicando invece che tutti trovino la forza di rimanere al loro posto continuando a lavorare come facciamo tutti noi agricoltori per il bene superiore.
Perché il lavoro non è ancora finito e interromperlo in questo momento cosi delicato sarebbe un disastro.
di Giuseppe Elias
imprenditore agricolo e membro del Comitato tecnico-scientifico di Edagricole