Dazi sul grano russo e bielorusso: per gli agricoltori è un vantaggio?

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La decisione dell'Europa rallenterebbe gli ingressi diretti nei 27 Paesi dell'Unione ma non potrebbe fermare le triangolazioni commerciali

La proposta della Commissione europea di introdurre un dazio di 95 €/t o in alternativa del 50% ad valorem su cereali, semi oleosi e loro derivati da Russia e Bielorussia, sarebbe qualcosa di risolutivo nel limitare gli arrivi in Europa da quelle origini, ma lascerebbe libera la triangolazione commerciale (o transito allo stato estero) verso i Paesi non comunitari. Alla luce dell’annata e guardando alle recenti statistiche, l’impatto commerciale maggiore si dovrebbe avere per i semi oleosi e gli oli vegetali in arrivo da Mosca, con minore effetto per i cereali. Se confermata, la decisione di Bruxelles imporrebbe alla Russia e alla Bielorussia di trovare in fretta destinazioni alternative, probabilmente imponendo loro di applicare drastici sconti ai prezzi di vendita al fine di non stravolgere i loro programmi di esportazione 2023/24.

Questa azione di “sanzione indiretta” e di contemporanea difesa del mercato granario europeo potrebbe limitare da subito un altro aspetto non di poco conto come la rivendita da parte della Russia di cereali di produzione e origine Ucraina. Volumi collocati a basso prezzo in Europa e che da mesi causano e che continuano a provocare quelle turbative di mercato oggetto di analisi da parte della Commissione e di molti paesi dell’Est Ue.

Ma la decisione riuscirà a passere le verifiche della Corte di Giustizia europea prima della tornata elettorale? Se sì, avremo rapidi riflessi supportivi per le oleaginose e i suoi derivati, ma anche per il mais e per il grano “generico” (per intenderci classe Ager 3 o inferiore). Minore la rilevanza per i grani di forza a causa sia delle coperture in essere dei molini comunitari che, e soprattutto, della scarsa qualità dei raccolti russo-kazaki 2023 che, già da mesi e almeno fino a settembre 2024 ha indirizzato su altre origini l’interesse e l’attività degli operatori comunitari e non solo.

Nel 2023 14% dell'import di grano dalla Russia

Le importazioni dalla Russia in Italia hanno riguardato, relativamente ai frumenti, per la quasi totalità il grano duro. Il ruolo di Mosca, in passato, è stato tuttavia sempre marginale, mentre nel 2023, con arrivi per 445mila tonnellate, la Russia è arrivata a coprire il 14% dell'import complessivo nazionale, contro il 2% del 2022 (quando erano appena 40mila le tonnellate di grano duro importate dalla Federazione). La stima è di Ismea dopo la proposta della Commissione europea di introdurre dazi maggiorati sulle importazioni di cereali, semi oleosi e prodotti agricoli derivati provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia.

I grani russi, spiega Ismea, "hanno potuto beneficiare di un vantaggio competitivo rispetto ad altre provenienze (in particolare rispetto ai frumenti canadesi, statunitensi e francesi), grazie anche alla svalutazione del rublo. Va evidenziata inoltre la coincidenza temporale tra l'epoca della raccolta in Italia e l'avvio repentino delle richieste dalla Russia (e in parallelo anche dalla Turchia), in un contesto di scarsa disponibilità soprattutto di grani di origine canadese. Un aspetto quest'ultimo di grande impatto, dato il ruolo di primo esportatore del Canada, a livello internazionale".

Dazi sul grano russo e bielorusso: per gli agricoltori è un vantaggio? - Ultima modifica: 2024-03-22T17:03:01+01:00 da Simone Martarello

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