È positivo il bilancio 2016 della lotta alle attività illegali delle ecomafie come risulta dall’ultimo rapporto pubblicato da Legambiente a giugno 2017 e riferito al 2016, anche se i numeri presentati stanno sempre a indicare la presenza in valore assoluto di un’enorme quantità di illeciti, tanto che l’attenzione e la lotta devono rimanere al massimo livello
I reati ambientali accertati delle forze dell’ordine e dalla Capitaneria di porto, infatti, sono passati da 27.745 nel 2015 a 25.889, con una flessione del 7%. Cresce, invece, il numero di arresti, 225 contro i 188 del 2015, di denunce, 28.818 a fronte delle 24.623 della precedente annata e di sequestri, 7.277 mentre nel 2015 erano stati 7.055. Questi ultimi dati stanno a testimoniare una sempre maggiore efficacia dell’azione investigativa e repressiva.
Secondo il rapporto il calo in valore assoluto dei reati ambientali è da attribuire alla piena entrata in funzione della legge 68/2015 sugli ecoreati che ha, fra le altre misure, aumentato le pene quando l'inquinamento o il disastro ambientale è prodotto in danno di specie animali o vegetali protette.
Gli illeciti ambientali vedono in vetta la Campania con 3.728 illeciti, davanti a Sicilia con 3.084, Puglia con 2.339 e Calabria con 2.303. Su scala provinciale, quella di Napoli è stabilmente la più colpita con 1.361 infrazioni, seguita da Salerno con 963, Roma con 820, Cosenza con 816 e Palermo con 811. Sono però in flessione i dati sul business (- 32%): crollano gli investimenti a rischio nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa e diminuiscono anche i fatturati delle attività illegali.
Colpiti i prodotti alimentari
Da sempre l’agroalimentare attira l’attenzione della criminalità, manifestandosi apertamente nelle singole filiere, dal controllo delle terre e del lavoro dove proliferano ancora forme di sfruttamento, come il caporalato e il lavoro nero, seguendo il trasporto soprattutto su gomma e via mare, l’inscatolamento, l’etichettatura, la collocazione nei mercati ortofrutticoli, fino alla grande distribuzione organizzata. Nel 2016, sono stati più di 33mila gli illeciti amministrativi contestati e più di 7mila gli illeciti penali, portando alla denuncia di oltre 18mila soggetti. Sono state più di mille le strutture chiuse o sequestrate, bloccando la messa in vendita di merce, per un valore complessivo di oltre 703 milioni di euro, in netta crescita rispetto al 2015 quando si era attestato a circa 586 milioni. Come già lo scorso anno, dettagliando tra le singole voci del settore agroalimentare, il numero più alto di infrazioni penali riguarda i prodotti ittici come pesce in genere, crostacei, novellame, molluschi, datteri fresco, refrigerato e congelato, con 10.735 illeciti amministrativi e penali accertati, 809 persone denunciate e 768 sequestri effettuati. Anche i vini e gli alcolici hanno impegnato particolarmente le autorità di controllo, portando a 3.411 illeciti, 2.816 denunce e 321 sequestri.
Illeciti anche in campo animale
Il rapporto dedica un capitolo agli illeciti in campo animale dove per zoomafia si intende il settore criminale che trae profitto dal controllo di attività illegali che hanno al centro gli animali. È un fenomeno che si estende dal Nord al Sud del nostro Paese e che vede la collaborazione della criminalità organizzata italiana con quella straniera. Il fatturato delle cosche specializzate in questo settore è stimato in 3 miliardi di euro. Un giro di denaro enorme che riguarda i traffici di cani e gatti con finti pedigree o di animali esotici, il bracconaggio e il contrabbando di fauna selvatica, le scommesse illegali sulle corse clandestine dei cavalli e i combattimenti fra cani. Ma nel novero delle attività vanno inseriti anche il racket del pesce, la macellazione clandestina, i furti di bestiame e le sofisticazioni alimentari.
Qui i dati del fenomeno mafioso in Italia per il solo settore alimentare:
Tab. 1: Il business del settore alimentare in Italia
Tab. 2: Illegalità nei principali settori alimentari in Italia