Aumenti a doppia cifra della Plv per barbabietola da zucchero, pomodoro da industria e cereali. Bene anche la produzione di latte vaccino. Ha tenuto, nel complesso, il settore frutticolo, anche se alcune produzioni sono state falcidiate dalle avversità climatiche. Senza grosse variazioni anche il comparto vitivinicolo, che ha resistito al netto calo dei consumi causa pandemia. Male invece il settore delle carni, a partire dai suini. In calo la produzione dell'industria alimentare, stabile il credito agrario. Questa la fotografia del comparto scattata dal Rapporto 2020 sul sistema agroalimentare dell'Emilia-Romagna, frutto della collaborazione tra Regione e Unioncamere regionale.
Nell'anno che ha visto l'esplosione in tutto il mondo della pandemia da coronavirus, il comparto agricolo si è mosso in controtendenza rispetto al resto dell'economia e, stima l'assessorato regionale, ha raggiunto un valore della produzione di campi e allevamenti di oltre 4,5 milioni di euro, con un balzo in avanti dell'8% rispetto all'annata precedente. Una performance da attribuire al risultato complessivo sia delle produzioni vegetali (+7,6%), sia degli allevamenti (+8,5%) e che ha consentito di recuperare gran parte delle perdite dell'anno precedente, che si era chiuso con una flessione sopra il 10%.
Diversamente da quanto accaduto in altri settori, è cresciuta in maniera consistente l'occupazione nei campi, con 82.000 addetti (+13% sul 2019), una crescita che ha interessato in modo pressoché uguale sia il lavoro dipendente, sia quello autonomo.
Barbabietola: che balzo
Analizzando l’andamento dei principali comparti agricoli regionali nel 2020, da sottolineare il buon risultato dei cereali (+11% la Plv), per il contemporaneo aumento sia delle rese, sia delle quotazioni di mercato. Positiva anche la campagna del pomodoro da industria (+16%) e in forte crescita la barbabietola da zucchero (+25%).
In sostanziale equilibrio il bilancio complessivo della frutta (+0,4%), che ha dovuto fare i conti con i gravissimi danni causati dalle gelate primaverili ad albicocche, susine, pesche e nettarine (da -60% -90% la produzione), ma che, per converso, ha registrato una decisa ripresa della produzione di pere (+60% le rese medie) dopo il tracollo produttivo del 2019 per l’azione combinata di alternaria e cimice asiatica.
Bene la vendemmia sotto il profilo quantitativo: 6,6 milioni gli ettolitri di vino prodotti (+15%), ma il contestuale calo delle quotazioni di mercato dei vini ha determinato un bilancio economico in sostanziale pareggio (-1%).
Passando agli allevamenti, da sottolineare il buon andamento del latte vaccino (+20,4%) e delle uova (+9,4%), a fronte di cali anche consistenti per le altre produzioni zootecniche: carni bovine (-5%) e ancora più negativo il bilancio degli avicunicoli (-11%) e delle carni suine (-14%).
Nonostante le criticità indotte dalla pandemia, molto positivo l’andamento della produzione e delle vendite del Parmigiano Reggiano, a cui è destinata la gran parte della produzione regionale di latte vaccino, uno tra i prodotti maggiormente premiati dai consumatori durante il lungo lockdown.
Export: i principali prodotti e i mercati di destinazione
Va sottolineato che il valore dei prodotti made in Emilia-Romagna commercializzati sui mercati esteri nel 2020 ha rappresentato il 16% dell’intero export agroalimentare nazionale. I principali mercati esteri di destinazione dei prodotti tipici regionali sono in ordine di importanza Germania, con una quota del 17,2% sul totale, seguita da Francia (13,8%), Regno Unito (8,1%), Usa (8%) e Spagna (4,1%).
Tra le specialità emiliano-romagnole più vendute all’estero spiccano le carni lavorate e i salumi, per un controvalore che l’anno scorso ha superato quota 1,2 miliardi di euro, i prodotti lattiero-caseari (circa 870 milioni di euro), i prodotti da forno (oltre 740 milioni di euro) e la frutta e gli ortaggi trasformati, tra i quali i derivati del pomodoro (poco meno di 700 milioni di euro).
La provincia dell’Emilia-Romagna al primo posto per vocazione all’export agroalimentare resta Parma, per un controvalore che nel 2020 ha sfiorato i 2 miliardi di euro: precede Modena (1,27 miliardi), Ravenna (726 milioni), Reggio Emilia (640 milioni), Bologna (614 milioni), Forlì-Cesena (603), Piacenza (423), Ferrara (395) e, all’ultimo posto, Rimini (circa 230 milioni).
Arretra l’industria alimentare
In controtendenza rispetto all’agricoltura, l’industria alimentare e delle bevande dell’Emilia-Romagna ha subito i contraccolpi negativi dell’epidemia e ha registrato una flessione del 3,9% della produzione, anche a causa della contrazione del mercato Horeca. Comunque, un calo di gran lunga più contenuto rispetto all’insieme dell’economia regionale, che ha chiuso il 2020 con un -12,2%.
I prestiti si allungano
Ha sfiorato quota 5,4 miliardi di euro, in lieve diminuzione rispetto al 2019 (-0,8%), confermando l’importanza del suo ruolo a sostegno degli investimenti delle aziende agricole. In linea con la tendenza degli ultimi anni, è proseguita la contrazione della componente a breve termine (-7%), compensata dalla crescita del credito a lunga scadenza, cioè sopra i 5 anni, la cui consistenza ha raggiunto quasi 3,4 miliardi di euro (+1,6%).